José dell'altro mondo
Il Moggi nerazzurro
Naturalmente il presidente della Juventus Giovanni Cobolli Gigli – uno che interpreterebbe alla perfezione l'eleganza bauscia dei salotti buoni del club di Massimo Moratti – non ha capito che cosa intendesse dire José Mourinho nella meravigliosa e surreale conferenza stampa dell'altro giorno.
Leggi Una personalità da culto, una grande “moupolitica” - A Mou duro - Leggi e ascolta l'intervista a Giuliano Ferrara: "Per lui diventerei interista" - Leggi Così Mou è diventato l'allenatore con lo spin doctor incorporato - Guarda il video della conferenza stampa - Leggi Io sono il film - Leggi E' come Frank Zappa, un genio - Chi lo odia si merita Raisport - E' il D'Alema della serie A - Guarda le vignette di Vincino - Leggi il ritratto di Beppe di Corrado
Naturalmente il presidente della Juventus Giovanni Cobolli Gigli – uno che interpreterebbe alla perfezione l'eleganza bauscia dei salotti buoni del club di Massimo Moratti – non ha capito che cosa intendesse dire José Mourinho nella meravigliosa e surreale conferenza stampa dell'altro giorno, quando l'allenatore degli indossatori di scudetti altrui ha accusato la Juventus e la Roma di aver ricevuto enormi favori arbitrali. Mourinho è un genio, anche perché non avrebbe potuto spararla più grossa. Una cosa del genere, l'avrebbe potuta fare o dire soltanto Luciano Moggi. E, infatti, Mourinho è il Moggi della panchina. Solo Mou & Lu infatti si possono permettere di sentenziare già a metà campionato che gli avversari vinceranno “zero trofei”. Certo, quando lo diceva Moggi gli si scatenavano contro poteri forti, procure della Repubblica e la dietrologia comica dei tanti Torquemada da bar dello sport, mentre al massimo il grande Mou deve vedersela con un editoriale di Edmondo Berselli.
Ogni volta che gli indossatori di scudetti altrui sono smaccatamente aiutati dagli arbitri – cose che capitano spesso ai più forti, a causa della famosa “sudditanza psicologica” che non è un caso sia un'espressione inventata per l'Inter di Moratti senior e Italo Allodi, il maestro di Luciano Moggi – l'allenatore-filosofo portoghese subito si lamenta di ingiustizie subite e di favori concessi agli avversari. E così riesce a non far parlare più dei favori. Un grandissimo. La cosa più interessante di quella conferenza stampa di Mourinho – naturalmente non capìta da Cobolli Gigli, cioè dal vero erede di Facchetti, altro che Santon – è il messaggio subliminale contenuto in quella specie di trattato filosofico sciorinato di fronte agli attoniti cronisti sportivi. Mourinho ha detto che mancano “novanta-uno” giorni alla fine del campionato, dopodiché finalmente saluterà e non parlerà più alla stampa. Ecco, “novanta-uno”.
Quel “novanta-uno” non è un numero a caso. E' un numero emblematico, evocatico, leggendario. Oserei dire: juventino.
Nella storia dell'umanità, infatti, il numero novantuno si ricorda soltanto per un episodio, vuol dire solo una cosa. E questo episodio e questa cosa sono il formidabile “novantuno punti, teste di cazzo!” pronunciato in televisione, anzi scolpito nel marmo catodico, da un altro filosofo morale, Giampiero Mughini. Saranno passati più o meno tre anni da quando, alle plebi barabbiste indottrinate dalle pravde rosa che si trovano sui banconi dei gelati nei bar dello sport, il grande Mughini disse che quello scudetto vinto mirabilmente sul campo dalla Juventus non solo era valido, ma addirittura sontuoso, perché, appunto, conquistato con “novantuno punti, teste di cazzo!”.
Mourinho è uno juventino vero, quanto a guasconeria, arroganza e indisponibilità a riconoscere i favori arbitrali. Io, per esempio, penso che il grande scandalo del giorno di Ronaldo-Iuliano non sia stato il contattino regolarissimo tra l'attaccante e il difensore, ma il fatto che sul rigore successivo concesso alla Juve, e generosamente sbagliato da Del Piero, il portiere nerazzurro Pagliuca si sia mosso chiaramente in anticipo. Mou avrebbe potuto fare la sua sparata domenica sera, ma i giorni alla fine del campionato sarebbero stati “novantatré”, oppure lunedì (novantadue) o magari ieri sera (novanta), invece ha preferito farlo proprio il giorno dei novantuno.
Più juventino di così! Tenetelo d'occhio, perché la prossima sparata potrebbe farla a maggio, magari nel delizioso cinque maggio, quando mancheranno ventinove giorni alla fine del torneo, ventinove come il numero degli scudetti vinti sul campo dalla Juventus. Io sarò anche esagerato a definire Mourinho l'incarnazione antropologica della juventinità, ma avete notato l'imbarazzo della nutrita e solitamente rumorosa tribuna vip interista per lo scandalo quotidiano delle parole di Mourinho? Beppe Severgnini, Michele Serra, Gad Lerner e tutta quell'infinita lista di tifosi e comici senza dignità di cognome (Aldo, Giovanni, Giacomo, Gino, Michele, subcomandante Marcos) che sprizza impegno e cultura da tutti i pori e predica bontà, moralismo e società multiculti sono senza parole.
Hanno impostato vita, carriera e poltroncine rosse nella tribuna di San Siro per combattere l'inciviltà, la prepotenza e l'impresentabilità sociale di gente come Mourinho. Deve essere uno choc, per loro, essere additati come il potere vero (lo erano anche prima, ma si nascondevano dietro i capelloni di Mancini) e non come gli eterni sfigati, ma in fondo giusti, come ai bei tempi in cui si voleva fare la rivoluzione. Ora che c'è Mourinho, lo juventino perfetto, diventa inservibile la rassicurante lagna severgniniana, è finita l'era della superiorità antropologica micheleserriana, si è detto adios al rispetto delle culture altrui gadlerneriane. Io non so se Vincenzo Consolo sia interista, ma stavolta davvero ce n'è a sufficienza per lasciare Milano una volta per tutte.
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