Santa paura

Mariarosa Mancuso

"Ho smesso di credere a Babbo Natale quando ne ho incontrato uno ai grandi magazzini e mi ha chiesto l'autografo”. Non tutti sono fortunati come Shirley Temple, la diva che stroncò la carriera di Graham Greene come critico cinematografico.

    "Ho smesso di credere a Babbo Natale quando ne ho incontrato uno ai grandi magazzini e mi ha chiesto l'autografo”. Non tutti sono fortunati come Shirley Temple, la diva che stroncò la carriera di Graham Greene come critico cinematografico (scrisse sullo Spectator che le gambe e le gonnelline della povera bimba milionaria avevano una certa attrattiva sugli uomini di mezza età, fu denunciato per calunnia). Agli altri bambini americani tocca fare la fila, sedersi sulle ginocchia del vecchio con la barba, attendere il clic della macchina fotografica. Non tutti reggono l'esperienza. Parecchi piangono, altri urlano, qualcuno cerca di sottrarsi all'abbraccio, mettendo in imbarazzo i genitori. Ora gli spaventati bambini e i vergognosi adulti non sono più soli con il loro dolore: un libro uscito da HarperCollins– “Scared of Santa: Scenes of Terrors in Toyland” – dimostra che i bambini piangenti fanno parte del panorama natalizio quanto le renne. Nel 2003, Denise Joyce e Nancy Watkins chiesero ai lettori del Chicago Tribune di inviare fotografie di bambini terrorizzati da Babbo Natale. Va detto, per difenderle da chi vorrebbe segnalarle per il premio Erode, che entrambe le giornaliste sono madri: la prima ha due figli già sottoposti alla dura prova (ricavandone la legge naturale che un bimbo su due ha paura di Babbo Natale, e la fifa dilaga verso i clown); la seconda ha un figlio undicenne ancora esente dal rito di passaggio, forse la scamperà. Ricevettero centinaia di scatti, molti rovistarono nei cassetti scovando ritratti in bianco e nero degli anni Quaranta la barba di Babbo Natale non era sintetica ma di batuffolosa ovatta, i bimbi piangevano lo stesso. Durante le feste, un terzo dei visitatori sul sito del Chicago Tribune c'era andato per vedere la lacrimevole collezione.

    E ora il volume. Prima tiratura di 100 mila copie, ristampe precipitose, sarà il re delle feste in tempo di crisi. Costa appena dieci dollari e tiene occupati più a lungo della tombola: ognuno può commentare e aggiungere altre foto. “The Fright Before Christmas”, annuncia una recensione, mentre viene la tentazione di tirar fuori dallo scaffale i libri di David Sedaris, diventato famoso leggendo alla National Public Radio i suoi diari da elfo in servizio nei grandi magazzini. Era tra gli aiutanti, vestiti di verde e con le orecchie a punta, che mettono in fila i bimbi e li intrattengono in attesa delle sospirate ginocchia. Ne eravamo convinti, prima di sfogliare questo libro. Adesso sappiamo che tocca all'elfo non far scappare i bambini.
    Le fotografie di “Scared of Santa” sono ordinate per capitoli, a seconda delle specialità bambinesche, corredate da didascalie in stile Gialappa's. Lacrime semplici, per cominciare. Poi l'escalation, tra “Bribery” e “Navel Maneuvers”. Ovvero: i genitori che allungano regali perché il bambino smetta di frignare, e le colluttazioni tra infanti che cercano di fuggire e adulti che pur di trattenerli quasi li spogliano. Non manca qualche Babbo Natale particolarmente sinistro (chi avrà fatto il casting, al grande magazzino? oppure è un sostituto?). E un raro Babbo Natale scrupoloso che resta malissimo quando non riesce a far gioire il piccino. Gli altri hanno l'aria cinica dei mestieranti, o di chi per campare si rassegna a tutto. Come Reb Yitzhak, il povero ebreo che in un racconto di Nathan Englander ogni anno tira fuori i vestiti da Babbo Natale (tranne la barba, vera), e finisce tra mocciosi urlanti che contrattaccano, accusandolo di pedofilia.