La nuova incarnazione del Cav. /7

Quella del Cav. è la battaglia del grano permanente, tanto poi alle rogne ci pensa Giulio, no?

Maurizio Crippa

La fase cattivista di Berlusconi? La mascella dura del leader che ha vinto, sbaragliato alleati, delfini, opposizioni e adesso basta, non si tratta più con nessuno? Mah. Voleva regalare le tredicesime senza tasse agli italiani e Tremonti gli ha detto che non si può; voleva evitare di litigare con Murdoch e Tremonti gli ha detto che non si può.

    La fase cattivista di Berlusconi? La mascella dura del leader che ha vinto, sbaragliato alleati, delfini, opposizioni e adesso basta, non si tratta più con nessuno? Mah. Voleva regalare le tredicesime senza tasse agli italiani e Tremonti gli ha detto che non si può; voleva evitare di litigare con Murdoch e Tremonti gli ha detto che non si può; voleva mandare l'esercito nelle università e tutti gli hanno detto che non si può. Ora dice che la Costituzione la riscrive da solo, che con “quelli” non ci parla più, ma c'è già il saggio Bossi a massaggiarlo come una vecchia zia, a cristianamente ammonirlo che certe volte “bisogna mandar giù”. Dov'è il cattivo, l'uomo che non fa mai dietrofront? L'impressione è all'inverso che di questi tempi non faccia sempre quel che vuole lui. O piuttosto che si diverta a giocare una nuova parte in commedia: di quello che manda i segnali, che va sempre avanti per primo, una volta condottiero un'altra dragamine, una volta poliziotto buono e l'altra poliziotto cattivo. Per lasciare che sia qualcun altro a sbrogliare la matassa, a cavar castagne dal fuoco, a prendere le decisioni difficili davvero. Del resto anche la sua tenuta da lavoro preferita e fin troppo auto-evidente – la maglia nera da presidente del popolo, da battaglia del grano permanente – e quel suo nuovo genere di comunicazione “flash mob” tipo saltare sui predellini, comparire in mezzo allo shopping di Pescara, esternare passeggiando per le vie di Napoli ripulite, sono la metafora di un decisionismo all'italiana, più che il suo segno efficace. Forse solo l'espressione di un'altra verità: che di stare nei palazzi non gli va più, e che di tutte quelle scartoffie e riunioni se ne occupi qualcun altro. E poi è gioco di squadra, sistema-paese, e lui mica si tira indietro. Certo, poteva fare l'uomo delle istituzioni, stirarsi subito il vestito sussiegoso da candidato del Quirinale, da uomo del dialogo e valore condiviso. Ma forse, semplicemente, non ne aveva voglia. Non per cattiveria, però.

    • Maurizio Crippa
    • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

      E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"