Il segretario del Prc ci spiega il quotidiano che vorrebbe
Ferrero non vuole la testa di Sansonetti ma un testacoda in Liberazione
Per volare, si vola pure alto. Se il segretario del partito mette mano ad Aristotele (“Le democrazie sono spesso corrotte dall'insolenza dei loro demagoghi”), il direttore del giornale di partito ricorre a Schopenhauer, che delicatamente occhieggia vicino alla testata (“Gli amici si dicono sinceri, ma in realtà sinceri sono solo i nemici”).
Roma. Per volare, si vola pure alto. Se il segretario del partito mette mano ad Aristotele (“Le democrazie sono spesso corrotte dall'insolenza dei loro demagoghi”), il direttore del giornale di partito ricorre a Schopenhauer, che delicatamente occhieggia vicino alla testata (“Gli amici si dicono sinceri, ma in realtà sinceri sono solo i nemici”). Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione comunista sospira: “Sansonetti si dimette? Non mi risulta. Per ora la discussione nel partito è su due questioni specifiche, non sulle dimissioni”. Ci arriviamo subito, alle due questioni. Ma certo non c'è giorno in cui il successore di Giordano non abbia un colpo (politico) al cuore sfogliando il quotidiano del partito. “Rimango incredulo di fronte a certi fatti. Viene Lafontaine in Italia e che succede? Che lo intervista il Manifesto, mentre Liberazione fa un pezzo qualsiasi a pagina X. E il giorno prima, l'articolo sull'assemblea della sinistra parlava di ‘sbornia identitaria'. Così viene descritta Rifondazione: tutti i giorni un dito nell'occhio di chi dovrebbe venderla… Alle feste di Liberazione, c'è sempre qualcuno che attacca il giornale, e di solito di becca l'applauso più scrosciante”.
Dice dunque Ferrero che dimissioni a Sansonetti non ne ha chieste, ma certo la sua riflessione a quell'approdo conduce, tenuto anche conto che “lo statuto del partito dice che la direzione nomina il direttore: lo stesso statuto che ha permesso la nomina di Sansonetti”. E dunque, cosa rimprovera Ferrero al quotidiano (al suo direttore), con il quale convive nel palazzone di viale del Policlinico? “Due cose. Intanto, il fallimento del progetto editoriale: quando è arrivato Sansonetti il giornale vendeva undicimila copie, ora cinquemila e 500. Dimezzato, e se si pensa che il nostro è un partito di circa novantamila iscritti… Poi ha un costo pazzesco. Sansonetti ha preso un giornale quasi in pareggio, adesso ha un buco di circa tre milioni e mezzo di euro. Quel giornale non si vende…”. Ma tutti i giornali di partito hanno difficoltà… “Io dico di più: Rifondazione ha un bilancio di dieci milioni, e un terzo lo dobbiamo usare per ripianare il buco di Liberazione. Il quotidiano costa al partito tra i dodici mila e i quattordici mila euro al giorno: per ogni copia che si vende, chi la compra la paga un euro e il partito ne mette almeno due. Una cosa fuori misura, siamo di fronte a un fallimento…”. Ma che il problema del complicato rapporto tra Ferrero e Sansonetti non sia solo economico, il segretario non fatica ad ammetterlo.
“E siamo al secondo punto. La questione non è essere o non essere sulla linea del partito. Giornale e giornalisti devono avere la loro autonomia, ma perseguire un altro progetto politico è diverso. Noi abbiamo deciso che Rifondazione continua, e il giornale a sostenere ogni giorno che Rifondazione va chiusa: questa non è una questione di autonomia, ma di linea politica alternativa. Mettere in discussione che esista Rifondazione, rappresentare ogni giorno il comunismo come un letto di Procuste: se mi dicono che in questo c'entra l'autonomia, io non ci sto”. Ha un sospiro sconsolato, Ferrero: “Un combinato disposto incredibile: il partito mette un terzo di tutti i soldi che ha – e dal 2010, senza finanziamento pubblico saremo alla canna del gas – tutti i dirigenti si sono tagliati lo stipendio, il segretario prima guadagnava 5300 euro al mese, io ho segato il mio stipendio a 3000 euro, e che la nostra spesa principale sia per un giornale che sta su un'altra linea, mah…”. Con Sansonetti “i rapporti sono normali, non c'è degrado nel rapporto personale”, pure il direttore tira in ballo il Pcus e la Pravda, “ma non c'azzecca niente, non sono mai stato nel Pci, sono un libertario e spero di morire libertario”. E che giornale sogna, per il suo partito, il segretario di Rifondazione?
C'è chi azzarda pure “un Libero di sinistra”, ma il diretto interessato replica con una battuta (“facciamo il giornale come adesso, ma rovesciato: le pagine dopo la 19 avanti, quelle avanti dietro, così magari non mi sento chiedere se sono favorevole a scarcerare la Franzoni”), poi spiega: “Un giornale che guarda dove altri non guardano, dentro le lotte, pure seguite con la sua autonomia: nei territori, nel sindacato, inchieste nel sociale… Non me ne frega niente di un bollettino di partito, ma di un giornale dentro le battaglie fatte sì. E' come se Liberazione fosse dentro un gioco di specchi nell'universo della comunicazione. Ora non si capisce che Rifondazione non c'entra con certe posizione prese per il gusto di stupire, che ci occupiamo d'altro, dal carovita alle morti sul lavoro… Sennò, magari finisce che la gente pensa che siamo matti…”.
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