Gentile presidente, firmi. E' cosa laica e giusta
Io so come è fatto Giorgio Napolitano, comunista della generazione di mio padre e di mia madre, so come si è formata la sua cultura etica, e rispetto la sua idea atea e materialista di autodeterminazione per il nulla che lo ha spinto a prendere in mano la bandiera di Piergiorgio Welby, ieri, e quella di Beppino Englaro, oggi.
"Allucinante fermare le cure" - Leggi l'intervista a Enzo Jannacci sul Corriere della Sera
Io so come è fatto Giorgio Napolitano, comunista della generazione di mio padre e di mia madre, so come si è formata la sua cultura etica, e rispetto la sua idea atea e materialista di autodeterminazione per il nulla che lo ha spinto a prendere in mano la bandiera di Piergiorgio Welby, ieri, e quella di Beppino Englaro, oggi. Non è la mia visione delle cose, ma accetto che quella visione sia parte del mondo in cui vivo. Penso tuttavia che questo è il momento in cui un presidente della Repubblica eletto contro il volere della maggioranza reale del paese, che ha però trovato il modo di convivere con tutti gli italiani facendo con grande decenza il proprio mestiere di garante, deve saper distinguere, nella decisione se firmare o no un decreto che salva la vita di Eluana Englaro e afferma un divieto di valore generale, tra la sovranità che appartiene al popolo per volere della Costituzione e il dettato di una sentenza ad hoc, quella che autorizza la messa a morte della signora Englaro, la quale contraddice un principio in cui si riconosce la maggioranza del Parlamento.
Se Napolitano firmasse il decreto che gli sottopone il governo, quel testo chiaro e ispirato al common sense, a una morale non pretenziosa e comprensibile da ciascuno, non si piegherebbe a un'ingerenza del clero cattolico, non cederebbe terreno a una visione integrista e fanatica dell'esistenza, non abdicherebbe allo spirito laico e mondano in cui è cresciuto. Al contrario, farebbe la cosa giusta. La farebbe in nome del fatto che la maggioranza del Parlamento è chiaramente orientata a non consentire che l'idratazione e la nutrizione di un disabile che ha perso la sua autonomia sia sospesa finché morte non sopravvenga, tanto più in esecuzione di una sua volontà presunta. E perfino in nome di qualcosa che va al di là di qualunque maggioranza possibile.
Naturalmente ci sono cento ragioni ipotetiche per essere tentati di non firmare quel decreto o di bloccarlo prima che entri nella sala del Consiglio dei ministri.
Ragioni costituzionali relative ai requisiti di necessità e di urgenza dell'atto. Ragioni afferenti il carattere generale e valido erga omnes che si richiede alla legislazione. Ragioni politiche concernenti il forte elemento di divisione politica e civile che sulla questione è fin dall'inizio evidente. Ragioni di rispetto di una sentenza della magistratura civile di Milano, confermata dalla Cassazione. Ma c'è una ragione minuscola eppure decisiva per cui nessun italiano sensato potrebbe contestare al presidente della Repubblica la firma sotto quel testo: se a Udine si va avanti come minacciato, una cittadina italiana potrebbe subire, unica e sola, una condanna a morte applicata con metodi di disumana ferocia (la fame e la sete), e questo qualche settimana o qualche mese prima che il Parlamento approvi una legge di moratoria, che renderà impossibile il ripetersi di una simile offesa alla dignità della vita umana.
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