Fondi o non fondi, Baricco e Cerami si tirano addosso verdura cotta
Una volta era tutto un mondo: la bella gente e i meglio scrittori si battevano, compatti e ardenti, sul fronte democratico. Ora, ciò che Walter amorevolmente unì, la sorte crudele divide. O forse la fine del ciclo veltroniano c'entra poco, ed è solo il caso che si fa spietato. C'erano una volta (cioè, ci sono ancora) due scrittori che, insieme, fornivano l'ideale sommatoria di ogni immaginario di Walter.
Una volta era tutto un mondo: la bella gente e i meglio scrittori si battevano, compatti e ardenti, sul fronte democratico. Ora, ciò che Walter amorevolmente unì, la sorte crudele divide. O forse la fine del ciclo veltroniano c'entra poco, ed è solo il caso che si fa spietato. Vabbé, a farla corta. C'erano una volta (cioè, ci sono ancora) due scrittori che, insieme, fornivano l'ideale sommatoria di ogni immaginario di Walter: Alessandro Baricco e Vincenzo Cerami. E infatti, tanto lui li amava, tanto loro lo stimavano. Disse il primo, esageratamente definito da l'Espresso “intellettuale organico”: “Veltroni ministro della Cultura è una sicurezza per tutti”.
E disse bene, tant'è che Veltroni avrebbe potuto usare le stesse identiche parole per Cerami, e infatti lo fece a sua volta ministro della Cultura (del governo ombra, perché quello c'era, ma sempre ministro era, e poi quel che conta è l'intenzione). Erano giorni se non di gloria certo di vigile speranza, e se Baricco al Teatro Argentina illustrava il libro di Walter “Il disco del mondo. Vita breve di Luca Flores, musicista”, anni e anni prima lo scrittore presentato aveva a sua volta lodato lo scrittore presentatore: “Alessandro Baricco, in un suo bellissimo articolo su La Stampa, ha citato, come esempi di tristezza, il circo e la verdura cotta”. E questa faccenda baricconiana della verdura cotta fu per Veltroni motivo di azzeccata metafora e di felice previsione: “La verdura cotta sembra insalata presa a schiaffi, insultata, straziata” – e mica sarà un caso che, guarda un po', Rutelli si dirà in seguito mangiatore coatto di cicoria (con pane, ma tanta cicoria)?
Tutto questo per significare di come e quanto un intero mondo sa comunicare e prestarsi a suggestioni. Ma ora che Walter ha abbandonato la strada del sogno democratico per imboccare i vialetti di Villa Borghese, con ingenerosa casualità i fronti si mischiano e le polemiche si accendono. Tra chi lodò Veltroni ministro e tra chi Veltroni ministro (ombra) volle, uno di qua e l'altro di là. Martedì, su Repubblica, con immaginifica metafora, “nella ceramica di tante vite individuali, ma anche nel muro di pietra del nostro convivere civile” (praticamente, dalla tristezza del verduraio a quella dell'edile), Baricco evocava piccole crepe che diventano enormi, e per dirla con efficacia “l'idea di avvitare viti nel legno per rendere il tavolo più robusto è buona: ma il fatto è che avvitiamo a martellate, o con forbicine da unghie. Avvitiamo col pelapatate” (e siamo alla tristezza del falegname) – tutto detto e tutto spiegato, insomma: non c'è più grana – non sarebbe meglio, come titola il quotidiano, “basta soldi pubblici al teatro meglio puntare su scuola e Tv”? A Vincenzo Cerami, che ha appena rivisto la luce dopo mesi all'ombra del governo, la faccenda proprio non è andata giù.
E su l'Unità (che per inciso pubblica bellissima foto con bellissimo profilo su bellissimo sfondo turchese del Baricco stesso), gliele canta e gliele suona. Intanto, praticamente accusa lo scrittore, che ha rimesso nientemeno a nuovo l'Iliade di Omero, quasi quasi di farsi anziché epico berlusconiano, “fiancheggia l'attuale politica culturale di questo governo”, e lo fa persino con “tono salottiero” – sarà il gozzoniano richiamo alla ceramica tarata? – mentre “avrebbe dovuto essere meno ‘veloce' e riflettere di più” e “soprattutto sarebbe stato meglio se si fosse informato sulle cose di cui parla”. Un frontale mica da niente, tra due scrittori che furono tanto cari al cuore generoso di Walter. Ma la requisitoria di Cerami è parecchio lunga, e allora “do una bella notizia a Baricco”, visto che tagliare vuole, “già più di 400 teatri sono stati chiusi”, disoccupati a migliaia, “altro che Fiat e Alitalia”. E sfotte: “Non si capisce perché Baricco si scaldi tanto quando questo governo sta facendo esattamente ciò che lui si augura”. La proposta che ha avanzato l'autore di “Seta”, è stata variamente osteggiata o apprezzata, da Muti a Zeffirelli su un fronte, Fo e Franca Valeri sull'altro, ma di sicuro la polemica innescata da Cerami è quella che più solletica curiosità.
Perché la sorte è strana, seppure Baricco sapeva cosa andava a stuzzicare, “per l'ulcera di tanti”, considerato che “la battaglia era giusta, ma la linea di difesa sbagliata. O friabile. O marcia. O corrotta” – insomma, una frana. Lo stesso Cerami mostra stupore, anzi indignazione, e casomai parlasse Tremonti della faccenda pecuniaria, invece lo fa “lo scrittore, regista e drammaturgo Baricco”, ed essendo alla luce dopo l'ombra ministeriale, l'autore de “Un borghese piccolo piccolo” lo dice chiaro, e lo dice per la seconda volta: “Baricco, per amore forse della stravaganza, si rende complice (spero involontariamente) di un disegno molto preciso e progettato a tavolino”. Evocando ciascuno l'impresentabilità culturale del Grande Fratello, presidiano adesso trincee opposte. E se si stanno solo aprendo crepe nella ceramica, chissà com'è che i cocci già si vedono.
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