L'arca di José/2
E' il D'Alema della serie A
José Mourinho è razzialmente sfacciato. Ecco tutto. L'antipatia non c'entra niente, è un dato accessorio e opinabile e in fondo, dal sublime Zdenek Zeman e dall'ipocrita Fabio Capello in giù, oggi gode anche di sana e robusta letteratura calcistica. No, per spiegare il caso Mourinho bisogna scomodare i Cavalli-Sforza padre e figlio, questi due genetisti convinti assertori che le razze siano un'invenzione umana per catalogare i bovini.
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José Mourinho è razzialmente sfacciato. Ecco tutto. L'antipatia non c'entra niente, è un dato accessorio e opinabile e in fondo, dal sublime Zdenek Zeman e dall'ipocrita Fabio Capello in giù, oggi gode anche di sana e robusta letteratura calcistica. No, per spiegare il caso Mourinho bisogna scomodare i Cavalli-Sforza padre e figlio, questi due genetisti convinti assertori che le razze siano un'invenzione umana per catalogare i bovini; questi due ragionieri del Dna persuasi che l'unica realtà antropologica culturalmente accettabile sia il meticciato, salvo poi glissare sull'origine dei ceppi che si meticciano.
Mourinho sarebbe appunto la fortuna dei Cavalli-Sforza, in quanto meticcio di altissimo rango proveniente da terra di frontiera (Portogallo) e in quanto platealmente dotato di una faccia bronzea che va al di là dell'incarnato. Nervoso al limite dell'insofferenza, incomparabilmente sicuro della propria bravura, dispettoso e provocatorio come una gomitata in area di rigore quando l'arbitro sta guardando dall'altra parte, Mourinho è il più fedele interprete del calcio nell'epoca della sua contorsione belluina. E' un complimento che si rivolge volentieri all'unico allenatore capace di far saltare i nervi al rotondo Carlo Ancelotti, il quale di suo non digrignerebbe i denti neppure davanti allo specchio. Invece Mourinho ci è riuscito e quasi nessuno si ricorda con quali frasi, con quale sberleffo. Lo stesso è accaduto con l'allenatore della Juventus Claudio Ranieri e addirittura con il presidente dell'Inter Moratti che di Mourinho è il datore di lavoro. Sfacciato dunque, al limite del jemenfoutisme, ma tutt'altro che naturale. Ecco il punto: l'antipatia è un dono dello spirito. Si può nascere col mento sfuggente del vile, col mento eccessivo del tracotante (Fabio Capello), con le labbra filiformi dell'introverso (Dino Zoff), con le mani tozze e pallide del contabile (è in ogni luogo di lavoro) o con le rughe sdegnose di un re senza corona (una fortuna incontrarle). Tutto questo rientra nell'ordine dell'antipatia naturale, benevola o matrigna, e si accompagna poi con un contegno adeguato. Zeman, per dire, è un antipatico per eccellenza fin dalle righe del volto. E' nato meravigliosamente così.
Mourinho nient'affatto, lui è il prodotto di un capolavoro studiato nelle pose, sudato in anni di teatro a bordo campo e in sala stampa. Ogni sua movenza tradisce l'arte della recitazione combinata con i successi pallonari tipici dello sgobbone, di uno che è andato a scuola e ora si gode il profitto. Anche in questo, sopra tutto per questo è perfettamente meticcio nella sua anima di attore, nella sua maschera portata sul palcoscenico e nella mescolanza dei generi che alterna nel palinsesto settimanale. Dallo sbuffo tragico per il gol mancato al dramma satiresco per le notti brave dei suoi calciatori interisti (su tutti Adriano).
Un biografo su di lui ha scritto questo: “Alle volte può sembrare che sia quel tipo di persona che non sceglie i suoi nemici e che siano i nemici a sceglierlo. Errore. Mourinho sa esattamente quali nemici ha, è stato lui a sceglierli e il trattamento differenziato che riserva loro dipende dal grado di importanza che attribuisce a ognuno”. Sembra quasi una didascalia sottostante a una foto di Massimo D'Alema, un altro meticcio mediterraneo che ha dovuto studiare una vita per uscire dalla sfiga ed entrare nel ceto degli sfacciati confusi con gli antipatici naturali (D'Alema nel suo campo è il migliore in circolazione ma se fosse davvero un antipatico non sembrerebbe mai un barbiere ripulito come invece accade quando va in televisione). Dopotutto José Mourinho è un po' il Massimo D'Alema della serie A, con lo svantaggio di non essere romanista come lui e la stessa condanna a dover vincere qualcosa di vero facendo finta di poterne tranquillamente fare a meno.
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