Mousinho

Maurizio Crippa

"Sono orgoglioso di me”. E figurarsi noi, se non siamo pure noi orgogliosi dell'“Amourinho nostro”, delle smorfie che fa e delle cose che oggi (non) dice; lì seduti in aula, calamitati dall'uomo in cattedra come matricole del college nell'Ivy League della comunicazione sportiva, alla nuova lezione, dopo quella medievale, del nouveau philosophe che sta picconando il pianeta calcistico italiano.

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    "Sono orgoglioso di me”. E figurarsi noi, se non siamo pure noi orgogliosi dell'“Amourinho nostro”, delle smorfie che fa e delle cose che oggi (non) dice; lì seduti in aula, calamitati dall'uomo in cattedra come matricole del college nell'Ivy League della comunicazione sportiva, alla nuova lezione, dopo quella medievale, del nouveau philosophe che sta picconando il pianeta calcistico italiano.

    Ieri seconda lectio magistralis, nell'aula magna di Appiano Gentile. Divina: come fare il Mou imbronciato. Sottotitolo e traccia per l'esercitazione degli studenti: come fare scena muta, usare anche meno monosillabi di quelli che di solito smozzica il sentenzioso Ibra nei dopopartita, lasciare tutti con un mucchio di dubbi su quel che succederà in futuro e persino sulle presenti qualità dell'organico non titolare. E fare ugualmente uno show che strappa una manciata di risate, nemmeno a denti stretti, al pubblico giornalista e non pagante. Poi alzarsi e andarsene, regalando un sorriso finale perché in fondo l'uomo è un pezzo di pane, non è il maleducato che gli cuciono addosso gli invidiosi, sicuro che ne parleranno tutti lo stesso. Lezioni di Mou laconico.

    Un'esibizione tutta in levare, dopo quella tutta in battere. Pronti via: “Si può dire che il Genoa è una delle squadre che sta giocando meglio?”.
    “Sì”.
    “Tutto questo terremoto, sapendo che Mourinho è uno che si espone sempre anche per difendere la sua squadra, non c'è possibilità che rischi di fare un danno, magari di tipo psicologico, all'Inter?”
    “Risposta vostra. E' la risposta che voi dovete dare”.
    “Lei dice sempre quello che pensa, non crede che nel calcio italiano serva maggiore serenità?”.
    “Hai risposto tu. Io sono qui da otto mesi, tu da trenta e quarant'anni, sei più qualificato a rispondere”.
    “Da quando la seguo è la prima volta che la vedo teso, quasi arrabbiato”.
    “Non è vero”.
    “E' una sensazione?”.
    “Sensazione”.
    “Ma…”.
    “Mi piace cambiare. In conferenza stampa una volta sono arrivato senza capelli, adesso stanno cresendo. Un giorno con la barba lunga, oggi sono assolutamente perfetto”. Ride: “No, non sono arrabbiato. Se vuoi trovare un unico aggettivo per dire come mi sento, non è certo arrabbiato”.
    “Qual è?”.
    “Orgoglioso”.
    “Di…”?
    “Di me”.
    “Che Mourinho è quello visto oggi?”.
    “Mourinho…”.

    C'è tutto, il calcio e la tensione per le prossime partite. Ma c'è anche un modo di parlarne e (non) che è spettacolo a sé, è comunicativa pura. Non le manda a dire anche quando tace. E sta facendo scuola, il filosofo. Tolto qualche renitente alle regole della comunicazione, come Claudio Ranieri, che ieri per tacere è incappato nel più insipido dei luoghi comuni, “non sono abbastanza libero da poter dire tutto quello che penso. Mi autocensuro”, altri giovani allievi crescono. Come il tecnico del Genoa Giampiero Gasperini, che ha rotto il coro delle fregnacce anti Mou: “Ha detto cose probabilmente un po' pesanti, o forse non equilibrate sotto l'aspetto dei termini: però certi concetti espressi da un allenatore importante come lui, una persona di cultura che ha vissuto esperienze in altri paesi, non vanno sottovalutati e magari ci devono indurre a osservare un po' meglio la nostra realtà”.

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    • Maurizio Crippa
    • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

      E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"