Occhiaie di riguardo

Italia - Brasile

Toni Capuozzo

A guardare da vicino la sede del ministero di Giustizia, a Brasilia, si viene presi da uno spaesamento: sembra di essere a Segrate, al palazzo della Mondadori. L'architetto è lo stesso, quel grande visionario e confuso ideologo che fu Oscar Niemeyer. Qui, sull'altipiano di cieli immensi ha avuto mano libera.

    A guardare da vicino la sede del ministero di Giustizia, a Brasilia, si viene presi da uno spaesamento: sembra di essere a Segrate, al palazzo della Mondadori. L'architetto è lo stesso, quel grande visionario e confuso ideologo che fu Oscar Niemeyer. Qui, sull'altipiano di cieli immensi ha avuto mano libera. E il risultato è un po' come quelle città ideali del rinascimento, perfette perché prive della presenza umana, quasi fosse un dettaglio insignificante tra i templi e le spianate: è una città senza pedoni, Brasilia. E' una città di marmo e cemento e asfalto, anche se l'ultimo monumento, uscito da quel ministero, è cartaceo. Dicono che Tarso Genro, ministro della Giustizia, si sia letto durante le vacanze di Natale gli atti riguardanti Cesare Battisti e di ritorno al lavoro abbia scritto il provvedimento che gli riconosce il diritto di asilo. Gesto munifico e altisonante, anche se Genro non pensava che sarebbe scoppiato tutto questo casino. Pensava di render omaggio al passato suo e della corte di Lula, questo sì. Non erano stati esuli, tanti di loro? Non era, prima ancora che un companero, un collega, questo Battisti in fuga? Pensava, Genro, di dare un segnale anche ai giudici, dopo tanti scandali che hanno investito il partito di governo.

    Sì, il processo di estradizione sembrava avviato alla sua ovvia conclusione, il procuratore generale aveva già detto che sì, Battisti andava estradato. Fosse andata diversamente, era una semplice guerra tra magistrature, quella italiana contro quella brasiliana, carte bollate. E invece quel suo provvedimento, squisitamente politico, rimetteva tutto a posto: alt, qui decidiamo noi. Tanto che il procuratore generale, dovendo fornire un parere al Tribunale federale supremo, ha dimostrato di aver letto Borges, in gioventù: io sono ancora per l'estradizione, ma essendo intervenuta una concessione di asilo politico, il processo di estradizione non ha più ragione di essere istruito.
    Pensava, Genro, di dare una piccola lezione a tanti, nel suo paese.

    Non aveva perso la corsa alla successione di Lula, lui vecchio uomo d'apparato, cresciuto nel partito, a favore di una signora venuta dall'esterno, Dilma Roussef, con una carriera politica così fuori dagli apparati da averla vista partecipe di rapine politiche, negli anni del regime militare? Ti mostro io come si onora il passato, cara signora, e vi mostro di che pasta è fatto Tarso Genro, e voglio vedere se Lula mi smentisce. Voleva dare una lezione anche ai francesi, così solleciti con Battisti, scrittrici di gialli e cognate del presidente, però voi l'estradizione gliela avevate data. Sapete cosa dicono dei francesi, in Brasile? Che amano il comunismo, però a distanza.

    E perché il Brasile sovrano non può rifiutare l'estradizione di Battisti, ed essere preso a richiami dell'ambasciatore italiano in patria, se quando la Francia rifiuta la Petrella l'Italia protesta a bassa voce? E, certo, Genro pensava anche che una lezioncella l'Italia di Berlusconi la meritava, poco conta che il processo di estradizione fosse stato acceso da una richiesta di un ministero diretto da Clemente Mastella, presidente del Consiglio Romano Prodi. Voi avete la presidenza del G8? Noi abbiamo il Social Forum, con gli indigeni che portano l'accredito sul petto nudo. Siamo noi, il Brasile di Lula e del Partito dos Trabalhadores meno sovrani di un'Italia che ci rifiutò l'estradizione del banchiere Salvatore Cacciola, e abbiamo dovuto aspettare che fosse pizzicato a Montecarlo per fargli scontare i suoi dieci anni di prigione? Voi proteggete i potenti, noi i deboli e le bandiere. E' l'ideologia: non sono i crimini i sintomi delle ingiustizie più profonde? Non ripetiamo, nei comizi, che bisogna costruire scuole e non carceri? Così Genro ha riaffermato il primato della politica sul diritto, ha reinterpretato quella legge che riconosce il diritto all'asilo politico a chi sia discriminato in patria per ragioni razziali, religiose o politiche, a patto che non abbia commesso crimini efferati.

    Si lamenti pure il ministro degli Esteri, faccia la sua lobby il senatore Suplicy facendosi vedere in giro con la scrittrice francese di gialli, e lasciando intendere che il merito è di Carla Bruni. Scartabellino carte, i giudici che stavano accettando l'estradizione. Chi è che ha la conoscenza e il diritto per sceverare la natura dei reati commessi da Battisti? Ha ucciso per soldi, per amore, per odio, per futili motivi? Chi è che ha il potere di interpretare la storia, e di impartire un po' di lezioni, con la sola sua firma? Il potere sono io. Questo ha pensato Tarso Ferdinando Herz Genro – impossibilitato dal suo passato a sospettare che un omicidio per rigenerare il mondo è più efferato e prepotente e arrogante e ripetitivo di un omicidio per odio intimo, per cancellare una persona e proprio quella, non altre – infilando il suo paese, e il nostro, in un vicolo cieco, con la leggerezza di un passo di samba, in una città senza pedoni. El Diliberto do Rio Grande, ecco il vero protagonista di questo carnevale in anticipo.