Parto e torno
Tutto è stato cancellato dalla magnifica falcata di Rachida, su tacco dodici e cinturino alla caviglia, tornata al lavoro cinque giorni dopo il parto, cinque mesi in anticipo, sorriso splendente, bacetti sulle guance di chi la voleva fuori gioco.
Tutti i cafoni (compreso José María Aznar, compreso il sottosegretario francese allo Sport, Bernard Laporte) che nei mesi scorsi hanno fatto il gioco volgare del “Non sono io il padre del figlio di Rachida Dati”, tutti i sorrisini e le dicerie sulla fine di carriera per un ministro troppo chiacchierato e molto in maternità, tutto è stato cancellato dalla magnifica falcata di Rachida, su tacco dodici e cinturino alla caviglia. Tornata al lavoro cinque giorni dopo il parto, cinque mesi in anticipo, sorriso splendente, bacetti sulle guance di chi la voleva fuori gioco e messinpiega fatta in clinica (era uscita da poche ore quando è arrivata a Place Beauvau a piedi). Bastava, per capire la grandezza di questa ragazza caparbia, guardarla mentre lasciava l'ospedale: smalto nero, rossetto rosso, mento in alto e stretto al petto il porta enfant di seta con dentro Zohra, la bimba che tutti vogliono vedere per scoprire da quale potente della terra ha ereditato i lineamenti – magari invece è figlia di un falegname un po' artista, sarebbe molto romantico, oppure dell'amico gay che ha donato il seme, sarebbe molto Sex and the City.
Rachida ha schiaffeggiato con passo svelto e occhi dolci tutti quelli che contavano sul cliché della rinuncia: o un figlio o un lavoro, o l'asilo nido sotto casa o una schiera di infelici madri mancate. Si può fare tutto (a certi livelli è più semplice, con quaranta tate e dodici parrucchieri, ma a certi livelli Rachida ci è arrivata vendendo cosmetici porta a porta e aiutando una madre che ha partorito dodici volte), si può fare tutto anche se si è femmine, soprattutto se si è femmine: torchiate e allenate da decenni di doppio coraggio. Un uomo non sarebbe capace, un uomo al settimo mese di gravidanza non va a visitare le truppe in Afghanistan, come ha fatto l'anno scorso la spagnola Carme Chacon, ministra in smoking, un uomo a cinque giorni da un cesareo non va al Consiglio dei ministri (quando Silvio Berlusconi parlò da un palco zoppicando per la sciatica parve quasi un eroe, una donna incinta ha la sciatica fissa e si scorda anche di raccontarlo), un uomo mentre tiene un discorso importante o si difende dai nemici non è in grado di contare i decilitri di latte che deve prendere la piccola. Una donna sì, Rachida sì.
Non significa affatto che il congedo di maternità sia superato, che il welfare sia inutile: significa che facciamo come ci pare o come in quell'istante la vita ci chiede, significa che non calcoliamo il numero di figli in base alle ore di permesso lavorativo, e se c'è una riunione in Senato, e se è quello il mestiere che abbiamo sognato e scelto e pianto per avere, allora ci si va, anche con i punti del cesareo che tirano. Massima libertà, e massimo rispetto per Rachida Dati, anche grandissima invidia femminile per quanto è rimasta magra durante la gravidanza: forse la vita privata complicata aiuta a bruciare calorie e a camminare bene sui tacchi dopo un'anestesia, forse sotto il vestito aveva una pancera contenitiva, sicuramente è questa l'ora della sua (e, se ne abbiamo voglia, della nostra) rivincita.
Il Foglio sportivo - in corpore sano