Godo come un pazzo per le belle, brutali stroncature di Asor Rosa
La mia vita è improvvisamente rallegrata da belle, efficaci, brutali, seriali stroncature dell'ultima fatica critica di Asor Rosa, che lasciano la sua combriccola di amici (Scalfari) con un palmo di naso. Alfonso Berardinelli fu fantastico, perseverante, chirurgico sul domenicale del Sole 24 Ore; Massimo Onofri severo, violento, attento sul Tuttolibri di sabato.
Leggi Perché il mostro di Grinzane è in galera e quello dello Strega a piede libero? di Camillo Langone
La mia vita è improvvisamente rallegrata da belle, efficaci, brutali, seriali stroncature dell'ultima fatica critica di Asor Rosa, che lasciano la sua combriccola di amici (Scalfari) con un palmo di naso. Alfonso Berardinelli fu fantastico, perseverante, chirurgico sul domenicale del Sole 24 Ore; Massimo Onofri severo, violento, attento sul Tuttolibri di sabato. Anche la caduta del mostro di Grinzane, quell'invadente ominicchio che aveva charmato e intartufato cento quintali di letterati italiani e mondiali mi rassicura, sebbene sia rattristato dalla torvaggine del suo arresto e dalla prospettiva grottesca di una carcerazione preventiva, di una umiliazione personale così cocente da superare i limiti di una corretta e correttamente maligna Schadenfreude.
Sicché con Langone mi viene da gridare: Liberez Soria! E di auspicare le manette al premio Strega, che i giurati del Ninfeo possano restare chiusi in quel pezzo di paradiso per l'eternità. La sventura di ideologi e scrocconi tuttavia, devo ridirlo, mi seduce, nutre la mia gioia di vivere, conferma il mio diritto di cittadinanza. Mi allieta la sola idea che centinaia di ore di Farenheit siano a rischio premio, nel senso che gli ascoltatori della Terza Rete, come i lettori delle Terze Pagine, come i frequentatori dei festival - di-mantova et similia, si diranno che le trasmissioni sono ben curate, le pagine croccanti e profumate, i panel di scrittori e filosofi impagabili, ma la materia di cui sono cosparse le occasioni culturali non luccica più, è ormai percepibile come opaca, sa infine di melassa. Sono proprio felice.
Oggi una cerimonia solenne quirinalizia ricorderà il critico trascinatore degli italiani, il letterato sovrano e padrone della lingua, della storia, dell'ideologia, dell'antropologia e della religione patria, Francesco De Sanctis. Questo paese ormai si considera libero di sbeffeggiare le vacche sacre, intente da quarant'anni a biascicare malamente il riverito e immenso nome di De Sanctis come fosse roba alla loro portata, e ha davanti a sé l'epica occasione di intrufolarsi nei banchetti, nelle camere d'albergo e nella tapisserie di Scrocconia, l'associazione di tour operator che ha tenuto a balia il presenzialismo culturale jet setting lungo trent'anni di cultura decorativa. Che performance, che inamabile casta.
Mentre la politica faceva il suo sordido e utile mestiere, questi banditori di valori per decenni imbandivano, oltre alle tartufate langarole, le fiaccolate per Borrelli, le marce contro Bush, le cordate a tutela del terrorismo, le cerimonie di penitenza ideologicamente corretta, la caccia ai partiti, la sociologia delle classi in lotta, tutti da Fulvia e tutti in piazza San Giovanni. Era tutto uno scherzo del nostro minore destino, era tutta una grandissima pagliacciata. E ora, non so neanche davvero il perché, siamo entrati in un tempo in cui la kermesse si rivela a sé stessa, si stronca da sola e si prepara a giorni inconsolabili.
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