Ma il Pd era una boiata?/2

Già ci manca tutto quell'irripetibile veltronismo

Annalena Benini

Già ci manca, tutto questo veltronismo iper sconfitto, questo Partito democratico allo sbando. Perché non c'è Pd senza Walter, e ora Walter se ne va. Veltroni ha Saturno contro, è evidente, da quando ha cominciato la grande avventura del grande Partito senza tessere ha perso tutto il perdibile, non solo le elezioni.

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    Già ci manca, tutto questo veltronismo iper sconfitto, questo Partito democratico allo sbando. Perché non c'è Pd senza Walter, e ora Walter se ne va. Veltroni ha Saturno contro, è evidente, da quando ha cominciato la grande avventura del grande Partito senza tessere ha perso tutto il perdibile, non solo le elezioni: ha avuto i ladri in casa, Marianna Madia gli ha preferito ItalianiEuropei, persino Sabrina Ferilli l'ha preso a calci, Roma l'ha dimenticato all'istante e in Sardegna Berlusconi ha messo il figlio del suo commercialista con un cognome assurdo, ha raccontato due barzellette, ha fatto la faccia da Billionaire e ha stravinto contro la sardità pura e nuragica, comunque sempre contro il Partito di Walter.

    Qualcosa è finito per sempre, e se il Pd riuscirà a rinascere, a ritrovare senso, avrà comunque perduto il grande sogno di Walter, quella cosa vaporosa che lui riuscì per un attimo a far balenare, almeno fino al Lingotto, e che in un lampo gli si è rivoltata contro e l'ha soffocato. Quel che lo nutre lo uccide (come il tatuaggio che ha da qualche parte Angelina Jolie), quel che sembrava potesse vincere, la bella politica, si è rivelato la più colossale sconfitta del centrosinistra: le maniche di camicia, il gobbo laser, l'Africa, il romanzo da presentare a New York con qualche Kennedy superstite e Ingrid Betancourt ancora rincretinita dalla prigionia, la lettera di un bambino povero e/o malato che ha chiuso immancabilmente ogni suo comizio, l'adorazione per Obama che poi ha vinto e allora Walter voleva farsi nero e riccio ma non gli è riuscito.

    Il Pd non può prescindere da Walter, nemmeno se uccide Walter. Muoiono con lui tutte le cose fantastiche che aveva inventato, che funzionavano: le colonne sonore, “We skipped the light Fandango...” (cioè “A whiter shade of pale” dei Procol Harum, alla fine delle lezioni di bella politica), il cielo con le nuvole a far da sfondo, la citazione sudamericana sull'utopia che non si può raggiungere ma serve per continuare a camminare, il superamento di Venditti e Baglioni con frasi come “Non bisogna lasciarsi vivere”, Antoine de Saint Exupery, Nelson Mandela, Martin Luther King (ma sempre con il problema di essere tendenzialmente pallido, anzi di quelli che in spiaggia all'inizio si scottano, come si vide dalla foto in cui piantava un ombrellone a Sabaudia e che ha sancito l'inizio estetico della fine), e naturalmente coniugando, cercando una sintesi, unendo ma non dividendo, creando un ponte, trovando un punto d'incontro virtuoso. A quel punto Maurizio Crozza ha ucciso Walter e il Pd in poche puntate con il partito Ma Anchista (“Vogliamo essere donne ma anche uomini ma anche altro ma anche no”).
    “La bulimica corsa verso il niente che spesso riempie la solitudine di senso del nostro tempo”, ha scritto pochi giorni fa Walter Veltroni al Corriere della Sera. Parlava d'altro (commentava la vicenda di Eluana Englaro) ma lo dedicava al Partito democratico, che a guardarlo adesso sembra il nulla supremo, ma che allora era un'idea entusiasmante, nuova, e lui il predicatore pop, l'uomo delle stelle.

    “Anche se il mio programma di vita è un altro e so che ci sono luoghi del mio cuore in cui dovrò tornare”, perfino questo disse Veltroni al Lingotto e adesso gli sibileranno: che aspetti, vacci in questa minchia di Africa, ma per un po' ci hanno creduto tutti, al cambiamento, al partito con il leader dei sogni, al romanziere cinefilo e innamorato del jazz, all' unico romano invitato al matrimonio di Tom Cruise, all'adoratore di McEwan che, alla vigilia delle politiche, disse che comunque non aveva più nulla da desiderare visto che era stato citato, appunto, in un romanzo dell'amico Ian. “Mi assumo le responsabilità mie e non. Basta farsi del male, mi dimetto per salvare il progetto al quale ho sempre creduto”, ha detto Walter ieri sera, ovviamente citando Nanni Moretti. Forse sì, è stata tutta una gigantesca idiozia, ma quanto ci manca.

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    • Annalena Benini
    • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.