Morale della favola
Il politico che dice di avere le mani pulite fa un gesto sguaiato e nemmeno si salva. Non andò bene a un leader di primo piano come Enrico Berlinguer, il segretario del Pci che s'intestardì sulla questione morale.
Per ristabilire buone relazioni diplomatiche con il Marocco, il generale De Gaulle “lasciò”, si fa per dire, che Mehdi Ben Barka, leader dell'opposizione in esilio a Parigi, fosse rapito, torturato a morte e consegnato nelle mani del re: il “grande uomo” si comportò in modo moralmente ineccepibile? F. D. Roosevelt, per sconfiggere gli isolazionisti ostili all'entrata degli Stati Uniti nel secondo conflitto mondiale, spinse scientemente il Giappone a rompere le trattative in corso per gli approvvigionamenti di petrolio e a varcare la linea di non ritorno. Fu moralmente ineccepibile o scaltro maestro di doppiezza, che non esitò a ingannare nemici e amici pur di imporre le sue scelte strategiche? E sono grandi leader che hanno segnato la storia, non assessori di provincia o nomenclatura di partito. La politica non ha viscere, non la si può fare contando sulle belle qualità dell'anima: è in sé a-morale. Ogni volta che la si coniuga con la morale, non solo non si nobilita la politica ma si riduce e svilisce la morale stessa.
Tra coloro che si sono nominati luminoso esempio di virtù civiche e vivono nella riserva morale permanente della Repubblica, nessuno ha mai bacchettato un uomo politico per aver mentito o per ignavia, o al contrario per eccesso di zelo, per aver represso, provocato disastri umani e ambientali, neppure per aver bestemmiato o fornicato con moglie d'altri. Indignano il festino con “puta y cocaina” del peone, il pompino sotto il tavolo presidenziale ma il divieto di cornificare come da tradizione nazionale non rientra nel decalogo di buona condotta pubblica.
La morale, la questione morale che scompare e sempre riaffiora è ancora quella, miserella assai, dei tempi di Ernesto Rossi: “Settimo, non rubare”. Un piccolo grumo di morale per un piccolo popolo in cui c'è sempre qualcuno pronto a godere della gogna dell'altro ma con cautela: tra evasioni fiscali, abusivismi e illeciti vari, con tanta naturale propensione alla delinquenza quotidiana e diffusa, meglio ricordarsi di essere anche un lazzarone, non si sa mai. Allora il politico che dice di avere le mani pulite fa un gesto sguaiato e nemmeno si salva. Non andò bene a un leader di primo piano come Enrico Berlinguer, il segretario del Pci che s'intestardì sulla questione morale e a forza di cercare l'isola che non c'è si schiantò contro il muro della diversità antropologica. Non andrà bene a Rosa Russo Iervolino, scimmietta che non sa e non vede non perché non vuole ma perché non può. E nemmeno a Di Pietro. Benché sia sempre all'attacco, abbia imparato a essere aggressivo, sembri un fenomeno inarrestabile e secondo i sondaggi sia entrato nella zona del consenso a due cifre, finirà per ridimensionarsi e scomparire.
Chiunque pensi di poter campare indefinitamente sul fondo di commercio della questione morale, si illude: il passo dall'indignazione che paga al raglio, al rumore di fondo, è molto breve. Per risolvere i suoi problemi la politica non ha bisogno di pomposi proclami morali ma di se stessa. Di buone decisioni tecnico amministrative per esempio in materia di finanziamento ai partiti che resta a tutto oggi la principale causa di diffusione della corruzione. Quindici anni fa le fibrillazioni della pattuglia radicale portarono a un referendum in cui trentuno milioni di elettori, dicasi trentuno ovvero nove votanti su dieci, approvarono la proposta di abrogare il finanziamento pubblico. E' tempo di passare dal sogno alla realtà.
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