Zalone di bellezza
Una strizzata al pacco appena oltrepassata la quinta, un bacio alla platea e il ringraziamento: “Grazie, siete un pubblico fantastici!”. Ancora applausi: “Che acclamanza, grazie per questa ovulazione che mi attribuite!”. Checco Zalone è probabilmente uno dei migliori prodotti da qualche tempo a questa parte di Zelig.
Guarda i video: Vasco Rossi - Negramaro - Jovanotti
Una strizzata al pacco appena oltrepassata la quinta, un bacio alla platea e il ringraziamento: “Grazie, siete un pubblico fantastici!”. Ancora applausi: “Che acclamanza, grazie per questa ovulazione che mi attribuite!”. Checco Zalone è probabilmente uno dei migliori prodotti da qualche tempo a questa parte di Zelig, che da almeno un biennio non sforna cabarettisti in grado di resistere all'usura del tempo e alla nausea da sovraesposizione televisiva senza cadere nel grande dimenticatoio dei comici sepolti da tormentoni che non strappano neanche più un sorriso. Il fatto che la serie di dvd di Zelig in edicola cominci con il suo spettacolo rivela quanto sia apprezzato dal pubblico e in grado di vendere.
Lui si chiama Luca Medici, è un pugliese laureato in Giurisprudenza che si intamarrisce indossando i jeans stretti e la maglietta rosa di un cantante neomelodico napoletano che scrive i testi dei cantautori italiani senza che loro lo sappiano. Le sue parodie intasano Internet da mesi. Zalone non ha inventato niente, la sua bravura sta nel cucinare cose nuove (ogni puntata, a differenza di colleghi che replicano le stesse battute per una stagione intera) con cose vecchie: il meridionale che non sa l'italiano (“Se io non avrei fatto il candande non sarei qui”) e le canzoni con il testo cambiato che gira e rigira parlano di figa sono come il tizio che cade sulla buccia di banana, faranno sempre ridere. “Ho una doppia personalità, sono come dottor Jack e Peter Pack – dice presentandosi – il mio è un tipo di comicità anglosassa, sono un artista con la esse maiuscola”. O le citazioni assurde: “Ho stato accusato di avere copiato questa canzone, ma come dicevano i jazzisti di New Orleans: le note sono sette, chi vuole se le fotte”. Come dice Aldo Grasso, le sue parodie ci fanno capire di più i cantanti imitati. Molta essenza della comicità in effetti sta lì: sottolineare particolari laterali in modo che il punto vero ne risulti esaltato. Quasi sputtanare volendo bene. Non a caso la maggior parte dei cantanti imitati da Zalone sono suoi amici. La parodia di Vasco Rossi è perfetta: una serie di “eeeh!” e frasi sul senso della vita che non si trova che parlano più di un album del cantautore di Zocca, così come è definitivo il brano in cui la figlia di Jovanotti chiede al papà di smetterla di dedicarle canzoni, e lo accusa di avere rubato al pennello Cinghiale l'idea del “grande amore e amore grande”.
E' vero, ci sono chili di parolacce assortite che forse ne sconsigliano la visione ai bambini: “Sere nere” di Tiziano Ferro diventa “Seghe nere”, Carmen Consoli canta “Stitica”, Giusy Ferreri (“E' un nome d'arte che le hanno dato i colleghi del supermercato perché rubava i Kinder”) canta “Devi scordarti di me” dopo una “botta e via” nel carrello della spesa, e i Negramaro cantano un piatto tipico del Salento, “lu pullu cusutu in culu”.
Una comicità pop, certo non ricercata, a tratti innocua che costringe alla risata con la parola “cacca” come quando si era bambini, che sforna battute da liceale sui gay (il protagonista omosessuale di una canzone di Anna Tatangelo è in realtà etero ma si finge gay per non ingelosire Gigi D'Alessio, che però approfitta di lui di nascosto), che racconta personaggi perennemente alla ricerca di una che la dà via. Il tutto però senza essere mai eccessivo, non infastidendo chi ascolta, navigando sull'orlo della demenza pur continuando a sorprendere. E' il cabarettista che dice più parolacce di Zelig, ma è anche quello che da due anni i non cultori del programma comunque non si perdono. D'altra parte, “la volgarità non è la parolaccia, è la banalezza”.
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