Per Samir l'islam non prega, conquista

Giulio Meotti

“Quelle di Milano e Bologna non erano preghiere, ma atti politico-ideologici, vessilli islamisti”. Samir K. Samir, che insegna all'Università Saint-Joseph di Beirut, dice al Foglio che "la preghiera era ostentazione della visibilità islamica. Un modo per dire: Noi siamo qui, siamo forti e siamo numerosi".

    “Quelle di Milano e Bologna non erano preghiere, ma atti politico-ideologici, vessilli islamisti”. Samir K. Samir insegna all'Università Saint-Joseph di Beirut, è considerato uno dei massimi studiosi di islam e ha partecipato al recente incontro in Vaticano fra il Papa e i religiosi musulmani. Nato al Cairo nel 1938 ma d'adozione libanese, formatosi in Francia, Samir ha insegnato alla Georgetown University, a Tokio e al Cairo. Con lui parliamo della controversa manifestazione islamica davanti al duomo di Milano e della reticenza della cultura laica e cattolica a comprenderla. Se le chiese tedesche pregarono contro Hitler e Pio XII lo fece contro lo stalinismo comunista, dimostrando così la funzione anche politica dell'atto cultuale, secondo Samir le preghiere islamiche nelle piazze italiane sono di tutt'altra natura. “E' contro il male che i cristiani pregano. Allora si pregava contro il totalitarismo stalinista, non contro Stalin come persona. La chiesa si esprime contro l'aborto, non contro chi abortisce. Nell'islam è diverso. A Bologna e a Milano non si parlava di pace, era una manifestazione contro Israele, se ne bruciavano le bandiere. La preghiera era ostentazione della visibilità islamica. Un modo per dire: ‘Noi siamo qui, siamo forti e siamo numerosi. E la prova è che noi figli di Allah preghiamo, mentre voi occidentali siete secolarizzati, non pregate più'. Per i cristiani la preghiera non può mai essere ostentazione. Il Vangelo dice che in preghiara siamo nella nostra stanza interiore. Nell'islam invece la preghiera è una dimostrazione di forza e potenza. La fede islamica deve essere visibile, si prega per strada, negli autobus, nel negozio. Nell'islamismo la preghiera è un vessillo, come la barba o la camminata spavalda”.

    Nelle comunità islamiche occidentali, l'islam è dominato dall'“unica realtà visibile, attiva, dinamica, che si attesta attorno al venti per cento di consensi, ed è l'islam come religione politica. L'islam è certamente politica, Maometto era questo. Ma la tendenza attuale è di fare dell'islam un partito e questa è una deviazione. Però la maggioranza islamica tace, non scende in strada contro la politicizzazione della fede. Se non è vero islam, devono dirlo in una piazza. Sono dei codardi e parlano soltanto quando attaccano. L'islam non conosce autocritica. E' un mondo di tabù, di mera apologia. A loro bastano duecento persone a terra al Duomo per intimorirci. Giocano sul vittimismo, si identificano con i palestinesi e giocano con la categoria ambigua dell'islamofobia. Così portano a sé molti occidentali, ne manipolano i sentimenti”.

    Secondo Samir il pericolo è l'islamismo. “Hanno come scopo la reislamizzazione dei paesi arabi e la sharia al posto della costituzione in occidente. Vogliono islamizzare la strada, le apparenze quanto le profondità. Per loro esistono tre religioni rivelate: ebraismo, cristianesimo e islam. Mosè rivela Dio al suo popolo con la Torah, gli ebrei non sono fedeli, Dio manda i Profeti e questi vengono uccisi. Arriva un altro profeta, Gesù, ma i cristiani non sono fedeli e introducono la trinità. Dio manda l'ultimo messaggero, Maometto. E una nuova legge, la sharia. L'islam è la religione perfetta. La libertà vale zero e di fronte ad Allah è puro nulla. Anche la spada va usata per imporre la sharia”. L'odio nasce dal contatto con il vuoto occidentale. “L'islamismo in Europa ha ammirato la tecnologia rigettando la nostra cultura. La laicità è vista come ateismo, la libertà è giudicata come anti Dio, immoralità. L'ateo è chiamato ‘animale'. L'ho sentito da un imam italiano in pubblico.  Anche il velo della donna significa portare fra le nostre donne la civiltà islamica ‘autentica e pura', civiltà del bene contro quella del male, l'occidente”. Venendo alla reazione impacciata o sulla difensiva, Samir dice che “la chiesa per tradizione è lenta, abbiamo anche noi i buonisti che parlano soltanto del diverso e dell'altro. Ho visto esitazione nella stampa cattolica. Non dobbiamo sottovalutare il fatto che le preghiere di Milano e Bologna erano due vessilli islamici. Erano diretti a noi”.

    • Giulio Meotti
    • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.