Londra-Zurigo solo andata. L'ultimo viaggio dei coniugi Duff

Giulio Meotti

Un “angelo della morte” aveva preparato la dose di barbiturici. Così si sono uccisi il magnate inglese e sua moglie. Anche tanti italiani si sono spenti dopo aver sborsato quattromila euro. Non c'è bisogno di essere cittadini svizzeri: paghi e muori. Tanti i malati non terminali, in attesa dei bambini.

    Dignitas più che somministrarla, la “buona morte”, la prepara. Il compito spetta all'infermiera Erika Luley. L'aiuto al suicidio in Svizzera è autorizzato se il paziente compie il gesto finale. Nessuno può indurlo a bere o passargli la dose di pentobarbital sodico diluito con acqua. Quando tutto è finito, Erika controlla il polso e telefona alla polizia che apre un'inchiesta che finisce con una nota: “Suicidio”. Erika è nota come “l'angelo della morte”.

    L'ultimo caso, che ha riaperto in Gran Bretagna il dibattito sull'eutanasia volontaria, è quello del patron del Festival di Bath, Peter Duff, e di sua moglie Penelope. I Duff a gennaio avevano comprato un biglietto di sola andata per Zurigo. Sono morti assieme nella clinica di Dignitas. “Peter e Penny sono spirati serenamente insieme dopo una lunga battaglia contro il cancro allo stadio terminale”, spiega la famiglia, che ricorda come i Duff soffrissero di cancro intestinale. L'organizzazione del Festival della cittadina britannica nel Somerset ricorda che i Duff erano grandi mecenati delle arti e “hanno sostenuto i nostri festival per molti anni, anche se la loro passione era la musica”. Peter Duff, diventato miliardario importando vino, era il patron della più rinomata località termale inglese. Viveva con la moglie in una lussuosa residenza georgiana. “Se ne sono andati pacificamente” dice la figlia Helena.

    La clinica Dignitas a Zurigo, che soltanto in Svizzera conta 50 mila soci, è stata fondata dall'avvocato Ludwig Minelli e opera come organizzazione no profit. Hanno girovagato per molti anni alla ricerca della sede idonea. Oggi è in un loft al secondo piano di un enorme capannone di magazzini affacciato sulla ferrovia nella periferia industriale di Schwerzenbach, a pochi chilometri da Zurigo. Prima stavano in un albergo e poi in un appartamento, ma la gente non ne poteva più di “tutti quei cadaveri”. Hanno anche eseguito eutanasie in auto. Per i coniugi Duff, Dignitas si è occupata di tutto: assistenza legale, documenti, colloqui consultivi, ricetta medica del cocktail di barbital, cremazione dei cadaveri, spedizione dell'urna.

    L'unica condizione per accedere al “servizio” è la volontà dichiarata e provata del soggetto: l'aspirante suicida il bicchiere se lo deve portare alla bocca da sé, davanti a testimoni, altrimenti l'organizzazione può essere perseguita penalmente. Suicidarsi con Dignitas costa dai tre ai quattro mila euro. Soltanto loro accettano di aiutare chi ha il passaporto di un paese dove l'eutanasia è vietata. Di italiani se ne contano almeno undici. Dalla fondazione sono state “accompagnate alla morte” un totale di mille persone. Tedeschi, inglesi e francesi soprattutto. In ogni stato europeo c'è un'associazione che mette in contatto con la clinica. Il “servizio” è così popolare che Zurigo ha ormai la reputazione di capitale mondiale del suicidio.

    Il fondatore Minelli afferma che trenta italiani in media ogni settimana si rivolgono alle associazioni svizzere per informazioni sul suicidio assistito. Suicidi organizzati con dovizia, suicidi anonimi, indolori, asettici. L'articolo 115 del codice penale svizzero, approvato nel 1938, consente di aiutare una persona a morire, se questa è la sua volontà. Consuetudine unica al mondo, bandita anche nell'avanzatissima Olanda, dove l'eutanasia è legale anche per i neonati, se hanno la sfortuna di nascere emofiliaci o con la spina bifida. “Siamo orgogliosi di quello che facciamo”, dice Minelli. Il suo slogan è “Vivi con dignità, muori con dignità”. Ma un mese fa c'è stata la denuncia di un ex infermiera, Soraya Wernli: “La dignità è l'ultima cosa che viene offerta a queste persone”. Lucrano sulla morte.

    Quattro anni fa la Commissione nazionale di etica è giunta alla conclusione che anche i bambini possano chiedere di essere “accompagnati” alla morte, in base al principio secondo cui anche a loro deve essere garantito il principio dell'autodeterminazione. Minelli è disponibile: “Se il bambino dimostra di essere una persona in grado di intendere e di volere, può essere assistito”. Una videocamera registra tutto per dimostrare la volontarietà della morte. Il nastro viene distrutto dopo che polizia e coroner lo hanno visionato. A dicembre è uscito il video di Craig Ewert, un ex professore universitario. C'è l'ultimo bacio con la moglie Mary. Lui dice: “Ti amo così tanto, tesoro”. Lei risponde: “Fai buon viaggio. Ti rivedrò”. Poi a Ewert viene dato un liquido e gli viene detto che se lo beve morirà. Lo beve, chiede succo di mela e musica. Poco prima di chiudere gli occhi dice: “Grazie”. Coppie come i Duff usufruiscono di un network inglese, The Last Choice, che fa da cinghia di collegamento fra gli inglesi e Dignitas. In Svizzera non c'è bisogno della residenza o della registrazione: vieni e muori, pagando una discreta cifra. Una donna ha lasciato un biglietto: “L'aquila ha preso il volo. Ti amo. Ci rivedremo presto”.

    Prima dei Duff c'era stato il caso di Daniel James, costretto su una sedia a rotelle in seguito a un incidente di rugby che lo aveva paralizzato dalla vita in giù, facendogli perdere l'uso di braccia e gambe. Daniel non era malato terminale. La vita di queste persone si spegne in un anonimo appartamento dalle pareti decorate con le immagini delle Alpi svizzere, un letto e qualche sedia. Ai parenti viene offerto thè o caffè, i dipendenti di Dignitas li rassicurarono che rimarranno con i loro cari fino alla fine. In un angolo della stanza ci sono stampelle e ausili ortopedici lasciati dai malati prima di bere il cocktail mortale. “Con grazia”, recita la pubblicità di Dignitas in Inghilterra. Benvenuti negli “Starbucks della morte”. 

    • Giulio Meotti
    • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.