A Detroit la foglia di fico anticrisi si chiama auto elettrica
Il Salone dell'auto di Detroit del 2009 è a tono con i tempi della crisi: Porsche, Land Rover e Nissan non si sono nemmeno presentate, la messinscena è sobria quanto non mai, e le previsioni per il mercato americano sono di un crollo ulteriore rispetto a quello del 2008.
“Ancora cent'anni” e “Ci siamo per rimanere!”, era scritto sui cartelli branditi da alcune centinaia di dipendenti della General Motors andati a “sostenere” il discorso dell'amministratore delegato Rick Wagoner. “Siate fieri dei prodotti americani, comprate americano”, proponevano gli altri cartelli del sindacato dei lavoratori automobilistici Uaw. Ma non è il proposto boicottaggio delle auto giapponesi che si delinea per il prossimo futuro. Il Salone dell'auto di Detroit del 2009 è a tono con i tempi della crisi: Porsche, Land Rover e Nissan non si sono nemmeno presentate, la messinscena è sobria quanto non mai, e le previsioni per il mercato americano sono di un crollo ulteriore rispetto a quei 13,2 milioni di veicoli che nel 2008 rappresentavano già il record negativo di vendite dal 1992. Forse 12 milioni di vetture, forse 11, ma General Motors si prepara addirittura a quota 10,5. Eppure, 58 nuovi modelli sono stati presentati, di cui 44 in prima mondiale. Ma con i 13,4 miliardi di dollari di bailout destinati a Gm e gli altri 4 miliardi che andranno a Chrysler, si è ormai invertita l'antica massima secondo la quale “quello che va bene a Gm va bene anche agli Stati Uniti”. Dopo George W. Bush anche Barack Obama ha deciso di fare della sostituzione del petrolio come fonte di energia un asse portante della sua politica.
Unica differenza: mentre l'Amministrazione uscente puntava soprattutto sul bioetanolo, quella entrante simpatizza per l'auto elettrica, con esiti ideologicamente curiosi: dopo il “destro” Bush che firmava accordi di alleanza energetica con il “sinistro” Lula, adesso è lo staff di Obama che sta “monitorando con attenzione” il progetto innovativo di auto elettrica presentato dalla compagnia israeliana Better Place. Ma anche la Toyota, dal 2008 prima industria automobilistica sul mercato americano davanti a Gm, ha presentato a Detroit i prototipi sia della Prius ibrida che metterà in vendita nel 2010, sia di quella totalmente elettrica Ft-Ev la cui introduzione nel mercato americano è in agenda per il 2012. La Honda, ormai quarta industria davanti alla Chrysler, ha a sua volta presentato l'ibrida Insight. Nel 2010 arriveranno dalla Germania una Smart elettrica e dal Giappone un'analoga Nissan. Dal 2011 la cinese Byd venderà il minivan elettrico E6. E negli stessi Stati Uniti la Tesla, “alternativa elettrica” al modello Detroit tradizionale, gestisce appunto quest'anno per la prima volta un proprio stand al Salone, con la sua Roadster Sport.
La Ford, per il momento non bisognosa del bailout, presenta a Detroit le versioni modificate di Verve e Fusion, mentre Gm ha mostrato l'integralmente elettrica Cadillac Converj e la Chrysler la pure elettrica Circuit Ev. Per il 2011 tutte e tre saranno presenti sul mercato elettrico: la Ford con la Project M. Anzi la Chrysler, che essendo la più messa male è la più incentivata a muoversi, potrebbe anticipare la mossa al 2010: stesso anno in cui Gm metterà in venduta l'ibrida Chevrolet Volt. Ma c'è davvero un mercato, ora che il prezzo del greggio è crollato? Alla domanda del New York Times le stesse Big Three rispondono con prudenza, e della Ford Fusion si prevede ad esempio che non venderà più di 45 mila unità all'anno. Ma la spinta ormai è politica. “Chi ha ucciso l'auto elettrica?”, era il titolo della pellicola con cui appena nel 2006 il documentarista Chris Paine denunciava un complotto. Ora sta preparando un nuovo documentario, il cui titolo potrebbe suonare come: “Auto elettrica 2. La vendetta”.
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