Brava Rachida, il welfare è prezioso se non è una prigione
Sarebbe demente anche solo pensare di restringere le leggi di tutela della maternità, i permessi pre e post parto eccetera. Vengo da una campagna politico-editoriale contro lo sconcio dell'aborto al centro della quale ho messo la condizione della donna incinta da riconoscere come “soggetto sociale privilegiato”.
Sarebbe demente anche solo pensare di restringere le leggi di tutela della maternità, i permessi pre e post parto eccetera. Vengo da una campagna politico-editoriale contro lo sconcio dell'aborto al centro della quale ho messo la condizione della donna incinta da riconoscere come “soggetto sociale privilegiato”. Molto di più si dovrebbe fare per difendere donne e bambini, nati e non ancora nati, in una società che tende a negare bisogni e diritti di tipo natalista. Tuttavia non mi accodo alla pigrizia triste e anche alla malevolenza di certi commenti femministi alla staordinaria passerella di Rachida Dati, il ministro francese della giustizia che a quattro giorni dal parto si è fatta viva all'Hotel Matignon nella sua migliore divisa di bellezza e charme e nella sua condizione di donna emancipata che intende continuare a comandare per la parte che le spetta e che si è guadagnata anche se è diventata mamma (a proposito: pur di fare l'apologia di Rachida vado contro un mio secondo pregiudizio, e ce ne sono mille altri, quello contro la scelta di essere madri single).
Mia madre mi raccontò che immediatamente dopo la nascita di Giorgio (1947), il suo primo figlio, quel bruto di Togliatti la ricevette nel suo ufficio a Rinascita, la rivista teorica del Pci, e le disse: “Vi faccio le congratulazioni, Marcella, e vi prego di portare in tempo le bozze corrette in tipografia”. Me lo raccontò con orgoglio e ironia, si vedeva la registrazione di un eccesso ma anche la riaffermazione di un principio femminista molto semplice, molto meno sofisticato della filosofia della differenza, ma almeno altrettanto significativo: l'emancipazione. E per riprendere la formula di chi ha criticato la ministra francese dicendo che queste cose le fanno solo i contadini e i notai, faccio osservare che mia madre non era iscritta in nessuna delle due categorie: era una militante politica comunista e una giornalista comunista all'alba (in quel momento) della guerra fredda, in anticipo sulle ultime ondate del pensiero e della pratica femminista.
Ma fu anche madre di due baby boomer. Perché di questo non si è voluto parlare, ma è questo l'essenziale. Quando partorire era più difficile di oggi, si partoriva di più e con naturalezza. Quando non c'erano gli asili nido, quando il welfare era ancora una pratica da istruire, le relativamente poche donne che lavoravano, quelle che rientravano in fretta al lavoro anche quando avrebbero potuto permettersi il diritto a un congedo in un ambiente solidale, i figli li facevano, ne facevano una quantità utile al riprodursi e al valorizzarsi del futuro della loro comunità, dalla famiglia alla società.
C'erano meno garanzie, e più coraggio. Si tagliava fuori un ruolo naturale, quello della cura materna nei primi mesi dell'allattamento, ma in nome di un'emancipazione civile e politica della donna che prevedeva la universale compatibilità di tutti i ruoli: lavoro matrimonio rango eguale e maternità. Ora si tutela la differenza di genere, in qualche caso in forma intimidatoria e coattiva rispetto alla libertà della madre, e può succedere che il welfare coccolone (l'altro eccesso rispetto alla brutalità del capufficio Togliatti) funzioni come una gabbia, non voglio dire una prigione, dentro la quale molte donne non vogliono infilarsi, e per evitarlo evitano di fare figli.
Il problema è comunque quello della libertà. La donna che è incinta o che ha partorito deve essere considerata un bene sociale ambulante. Deve essere garantita e tutelata molto di più di quanto non accada oggi. Ma al tempo stesso è una festa, una gioia psicologica e intellettuale per maschietti e femminucce che se ne intendono, pensare che alcune di esse, donne in vista o comunque molto forti che si profilano come icone di comportamenti vecchi e insieme nuovissimi, esercitino la loro libertà e decidano senza piagnistei, senza le solite lagne ipocrite e bacchettone, di considerare fino in fondo propri il corpo e l'anima di quel processo non integralmente medicalizzabile che è una buona e fiduciosa maternità nel tempo moderno. Brava Rachida.
Il Foglio sportivo - in corpore sano