Verso il congresso fondativo
Tremonti non ha ancora un incarico nel Pdl ma la sua corrente c'è già
Gianfranco Fini probabilmente rappresenterà il Pdl all'interno del Partito popolare europeo e non avrà incarichi ufficiali nel nuovo partito. Ma archiviato il problema Fini, adesso è possibile che si apra una questione Giulio Tremonti. Che ruolo avrà in seno al partito unico del centrodestra il ministro dell'Economia “più colto d'Europa” (definizione di Tony Blair)?
Gianfranco Fini probabilmente rappresenterà il Pdl all'interno del Partito popolare europeo e non avrà incarichi ufficiali nel nuovo partito. Ma archiviato il problema Fini, adesso è possibile che si apra una questione Giulio Tremonti. Che ruolo avrà in seno al partito unico del centrodestra il ministro dell'Economia “più colto d'Europa” (definizione di Tony Blair)? Della bozza di statuto del Pdl circolano almeno tre versioni, tutte inaffidabili, più una miriade di controbozze e bozze alternative prodotte da An e rifiutate da Forza Italia. Così sulla struttura del nascente partito unico in realtà c'è molto poco di sicuro su cui valga la pena almanaccare. E' noto tuttavia che il Cav. vagheggia il coinvolgimento dei propri ministri ed è praticamente sicuro che il Cdm venga cooptato in blocco all'interno dell'esecutivo (o direzione) del Pdl.
Non ci sono, per adesso, ruoli di vicepresidenza, ovvero incarichi di rilievo da affidare a personalità dai contorni forti come Tremonti. Ma è davvero possibile lasciare fuori – o includere in un organismo “tra pari” come l'esecutivo – il ministro considerato il guru economico del centrodestra, l'intellettuale che ha preconizzato l'abbattersi della crisi, il vicepresidente di FI, “il genio dell'economia”, come lo ha definito pochi mesi fa Gianni Letta? Forse no. “L'unico che ha un'idea chiara del Pdl in questo momento – dicono i vertici di FI – è Berlusconi” e sondarne i pensieri è impresa impossibile. Di sicuro, dicono, la questione Tremonti è stata sollevata in alcune occasioni pubbliche e pertanto il Cav. non può non averci pensato. Altrettanto sicuro è che il ministro accetterebbe volentieri, qualora gli venisse proposto, un incarico di responsabilità politica. Di più: Tremonti – dice chi lo conosce – “aspira” a un ruolo nel nuovo Pdl e d'altra parte non c'è niente che lo deluda quanto la fredda definizione di “tecnico” che spesso gli viene cucita addosso. Anche perché “ha già un ruolo politico di spicco”.
Tremonti è vicepresidente di FI, un incarico che – si racconta – il ministro ha fortemente voluto. Difatti è, sì, un “tecnico” ma è soprattutto un maître à penser del centrodestra, la cerniera dei rapporti tra il berlusconismo e Bossi, l'autore di tanta parte del programma elettorale del Pdl che “senza di lui, oggi, avrebbe tutto un altro volto”. Intorno a Tremonti ruota anche una singolare triangolazione che comprende Roberto Formigoni, Gianni Alemanno e Maurizio Sacconi. Una lobby tremontiana? Quasi. La quadruplice intesa è stata evidenziata da Alemanno, che parla apertamente di “corrente identitaria”. Per il sindaco di Roma “con Tremonti, Sacconi e Formigoni abbiamo una tale consonanza di vedute” che non potrà non pesare al congresso. D'altra parte Formigoni ha siglato con il ministro un “patto” di solidarietà sull'Expo e non lesina elogi per la sua teoria economica. Come pure Sacconi – smentendo gli screzi caratteriali – ha stretto con Tremonti un vincolo di coordinamento, cesellando a quattro mani, in una sorta di pre-Cdm, i provvedimenti più importanti: dalla Finanziaria alla manovra triennale. Ma nei gruppi parlamentari (tendenza FI), dove Tremonti non è sempre popolare, chiosano: “Le alleanze con Tremonti non reggono mai. Vedrete. Non ha il temperamento giusto”.
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