Se il mercato mobiliare va giù, ecco gli immobili che vanno su
Si evocano “Le mani sulla città”, ma bisognerebbe parlare di mani nelle tasche. Perché il provvedimento sull'edilizia sembra ispirato dalle analisi Censis e Banca d'Italia sul patrimonio degli italiani. Esiste una grande ricchezza, circa nove volte il reddito, più della media europea, che è per così dire pietrificata nella casa. Il Sole 24 Ore ha scritto che gli immobili milanesi valgono 317 miliardi, più della Borsa (scesa a 272 miliardi).
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Si evocano “Le mani sulla città”, ma bisognerebbe parlare di mani nelle tasche. Perché il provvedimento sull'edilizia sembra ispirato dalle analisi Censis e Banca d'Italia sul patrimonio degli italiani. Esiste una grande ricchezza, circa nove volte il reddito, più della media europea, che è per così dire pietrificata nella casa. Il Sole 24 Ore ha scritto che gli immobili milanesi valgono 317 miliardi, più della Borsa (scesa a 272 miliardi). Pessimo segno di una piazza azionaria dominata dalle banche, dove si concentra l'epicentro della crisi. Ma quei palazzi sono una miniera d'oro che va tutelata e utilizzata. In Italia i valori immobiliari scendono poco, quasi niente nelle grandi città.
Evitare che crollino, significa proteggere il risparmio e la ricchezza. E scongiurare la deflazione. Sciogliendo i lacci per l'ampliamento dei fabbricati (fino al 20 per cento), l'abbattimento e la loro ricostruzione (fino al 35 per cento in più) il governo punta a questo. E nello stesso tempo muove un volano che può rimettere in circolo la rendita parassitaria o speculativa, come quella che, con la vendita dei grandi patrimoni pubblici, ha fatto nascere fortune sfacciate e fugaci (dai Ricucci ai Coppola, tanto per fare due esempi). In più, non va trascurato che far ripartire le costruzioni consolidando e migliorando l'esistente, porta un bel gruzzolo nelle casse del fisco, e sostiene un gettito Iva depresso dalla recessione. Una colata di cemento, dunque? Piuttosto tegole e mattoncini. La proposta è un modo per avviare le piccole opere che in questo momento servono più delle grandi: i loro tempi di realizzazione sono rapidi e il loro effetto si sparge su una platea ampia di soggetti: costruttori, artigiani, imprese e proprietari di immobili, senza trascurare le banche locali che sono ancora piene di quattrini. I dubbi e le obiezioni, naturalmente, sono molti.
Primo: non diventerà un nuovo condono, misura al quale assomiglia molto? Il governo giura che non ci saranno abusi. Anzi, aiuterà a portare in chiaro molto di quello che è stato fatto in nero. Per chiedere l'ampliamento dei volumi con la nuova procedura bisogna dichiarare lo stato dell'arte, come se fosse una revisione del catasto urbano. C'è il rischio del colpo di spugna. Tuttavia, non facciamoci illusioni: i comuni, di sinistra e di destra, hanno già autorizzato di tutto e di più; persa l'Ici, la concessione è diventata la loro fonte principale d'incasso. Non può essere esclusa, naturalmente, la corruzione, che corre sempre sul filo a piombo del costruttore, ma la storia insegna che la licenza non è di per sé più “pulita” rispetto alla perizia giurata del progettista.
Che ci sia un'esigenza di rilanciare la congiuntura usando l'edilizia lo sostengono in molti.
Ci crede un economista come Paolo Savona che scommette sulle virtù sviluppiste dei cantieri; ma anche Pierluigi Bersani che ieri sulla Stampa ha presentato il suo contropiano. “Il problema è scegliere bene gli obiettivi”, spiega al Foglio il direttore generale del Censis, Giuseppe Roma. Non sono più i tempi dell'Ina casa e di Fanfani. L'89 per cento delle famiglie italiane possiede già un'abitazione. Non c'è neppure un'emergenza mutui, perché sui tre milioni scrutinati dal Censis, solo 220 mila manifestano problemi. Nello stesso tempo, esiste una fame di alloggi da parte dei giovani o degli immigrati. E' questa la domanda da soddisfare con immobili di taglio medio-piccolo e dal costo moderato. I comuni forniscono le aree, le imprese costruiscono, i risparmiatori investono, una trojka che può calcare le piste senza aspettare Godot.
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