Il bello delle libertà
Un tempio fosforescente, come durante la grandeur architettata da Filippo Panseca, una piramide, un arco di trionfo, un partenone al neon, una scalinata di specchi, una sauna con dentro Apicella che canta una canzone di Battisti. O il solito sfondo azzurro, il palchetto, il leggio, il fondotinta, lo slogan, il sorriso assoluto, le bandiere e le facce giovani e lisce.
Un tempio fosforescente, come durante la grandeur architettata da Filippo Panseca, una piramide, un arco di trionfo, un partenone al neon, una scalinata di specchi, una sauna con dentro Apicella che canta una canzone di Battisti. O il solito sfondo azzurro, il palchetto, il leggio, il fondotinta, lo slogan, il sorriso assoluto, le bandiere e le facce giovani e lisce in platea ad applaudire, una scultura di Boccioni, forse qualche zang tumb tumb di Marinetti sparato sui muri. L'estetica del primo congresso del Popolo delle libertà, che fonde Forza Italia con Alleanza nazionale ma venera un solo dio, il Cav, sarà fondamentale (il Secolo d'Italia ieri scriveva: “Il karaoke non basta”, e durante l'inaugurazione della mostra sui Futuristi, a Roma, Gianfranco Fini, Gianni Alemanno, Umberto Croppi passeggiavano insieme per le sale sentendosi tenebrosi rappresentanti di un'estetica assai maschia e futurista – a parte l'aranciatura del volto di Fini, forse tornato da poco dalle immersioni invernali –, applaudita da signore mature e in estasi, con le sopracciglia tatuate). Bisogna decidere che fare, manca poco più di un mese: a Fiuggi riuscirono a mettere insieme il senso alto del dramma, con il buio nella sala e il portamento eretto di chi ha scelto per sempre la svolta e conserva la morte silenziosa nel cuore. Forza Italia invece non è per niente abituata ai drammi, Berlusconi non sopporta i musi lunghi, i colori scuri, le lacrime: vuole la festa attorno al proprio corpo e alle proprie parole, al massimo una chitarrina o un pianoforte (ma deve suonarli lui, devono cantare i versi creati da lui), poi i bei ragazzi, le hostess, i denti bianchissimi, niente barbe che facciano scapigliata cupezza. Soprattutto il Cav. ad ascoltare i discorsi seri degli altri si annoia, si suicida, si addormenta, oppure finge uno svenimento per riavere a sé gli sguardi.
Gli slogan di Silvio e Gianfranco
Sarà difficilissimo anche scegliere le musiche della fusione: attingere al Festival di Sanremo è improponibile (“Luca era gay e adesso sta con lei” racconta di una trasformazione in effetti, ma l'autoironia non è la dote principale di Alleanza nazionale). Giorgia Meloni vorrà Antonello Venditti, Elio Vito non saprà nemmeno chi sia Venditti, qualcuno scherzando proporrà Corrado Guzzanti che fa Venditti, cioè “Grande raccordo anulare”, perfetta per celebrare la storica unione dei due grandi partiti nella capitale d'Italia, darebbe anche un senso patriottico all'insieme: “E se nasce una bambina poi la chiameremo Rrooma, er fratello lo chiamiamo: Cuppolonee”. Stefania Prestigiacomo però potrebbe morirne: una canzone per niente chic. E' un'impresa ardua, ben più che governare, mettere d'accordo l'estetica delle anime, e sarà un problema anche scegliere lo slogan del congresso, che deve essere uno soltanto e significare coesione, ottimismo, fiducia. Forse a Silvio potrebbe piacere la rivisitazione di un classico, ma attualizzato: “Siamo tantissimi, saremo ricchissimi”, semplice, diretto e benaugurante, ma senz'altro Gianfranco avrà in mente qualcosa di destra moderna con assonanze marinettiane, “Faremo il futuro”, almeno. Ci sarà da azzuffarsi anche sulle cravatte (si spera sempre nell'editto che vieti i nodi larghi), sui tacchi, sui predellini, sulle scollature delle ragazze, solitamente più accentuate in Forza Italia. Forse alla fine il Cav. si innervosirà, butterà fuori tutti, chiederà in faccia una telecamera (con sopra la calza però) e farà da sé anche gli applausi.
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