“Uccidi le donne, salva i musulmani”
I documenti sono stati resi noti dal quotidiano indiano The Indu e ripresi dai giornali di tutto il mondo. Sono le conversazioni telefoniche fra i terroristi che a novembre hanno fatto 174 morti a Mumbai e la loro base operativa e logistica in Pakistan. Gli assassini di Mumbai sono venuti dal mare e, varcando il simbolico Gateway of India, hanno sconvolto la metropoli torcendole il cuore.
I documenti sono stati resi noti dal quotidiano indiano The Indu e ripresi dai giornali di tutto il mondo. Sono le conversazioni telefoniche fra i terroristi che a novembre hanno fatto 174 morti a Mumbai e la loro base operativa e logistica in Pakistan. Gli assassini di Mumbai sono venuti dal mare e, varcando il simbolico Gateway of India, hanno sconvolto la metropoli torcendole il cuore.
Il Taj Mahal, l'hotel simbolo di Mumbai, è stato dato alle fiamme e, contemporaneamente, colpi di mitraglietta e bombe a mano hanno fatto strage alla stazione e in altri hotel frequentati dalla ricca clientela internazionale. Non c'erano soltanto gli indù politeisti nelle mire degli assassini, c'erano gli americani, gli inglesi, gli ebrei. Esperti di antiterrorismo hanno avanzato l'ipotesi che uno degli interlocutori telefonici dei guerriglieri islamici sia Hamid Gul, il potente ex capo del servizio segreto pachistano. Se la notizia venisse confermata, sarebbe la definitiva prova della connection fra il nucleo di miliziani islamici e i servizi segreti di Islamabad.
I terroristi che il 26 novembre diedero inizio a Mumbai a una delle più clamorose operazioni terroristiche degli ultimi anni, erano pilotati attraverso via telefono da sei uomini che si trovavano in Pakistan e che intimarono loro di uccidere a sangue freddo tutti gli ostaggi. Le conversazioni telefoniche diffuse ieri sono un manifesto di questo squarcio di tempo. Del secolo della guerra contro gli “apostati”. Una prima telefonata. “Quanti ostaggi avete?”. “Uno dal Belgio, lo abbiamo ucciso”. “Spero che non abbiate ucciso musulmani”. “No, nessuno”. Seconda telefonata. “Siamo al decimo piano, abbiamo cinque ostaggi”. “Infliggete il più grande male possibile. Continuate a combattere. Non teneteli in vita. Uccidete tutti, tranne i due musulmani. Tenete accesi i vostri cellulari così che possiamo sentire i colpi”. Un terrorista dice: “Abbiamo tre stranieri, fra cui due donne da Singapore e dalla Cina”. Verdetto: “Uccidetele”.
Poi i miliziani islamici si spostano alla Nariman House, dove assassineranno gli ebrei Chabad, compreso il rabbino Gabriel Holtzberg e sua moglie Rivka, incinta al quinto mese. Dice il contatto pachistano: “Israele ha chiesto di salvare gli ostaggi tramite i canali diplomatici. Se uccidete gli ostaggi, questo distruggerà le relazioni fra l'India e Israele”. “E così sia, se Allah vorrà” replica il jihadista. “Fratelli, combattete” concludono dalla base. “E' una questione di prestigio dell'islam, combattete in modo che la vostra battaglia diventi un esempio luminoso. Siate forti in nome di Allah. Forse vi sentirete stanchi, ma i commando dell'islam hanno lasciato dietro tutto. Le madri, i padri, le proprie case. Fratello, combatti per la vittoria dell'islam”. Subito dopo la cattura, Qasab aveva confessato alla polizia indiana: “Dovevamo uccidere almeno 500 persone, attaccare anche l'aeroporto: sarebbe stato l'11 settembre indiano”.
L'unico terrorista sopravvissuto agli attacchi di Mumbai, Ajmal Amir Qasab, “ha legami con il Pakistan”. Lo ha confermato ieri anche il ministro dell'Informazione pachistano, Sherry Rehman. “Ha legami con il Pakistan ma continuano le indagini”, ha detto Rehman. Il ministro degli Esteri indiano, Pranab Mukherjee, ha ribattuto che Qasab “ci ha detto categoricamente da dove viene, dove ha ricevuto addestramento militare e dove si trovano le persone che lo hanno manovrato”. Nel 2001 Lashkar-e-Taiba, l'“esercito dei puri”, il gruppo ritenuto responsabile del massacro di Mumbai, venne messa fuori legge, ma al suo posto è nata un'associazione pseudo umanitaria. La costola militare è entrata in clandestinità pur mantenendo i rapporti con l'Isi, l'intelligence militare pachistana.
Del Lashkar-e-Taiba si sa che aveva già colpito nel 2001 al parlamento di Delhi e, proprio a Mumbai, nel 2006, con oltre duecento morti alla stazione ferroviaria e nella metropolitana. Si sa che del movimento jihadista fanno parte qaidisti, islamisti di formazione deobandi, combattenti kashmiri, neotalebani e guerriglieri “stranieri”, leggi arabi. Fondato nel 1991 in Afghanistan, il gruppo è nato come l'ala militare dell'organizzazione fondamentalista di Hafiz Muhammad Saeed, un noto docente di teologia islamica dell'Università di Lahore, prima di unirsi ai guerriglieri mujaheddin dell'Afghanistan contro l'invasione sovietica. Si sa anche che i dieci uomini che hanno sferrato gli attacchi a Mumbai appartenevano ad un gruppo di trenta persone reclutate per missioni suicide.
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