“Non è testamento biologico”
Calabrò ci dice perché non è vero che chi legifera sul fine vita è perduto
Può per ora essere soddisfatto il senatore Raffaele Calabrò, estensore del disegno di legge sul fine vita adottato come testo base per la discussione parlamentare. Oltre ai voti del Pdl, il testo è passato con sei voti contrari ma con l'astensione di tre esponenti del Pd, compresa la capogruppo Dorina Bianchi.
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Può per ora essere soddisfatto il senatore Raffaele Calabrò, estensore del disegno di legge sul fine vita adottato come testo base per la discussione parlamentare. Oltre ai voti del Pdl, il testo è passato con sei voti contrari ma con l'astensione di tre esponenti del Pd, compresa la capogruppo Dorina Bianchi.
Chi legifera sul fine vita è perduto, diceva in sintesi il Foglio di ieri, perché se si accetta il terreno di battaglia “del diritto positivo, con l'elaborazione di una norma bioetica in cui viene assegnata al cittadino la facoltà di decidere sulla propria vita, gli argomenti più forti” diventano quelli di Beppino Englaro. Il senatore Calabrò dice al Foglio che “la battaglia culturale è prioritaria. Ma il disegno di legge interviene in una realtà in cui la magistratura, il presidente di una regione, il direttore di una struttura sanitaria hanno potuto decidere della vita e della morte di una disabile. Abbiamo l'obbligo di legiferare per impedire che questo sia ancora possibile”.
Calabrò non teme che le buone intenzioni del ddl possano lasciare margini per un loro stravolgimento. Per via di ricorsi alla Corte costituzionale, potrebbero per esempio vanificarsi i limiti posti dalla normativa per quanto riguarda idratazione e alimentazione. Rimarrebbe, in quel caso, la pura e semplice natura eutanasica di qualsiasi forma, anche light, di testamento biologico. Calabrò risponde che “sul piano della costituzionalità non temiamo nulla. L'articolo 32 riconosce la facoltà di scegliere se curarsi o meno per una patologia, se accettarne o meno l'evoluzione naturale. Non è invece consentito dire che ci si vuole suicidare. E alimentazione e idratazione, escluse dal nostro testo dalle dichiarazioni anticipate di trattamento, non sono cure di una patologia, ma sostegni vitali”. Calabrò sottolinea che questo vale anche per le persone in grado di intendere e di volere: “Fu un giudice, durante uno sciopero della fame e della sete di Pannella, a spingere per l'idratazione e l'alimentazione coatte. Succede pure, nei casi di anoressia, che si impongano trattamenti per salvare la vita di chi non vuole più mangiare. Ci sono scelte di vita e di morte che non sono autorizzato a fare, altrimenti il codice penale non condannerebbe la cooperazione al suicidio. Se è possibile dare indicazioni per le terapie, non è possibile stabilire una via per il proprio suicidio”.
Il senatore Calabrò spiega anche perché “si è scelta una definizione diversa da ‘testamento biologico'. Il testamento rimanda a una fissità e a una esecutività che contrasterebbero con la salvaguardia del ruolo del medico, della sua possibilità di agire in scienza e coscienza, a partire dagli orientamenti espressi nelle dichiarazioni anticipate dal singolo ma nel confronto con il fiduciario. Perché è dal colloquio tra medico e fiduciario che nascono alla fine le decisioni”. C'è anche chi obietta che a interventi come l'inserimento di un sondino nasogastrico non si possa negare la natura di atto sanitario. Il quale, in quanto tale, se è rifiutabile da chi è capace di intendere e di volere dovrebbe esserlo anche da chi non lo è più, attraverso le disposizioni anticipate: “Ma non è così – risponde Calabrò – perché non è lo strumento che fa l'atto sanitario. Dare il biberon è un atto sanitario? No, naturalmente. Atto sanitario è quello che cura una determinata patologia. Il sondino nasogastrico è un mezzo che non incide sulla patologia di base”. Infine, Calabrò sottolinea che “quella che combattiamo non è una battaglia dei cattolici contro i laici. E' una battaglia dei laici credenti e non credenti, che risponde alla cultura e la civiltà di questo paese”.
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