Turabi, il Khomeini sudanese
Nato nel 1932, Hassan al Turabi frequentò i corsi religiosi ad al Azhar, e anche prestigiose università europee, tanto che si laureò in Inghilterra e alla Sorbonne. Uomo di punta dei Fratelli Musulmani in Sudan, negli anni Ottanta controllò la loro formazione politica sudanese, il Fronte nazionale islamico (terza forza politica in Sudan fino al 1986).
Il settantaseienne Hassan al Turabi è il più grande ideologo fondamentalista vivente. Al Turabi era stato messo in prigione dallo stesso al Beshir, irritato per le sue dichiarazioni sull'opportunità che egli, per il bene del Sudan, si consegnasse al Tpi prima che questo spiccasse il mandato di cattura. In teoria, dunque, al Turabi (che peraltro si è schierato a favore dei ribelli del Darfur), dovrebbe essere l'ultimo ad accorrere in soccorso del dittatore sudanese, ma la sua biografia è piena di spregiudicate inversioni di alleanze. La biografia di al Turabi – profondamente intrecciata con quella di al Beshir – rinchiude in sé tutti gli elementi ideologici e strategici del fondamentalismo contemporaneo, al più alto livello.
Nato nel 1932, Hassan al Turabi frequentò i corsi religiosi ad al Azhar, e anche prestigiose università europee, tanto che si laureò in Inghilterra e alla Sorbonne. Uomo di punta dei Fratelli Musulmani in Sudan, negli anni Ottanta controllò la loro formazione politica sudanese, il Fronte nazionale islamico (terza forza politica in Sudan fino al 1986, quando si votava per due collegi: uno di 264 seggi per le “masse” e l'altro di 28 seggi per i “diplomati”) e come tale venne cooptato al potere dal dittatore Jafaar al Nymeiri di cui fu consigliere giuridico.
Il 19 gennaio 1985 – col pieno appoggio di al Turabi – venne mandato sulla forca a Khartum il più grande riformatore contemporaneo dell'islam: Mohammed Taha. La piena responsabilità politica e morale di al Turabi nell'uccisione del “Lutero dell'Islam” è certa, anche perché Taha, leader di un suo partito, era contrario alla decisione di al Turabi di imporre la sharia anche nel sud animista e cristiano del Sudan, imposizione che provocò una guerra civile ventennale con due milioni di morti.
Il 30 giugno 1989 al Turabi fu a fianco del generale Omar al Beshir, promotore di un golpe che aveva lo scopo di chiudere le trattative che al Mirghani – il presidente eletto – aveva intavolato con i ribelli del Sud e continuare la “guerra civile per la sharia”. Nel 1990 al Turabi divenne presidente del Parlamento ed appoggiò la decisione di al Beshir e di Yasser Arafat di schierarsi a fianco di Saddam Hussein che aveva annesso il Kuwait, e quindi di sconfessare la Lega Araba, alleata dell'Onu e degli Stati Uniti. Una volta che Saddam Hussein fu sconfitto da Desert Storm in Kuwait, al Turabi diede prova della sua visione strategica e del suo prestigio personale e organizzò a Khartoum il 25 aprile del 1991 un vertice islamico alternativo e contemporaneo a quello della Lega Islamica (che lo stesso giorno si riunì al Cairo) che spaccò anche formalmente l'Organizzazione della conferenza islamica (Oci).
Saddam non aveva nessuna credibilità religiosa, e al Turabi rimediò a questa fragilità del fronte anti saudita e radunò a Khartoum, con il crisma del prestigio allora immenso di Arafat, tutte le organizzazioni dei Fratelli Musulmani e tutto l'estremismo islamico mondiale, definì una piattaforma ideologica di buon spessore sul Jihad contro l'occidente. Su sua ispirazione il Sudan il 16 dicembre 1991 siglò patti militari segreti con l'Iran. Conseguenza naturale di questo contesto fu la complice ospitalità del Sudan per Osama bin Laden e i suoi terroristi. Ora – come dichiara al Los Angeles Times – scommette da libero su una crisi definitiva di al Beshir, ma è probabile che se questi resistesse alla tempesta e gli offrisse garanzie per un'altra avventura jihadista, il Khomeini sunnita non gli si negherebbe.
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