Il teorema dello scorpione
Alla cerimonia degli addii di Walter Veltroni, Massimo D'Alema non c'era. Né alcuno ha pensato di evocare il suo nome. C'era però il suo fantasma, avvistato dai più competenti osservatori politici e sottopolitici. I quali ricordano che un giorno dei primi anni Novanta D'Alema venne alle mani con Achille Occhetto, insieme al quale aveva defenestrato a suo tempo Alessandro Natta.
Leggi l'intervista a D'Alema su Repubblica - Leggi D'Alema, la rana e lo scorpione di Mattia Feltri sulla Stampa
Alla cerimonia degli addii di Walter Veltroni, Massimo D'Alema non c'era. Né alcuno ha pensato di evocare il suo nome. C'era però il suo fantasma, avvistato dai più competenti osservatori politici e sottopolitici. I quali ricordano che un giorno dei primi anni Novanta D'Alema venne alle mani con Achille Occhetto, insieme al quale aveva defenestrato a suo tempo Alessandro Natta. Il litigio lasciò una scia di risentimento che dura da circa diciotto anni. Poi fu gara per la segreteria con Veltroni: furono consultati i militanti. Dissero Veltroni, segretario diventò D'Alema: nuovo risentimento. In quel tempo fui richiesto di dire chi avrei votato nella consultazione: D'Alema, dissi, perché non conviene fare il segretario di alcunché con un D'Alema al proprio fianco (il teorema dello scorpione). Poi D'Alema inventò, in collaborazione con Beniamino Andreatta e pochi altri, il professor Prodi come alfiere politico dell'Ulivo. Ma ottenuta la vittoria, nel giro di due anni e mezzo lo sostituì di brutto a Palazzo Chigi, insieme con Veltroni che era il suo numero due nel governo. Nuovi risentimenti.
Considerato chissà perché pericoloso, D'Alema fu a sua volta fatto fuori dopo un annetto e qualcosa a Palazzo Chigi. Vince Berlusconi nel 2001, subito dopo, e D'Alema cucina a fuoco vivo Cofferati, che era uscito indenne dalla legislatura litigiosa dell'Ulivo e in nome della coesione sociale voleva guidare una specie di Labour party non si sa bene dove. Cofferati va in Pirelli, poi a Bologna: nuovi risentimenti. In quel periodo il professor Salvati propone sul Foglio un “partito democratico”, specificando chissà perché una clausola di salvaguardia: non deve esserci di mezzo il D'Alema. D'Alema fa spallucce, reinventa Prodi, Prodi 2, pareggiano nel 2006 con Berlusconi, e dopo un anno D'Alema lancia Veltroni come leader del Pd, ciò che Prodi prende come un tradimento meritevole del suo risentimento. Perdono le elezioni l'anno scorso, e D'Alema organizza un partito nel partito, con tanto di tessere, sedi, televisione e giornale. Fa fuori Veltroni, aiutato da un rovescio elettorale dopo l'altro.
Niente di illegittimo. D'Alema è personalità robusta, al Quirinale avrebbe fatto faville, la sua intelligenza & supponenza ci ha spesso protetto dal tedio. In politica si può essere scorpioni, e mordere la rana in mezzo al guado con il rischio di affogare insieme a lei. Ma che addirittura il suo nome non sia citato nella cerimonia degli addii, e nessuno scriva che D'Alema ha liquidato con magnifica arte sicaria, e sempre personalmente, una mezza dozzina di capi del suo partito, ogni volta affettando lealtà e fraternità, questo forse è bizzarro.
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