L'arca di José/3

E' come Frank Zappa, un genio

Christian Rocca

José Mourinho con gli indossatori di scudetti altrui non c'entra nulla. Non potrebbero essere più diversi. E non solo perché l'allenatore col cappotto al contrario del precedente allenatore con sciarpa i tornei è abituato a vincerli sul campo e contro veri avversari che giocano a calcio. Non c'entrano nulla perché sono due categorie umane tra le più lontane tra quelle presenti in natura. Leggi: Chi lo odia si merita Raisport - E' il D'Alema della serie A - Guarda tutte le vignette di Vincino sull'allenatore dell'Inter

    José Mourinho con gli indossatori di scudetti altrui non c'entra nulla. Non potrebbero essere più diversi. E non solo perché l'allenatore col cappotto al contrario del precedente allenatore con sciarpa i tornei è abituato a vincerli sul campo e contro veri avversari che giocano a calcio. Non c'entrano nulla perché sono due categorie umane tra le più lontane tra quelle presenti in natura. Dico, ma avete presente la lagna interista di Beppe Severgnini, il fighettismo intellò di Michele Serra e lo zapaterismo politico della tribuna vip di San Siro? La cialtroneria guascona di Mourinho è tutt'altra cosa, certamente più a suo agio con il pane e salame di Luciano Moggi che a una colazione di lavoro con i poteri forti del salotto buono della finanza.

    La verità è che non esiste un essere umano più antropologicamente juventino di Mourinho, e non lo dico soltanto perché l'allenatore portoghese è autore di indimenticabili brocardi da scolpire nel marmo degli edifici pubblici come quello che, indirizzato ai suoi indossatori di scudetti altrui, recita: “Il primo scudetto lo avete vinto in segreteria, il secondo perché non c'era nessuno, il terzo all'ultimo minuto. Siete una squadra di…”. No, non è per quel meraviglioso “in segreteria” che non vuol dire niente ma fa intendere tutto che nell'eterno dilemma se Mourinho sia un genio o un bluff sostengo con convinzione la tesi della sua grandezza intellettuale.
    Intanto, non sono precisamente d'accordo con la tesi mourinhana sulle cosiddette vittorie degli indossatori: per me il terzo scudetto, così come questo quarto che la squadra petrol-chic si è aggiudicata prima ancora di cominciare, sono arrivati soltanto grazie alla circonvenzione di incapace, a essere buoni, con cui è stato soffiato alla nuova Juventus il più devastante calciatore del mondo, ovvero Zlatan Ibrahimovic.

    Mourinho è un genio, così come lo era Frank Zappa, un altro grande personaggio controverso su cui è rimasto sempre il dubbio che con la sua musica strampalata ci stesse prendendo tutti in giro. C'è invece chi sostiene che sia Forrest Gump, Chance il giardiniere, addirittura l'Oronzo Canà interpretato da Lino Banfi. Se grattate a fondo, sotto la certezza di chi la pensa così, di chi non capisce la grandezza di Mourinho, si scopre sempre uno di quelli convinti che il calcio sia spettacolo, che si batte per la moviola in campo, che fantastica con formazioni da figurine Panini, che parla di diagonali e ripartenze e non si capisce bene per quale motivo vuole sempre dare respiro alla manovra. Solitamente sono sostenitori di Zeman, uno che non ha mai vinto nemmeno quando allenava il Bacigalupo di Dell'Utri, altro che Moggi. Che spettacolo, però. Tanto poi c'è un arbitro cornuto con cui prendersela per giustificare la delusione di fine utopia.

    Mourinho è uno serio, un allenatore che va al sodo, che sa cogliere l'essenza del calcio, esattamente come Fabio Capello, e l'essenza del calcio è vincere le partite triturando l'avversario con la classe e i muscoli. Le squadre di Mourinho sono formidabili, come quelle di Capello. E non è un caso che i due vincano ovunque giochino, specie se possono contare su Ibrahimovic. A certi livelli tutte le squadre si equivalgono e a fare la differenza molto spesso sono elementi psicologici e tattici più che quelli tecnici. Eppure c'è chi è sinceramente convinto che l'Inter di Mourinho, come la Juve di sempre, vince perché aiutata dagli arbitri a fare gol con le mani e a subire rigori soltanto nei rari tempi di crisi petrolifera. Stupidaggini. Mourinho vince intanto perché in Italia non ha avversari, ma la sua filosofia di gioco è simile a quella di Capello, cioè punta a mettere in campo una squadra che “fa cagare sotto gli avversari” (copyright del filosofo italo-argentino Mauro German Camoranesi ai tempi in cui Juventus-Inter era ancora una partita di calcio, sebbene senza storia). Guardate chi mette in campo, l'allenatore col cappotto. Pochi frizzi, nessun lazzo, ma centrocampisti marcantoni, attaccanti dal fisico bestiale e difensori carriarmati che farebbero paura anche alle ronde padane.
    Mourinho, poi, è lo juventino perfetto. Un antipatico vero, arrogante, uno che non chiagne, ma che fotte tantissimo. Un genio che si lamenta degli arbitri soltanto quando hanno fischiato sfacciatamente a favore. Sarebbe l'allenatore ideale per la Juventus, se solo esistesse ancora.

    Leggi: Chi lo odia si merita Raisport, E' il D'Alema della serie A

    Guarda tutte le vignette di Vincino sull'allenatore dell'Inter