Gli ultimi giorni di Eluana

Nicoletta Tiliacos

Nella casa di invalidità e vecchiaia “La Quiete” di Udine (nome che ora suona beffardo e sinistro) Eluana Englaro, ricoverata e blindata da ieri mattina nel reparto maschile per i malati di Alzheimer, attende che si compia il suo destino fissato da un decreto della Corte d'appello civile di Milano.

    Roma. Nella casa di invalidità e vecchiaia “La Quiete” di Udine (nome che ora suona beffardo e sinistro) Eluana Englaro, ricoverata e blindata da ieri mattina nel reparto maschile per i malati di Alzheimer, attende che si compia il suo destino fissato da un decreto della Corte d'appello civile di Milano. Attende che il protocollo medico di interruzione dell'idratazione e dell'alimentazione attraverso il sondino naso-gastrico che la nutre e la disseta da diciassette anni sia scrupolosamente attuato a cura dell'associazione “Per Eluana”, appena costituita presso notaio in Udine. Ne fanno parte una ventina di persone, tutte volontarie ed estranee alla struttura, da ieri presidiata, dentro e fuori, da carabinieri, poliziotti in borghese e guardie giurate.

    Il professor Amato De Monte, primario di Anestesia all'Ospedale Santa Maria della Misericordia di Udine e responsabile in capo dell'équipe di volenterosi esecutori del protocollo “per Eluana”, ha dichiarato ieri al Gr del Friuli Venezia Giulia che “Eluana non soffrirà, perché Eluana è morta diciassette anni fa”. A questo proposito, Gianluigi Gigli, docente di Neurologia all'Università di Udine, dice al Foglio che “le affermazioni del professor De Monte lasciano esterrefatti per la loro superficialità scientifica. Dire che Eluana è morta diciassette anni fa significa confondere (volutamente?) tra stato vegetativo e morte cerebrale. Nella prima condizione il paziente è vigile, non necessita di farmaci, alterna sonno e veglia, respira autonomamente, non ha bisogno di alcuna macchina, può presentare risposta al dolore. In alcuni casi – prosegue Gigli – è stata documentata anche una capacità di elaborazione delle informazioni e persino la capacità di rispondere ad esse con l'attivazione di particolari zone del cervello. Nel secondo caso, invece, il paziente è semplicemente morto, mentre l'attività cardiorespiratoria è mantenuta dalle macchine e dai farmaci”. Secondo Gigli “l'intervento di De Monte suscita altri gravi interrogativi per i suoi pericolosi risvolti: se Eluana è morta diciassette anni fa, perché non è stato usato un carro funebre per il suo trasporto? Perché ci si ostina con un macabro ‘protocollo di assistenza'? Perché il giudice stesso raccomanda che sia sedata farmacologicamente? Può forse soffrire un cadavere?”.
    Domande per le quali è diventato forse inutile attendere risposta. Non ci si può aspettare troppo, del resto, in una storia segnata fin dall'inizio dalla manipolazione del linguaggio, che trasforma l'accoglienza in una struttura deputata alla cura in disponibilità a un ricovero per dar corso a una morte “naturale” provocata nel più artificiale dei modi: togliendo cioè acqua e cibo a chi non ha bisogno di altro per vivere. Il presidente onorario del Comitato nazionale di bioetica, Francesco D'Agostino, ha detto ieri in un'intervista al sito di Repubblica che siamo di fronte a “test sull'introduzione dell'eutanasia in Italia”. Un test finora positivo, come ha notato senza troppi giri di parole l'agenzia internazionale Reuters, che titola così l'articolo dedicato alla vicenda: “Un uomo italiano sconfigge il governo sull'eutanasia”. Il ministro del Welfare Maurizio Sacconi, autore dell'atto di indirizzo alle strutture del Servizio sanitario nazionale sui loro compiti di cura, che gli è valso l'accusa di abuso d'ufficio, ha detto ieri che i nuovi sviluppi della vicenda Englaro prefigurano “una deriva che può portarci a riconoscere un presunto diritto di morte che in realtà credo non possa essere accettato dalla nostra comunità”, e ha aggiunto a sua volta che “ci poniamo lungo la strada dell'eutanasia”.

    I margini d'intervento dell'iniziativa politica contro il protocollo messo in moto a Udine sembrano ormai erosi, anche se il ministro ha parlato della volontà del governo “di verificare ora gli atti formali che sono effettivamente possibili”. Del decreto urgente invocato da più parti (è il cavallo di battaglia dell'Udc e del Movimento per la vita, per esempio) si è abbastanza certi che il presidente della Repubblica non sarebbe disponibile a controfirmarlo. La posizione di Napolitano – anche ieri ribadita dal Lussemburgo – è quella di esclusivo affidamento a una legge sul testamento biologico, da mettere quanto prima in cantiere. In casa Pdl è arrivato anche lo smarcamento – più che annunciato – del presidente della Camera, Gianfranco Fini, che, pur dichiarandosi pieno di dubbi, si è schierato per il diritto di decidere dei genitori di Eluana.

    E ora i legali della famiglia Englaro tornano a chiedere il silenzio e a minacciare chi lo violerà di azioni legali. Chissà se rientrano nella categoria “violazione del silenzio” il sit in organizzato a Udine dall'associazione di don Oreste Benzi, o il rosario quotidiano che si reciterà per Eluana da venerdì, nella chiesa parrocchiale che sorge proprio accanto alla “Quiete”. Accadrà tutti i pomeriggi, a partire dal terzo giorno del ruolino di marcia del “protocollo”, quando il sondino che per diciassette anni ha fatto passare cibo e acqua per Eluana comincerà a somministrarle soltanto sedativi. L'iniziativa di preghiera (una delle tante annunciate in queste ore in tutta Italia, dopo che il presidente della Cei, Angelo Bagnasco, ha parlato di eutanasia in atto) è della diocesi di Udine, retta dall'arcivescovo Pietro Brollo, che ieri esortava ad accogliere Eluana “ma per farla vivere”.
    Sempre ieri, una decina di esposti sono giunti alla Procura della Repubblica di Udine e alla Questura del capoluogo friulano affinché si intervenga per evitare l'interruzione dei sostegni vitali a Eluana Englaro. I legali che hanno promosso l'iniziativa sostengono che il decreto della Corte d'appello di Milano autorizza a interrompere l'alimentazione e l'idratazione di Eluana “ma non esonera i medici dall'obbligo di intervenire per evitare la morte della donna”. Per i giorni prossimi sono annunciate da parte di semplici cittadini una serie di denunce per omissione di soccorso e per tentato omicidio contro i medici che si occupano di Eluana alla Quiete. E di “ingerenza umanitaria”, che “dovrà trovare forme rispettose sia delle leggi, delle sentenze come della sensibilità della famiglia” parla l'associazione Scienza & Vita, la quale annuncia che farà ogni tentativo perché emerga “il dissenso popolare rispetto alla scelta della magistratura italiana”. Da Cesena è invece partita una lettera appello da parte di associazioni che gestiscono strutture di accoglienza per anziani non autosufficienti, e che chiedono “come sia possibile che un ente con pubbliche finalità di assistenza sociale e sanitaria, non vincolato oltretutto da alcun obbligo giuridico né morale, nello stesso luogo in cui accoglie persone anziane non autosufficienti per assisterle e curarle, possa aprire le porte ad una giovane donna per condurla ad una morte così terribile quale è quella per fame e per sete”. Infine Fulvio De Nigris, presidente dell'associazione “Amici di Luca”, si rivolge a Beppino Englaro: “Ormai la sua battaglia l'ha vinta, il suo diritto è riconosciuto, faccia in modo che la fine dell'esistenza di sua figlia sia rapida, senza dolore e senza ipocrisie”.