Parla il parroco della Quiete
Si è tornati all'antica barbarie
“Quando nascono i volontari della morte, questa è barbarie. E uno che si è candidato a fare il boia con che animo tornerà dai suoi pazienti? Siamo seri: volete che la gente viva soltanto se sana e bella? Allora ditelo chiaramente. Però questo è razzismo e nazismo”
Padre Cristiano Cavedon è il rettore del santuario Madonna delle Grazie, la parrocchia nel cui territorio sorge la casa di riposo “La Quiete”. Conosce bene il mondo della sanità. Ha lavorato per anni come infermiere negli ospedali, è stato in missione in Africa, quindi al Policlinico Gemelli di Roma come assistente ecclesiastico degli studenti di Medicina. A gennaio, sul bollettino parrocchiale era intervenuto con molto vigore sulla vicenda di Eluana, una serie di domande incalzanti e un sigillo: “Per noi non potrà che essere considerata una martire”. Ha accettato di riparlarne col Foglio prima che arrivasse la notizia della morte di Eluana. “Ho preso la parola perché mi ha disturbato il modo con cui è stata affrontata la vicenda. Mi disturba che un tribunale intervenga, che sia necessario creare una squadra di esecuzione, che una struttura pubblica diventi esecutrice di morte. Si è emessa una sentenza su una persona senza una legge sostanziosa a cui rifarsi. A cosa si sono riferiti i giudici, a un pensiero, a un'opinione? Quando studiavo Diritto canonico mi spiegavano che non ci si basa su opinioni ma su elementi solidi. Certo, potrei partire anch'io dal sentimento popolare, dalla gente che solidarizza con quel papà che non ne può più – e dopo diciassette anni si capisce, perché non è più la figlia che sperava e che avrebbe desiderato e non accetta quello che gli è capitato. E' comprensibile che lui volesse in qualche modo farla finita ma ora tutto ciò non riguarda più solo sua figlia, è un modo per aprire le porte all'eutanasia”. Perciò lei parla di strumentalizzazione. “Quando mi portano in casa un problema del genere la discussione non è più teorica, diventa un fatto pratico, pastorale. Io sono il responsabile di una parrocchia della città, ho una chiesa dove abbiamo sempre pregato per la vita. Il nostro santuario è il più frequentato del Friuli, intitolato alla Madre della vita e della grazia, e da sei secoli è il punto di riferimento della fede e delle tradizioni popolari friulane”.
Padre Cristiano è dell'ordine dei Servi di Maria, lo stesso del grande poeta furlan David Maria Turoldo. Lui non è di qui, è veneto, ed è un fatto che ha il suo peso da queste parti. “Sono stato uno dei pochissimi preti in diocesi a intervenire, quasi tutti sono restii. E' un po' nel carattere dei friulani: non perché non pensino certe cose, ma preferiscono mantenere un profilo basso. Sono schivi, defilati, non amano parlare in pubblico ma interiormente sono convinto che la pensino come me, come tutta la chiesa”. Il priore è preoccupato soprattutto per i giovani. “La stragrande maggioranza di loro era per la soppressione della vita a Eluana, senza nemmeno rendersi conto che si tratta di omicidio. Non ha nessuna possibilità di riprendersi… Che cosa la teniamo a fare in questo stato… Meglio farla finita. Cose così. Questo mi allarma. Cosa sta passando nelle nuove generazioni? Quando avranno trenta o quarant'anni potrebbero recuperare alcune idee naziste”. Pratiche eugenetiche? “Certo. Potrebbero dire che i bambini handicappati gravi non servono – già qualche medico dice alle mamme di non partorirli”.
La famigerata selezione prenatale. “Di questo passo avremo anche una selezione postnatale; d'altronde, cosa tenere a fare questi sgorbi della natura? La vita è bella solo se è piena di salute, allegria, tanti soldi. La vita è bella se non è sofferenza. Ma così viene a mancare del tutto quello che questa terra ha sempre vissuto in passato: lavoro, fatica, sofferenza e poche gioie”. Secondo don Cristiano è in atto una rimozione della memoria. “Sta crescendo un generazione che non ha conosciuto la sofferenza. Io stesso sono nato dopo la Seconda guerra mondiale e sono espressione della prima generazione di italiani che arriva alla vecchiaia senza averne fatto una. Per fortuna. Ma chi non ha fatto grandi fatiche e non è passato attraverso il crogiolo della sofferenza farà più difficoltà ad accettarla. Le nuove generazioni non vogliono patire, non vogliono capire che la sofferenza è parte integrante della vita. La sofferenza va vissuta come un fatto positivo. Abbiamo colpa anche noi preti. Con il Giubileo abbiamo abituato i giovani ai grandi eventi, ma sul quotidiano non riusciamo a intercettarli”. Eluana, che diciassette anni fa era una ragazza nel pieno della vita, ha interpellato i giovani. “Che però hanno dato delle risposte molto facili: poveretta lei, poveretto il papà, meglio che una vita così finisca”.
Molti dicono che la chiesa è incapace di compassione. “Ma la compassione non è lasciar fare. Altrimenti bisognava che fossero uccisi i sopravvissuti dei campi di concentramento che avevano alle spalle un'esperienza tremenda, si doveva averne compassione e farla finita. Invece io avrò compassione di Beppino Englaro nel momento in cui dirà: ho sbagliato. Non c'è nessun atto di male che non ci lasci rimorso. Non c'è coscienza così tranquilla che riesca a fare qualunque porcheria senza sentire rimorso”. Eppure molti ritengono che le parole e i gesti messi in atto dalle istituzioni laiche ed ecclesiastiche in questi giorni siano state un'espropriazione della coscienza in nome di un'autorità soffocante. “Dall'altra parte c'è però l'individualismo: io decido per me tutto quello che voglio, il bene e il male. Questa è una coscienza cresciuta senza rendersi conto che nessuno è mai da solo. Vedo che sta venendo meno la responsabilità comunitaria. Manca un'etica condivisa, ogni gruppo ha la propria che si scontra con quella degli altri. Se si dice che per tutti è possibile vivere dignitosamente, mi va bene, ma quando si dice che si fa morire dignitosamente Eluana, qui non c'è nessuna etica né professionale né di altro tipo. Questo è omicidio, puro e semplice.
Lei ha lavorato a lungo negli ospedali. “Anche in sala operatoria, e ho visto un sacco di gente morire. Ma in questa vicenda si stanno millantando delle favole. Siamo seri: volete che la gente non viva più in certe situazioni, viva solo se sana e bella? Allora ditelo chiaramente. Però questo è razzismo e nazismo. Mio padre è stato in carcere due volte, una per colpa dei fascisti e una per colpa dei nazisti, ho due fratelli missionari morti in Africa, io stesso ho dato il sangue a un bambino africano. Perciò non voglio essere tra coloro che permettono queste cose. Piuttosto che togliere la vita agli altri, preferisco dare la mia. Questo è il cristianesimo, questa è la differenza della nostra posizione”. C'è invece chi avverte una certa tiepidezza nella comunità cristiana. “Dopo la mia lettera molti parrocchiani mi hanno ringraziato perché finalmente qualcuno si era esposto. Il problema è che non si devono muovere solo i preti o il Papa. Oggi manca una presa di posizione delle comunità, ci sono solo voci isolate. Ma chi rappresentano? E d'altra parte Beppino Englaro e i suoi chi rappresentano se non una minoranza che vuole imporre una legge a tutta la popolazione?”. In realtà sembra che godano di ampio consenso. “Non semper maior pars est meior pars, diceva san Tommaso. Non bisogna ragionare in termini di quantità ma di qualità. Quando Pannella tanti anni fa fece una battaglia a favore di bimbi maltrattati nel mondo, io lo sostenni perché non guardo l'appartenenza politica. Oggi invece manca la capacità di giudicare le proposte. Basta vedere l'informazione: se c'è una voce dev'esserci per forza la controvoce, ma che parità è?”.
C'è anche chi invoca il silenzio. “Qualcuno è saturo, non ne può più. Anche perché il giornalismo è molto invasivo e le inchieste sono fatte in maniera scorretta, si manipolano gli interventi. Ma la gente queste cose le capisce e chiede luoghi di riflessione autentici. Le sceneggiate alla Santoro non so a chi servano, forse a lui”. La chiesa investe abbastanza in questo lavoro nella formazione delle coscienze? “Di Giovanni Paolo II mi ha sempre impressionato la capacità di ricondurre il particolare in un orizzonte globale. Il Papa attuale lo apprezzo moltissimo perché torna a dare fondamenti e direttive, e poi finalmente si torna alla teologia. In realtà nella chiesa i punti di riferimento per i giovani non sono tantissimi. Ma la chiesa non può fornire un'offerta qualsiasi, deve distinguersi per la qualità del messaggio religioso, fatto di lettura della Parola di Dio, di preghiera e di accoglienza”. E in grado di parlare al mondo. “Su questa vicenda è chiaro che io non mi accodo. Questa era una vita che soffriva. Non era spenta, non era morta. Era una vita che soffriva e andava rispettata come qualsiasi altra vita che soffre. E' un discorso così vasto è ha implicazioni così varie che va addirittura oltre l'ipotesi di una legge sull'eutanasia. Si è tornati all'antica barbarie: costui non serve né per la guerra né per il lavoro, quindi eliminiamolo. Quando nascono i volontari della morte, questa è barbarie. E uno che si è candidato a fare il boia con che animo tornerà ora dai suoi pazienti? Di quale professionalità ci fideremo quando entreremo in un ospedale d'ora in poi? Io lascerei per iscritto di non essere portato da un primario del genere. Ma con quale animo uno d'ora in poi andrà alla ‘Quiete'? Lì ci sono cinquecento anziani che sperano di passare gli ultimi giorni della loro vita assistiti e curati dignitosamente. Tra l'altro è un istituto che ha già avuto due denunce per maltrattamenti. Una casa in cui si porta una persona per farla morire, non perché sta morendo. Il concetto è diverso”.
Per qualcuno era già morta diciassette anni fa. “Tutte balle, diciassette anni fa non si è firmato un certificato di morte e non si è fatto un funerale. Tutto questo rischia di innescare reazioni sociali e politiche. Tra un po' ci sono le elezioni. Sicuramente qualcuno si candiderà e così si compirà la strumentalizzazione della passione e morte di Eluana. Sempre che non ci sia dell'altro”. Si spieghi. “Mi vengono i brividi solo al pensarlo. Dietro potrebbe esserci un progetto di studio con un accordo preventivo. Eluana muore, verrà fatta l'autopsia, il cervello verrà tolto… La mia è solo una sensazione, ma non mi stupirei. Quando sulle ambulanze portavo da Schio a Vicenza i giovani che raccoglievo per strada in coma, l'ospedale li teneva solo nel caso in cui non solo potevano rianimarli ma anche nel caso potessero servire come donatori di organi; se la possibilità non c'era, spesso non li accettavano nemmeno. Io ho lavorato e bazzicato in questi ambienti e so che ci sono tante logiche, non tutte limpide”.
Il Foglio sportivo - in corpore sano