Vietato criticare l'islam. All'Onu le idi di marzo della libertà d'espressione
Nel 1994 il leader del regime islamico del Sudan Bashir potè tranquillamente affermare che le Nazioni Unite non avevano alcun diritto di criticare il suo paese soltanto perché amputa braccia oppure perché crocifigge e decapita i detenuti. Per molti anni i paesi dell'Organizzazione della Conferenza islamica avevano cercato di bandire la critica dell'islam. Oggi potrebbero riuscirci.
Nel 1994 il leader del regime islamico del Sudan Bashir potè tranquillamente affermare che le Nazioni Unite non avevano alcun diritto di criticare il suo paese soltanto perché amputa braccia oppure perché crocifigge e decapita i detenuti. Per molti anni i paesi dell'Organizzazione della Conferenza islamica avevano cercato di bandire la critica dell'islam. Oggi potrebbero riuscirci con la risoluzione numero 62/154. Titolo: “Combattere la diffamazione delle religioni”. E' il più micidiale strumento di soppressione della libertà di espressione.
La Conferenza islamica lo ha presentato venerdì a Ginevra al fine di proporre “azioni a livello locale, nazionale, regionale e internazionale” contro la libertà d'espressione. I regimi islamici hanno chiesto al Consiglio dell'Onu per i diritti umani, riunito da Ginevra, di fornire “una protezione adeguata contro tutti gli atti di odio derivanti dalla diffamazione delle religioni”. Il documento denuncia “con profonda preoccupazione” una campagna di “diffamazione delle religioni” e di “incitamento all'odio religioso”. La risoluzione dovrebbe essere discussa dal Consiglio dell'Onu il prossimo 27 marzo. Se il testo sarà adottato, il 27 marzo sarà una data da segnare. L'intero occidente finirà sul banco degli imputati per le sue presunte persecuzioni e critiche dell'islam. Questo testo orwelliano distorce il significato di diritti umani e di libertà religiosa e segna un gigantesco passo indietro nella libertà d'espressione. Chiunque critichi l'islam potrebbe essere passibile di azione legale.
L'Organizzazione della Conferenza islamica, il più potente blocco di votanti alle Nazioni Unite, aveva messo la Libia a capo della preparazione di “Durban II”, la conferenza contro il razzismo che si terrà a Ginevra e che è già stata trasformata in una parata antisemita. “Con questa risoluzione, le nazioni potranno richiedere l'estradizione e il processo di coloro che fanno commenti critici di una o più fedi”, dice l'avvocato Marc Stern di First Amendment. Anche Sarah Kaiser dell'associazione René Cassin, che sarà presente a Ginevra, sostiene che la cosa più velenosa della risoluzione è il fatto di “assegnare un diritto a una idea e una preferenza all'idea rispetto agli individui”. Il ministro degli Esteri olandese, Maxime Verhagen, proprio a causa di questa risoluzione chiede all'Unione europea di boicottare Ginevra.
Lo sceicco dell'università di Al Azhar, Mohammad Tantaoui, massima autorità religiosa dell'islam sunnita, ha chiesto che la risoluzione contenga “sanzioni dissuasive”. In Giordania l'associazione degli avvocati vuole già processare per diffamazione della religione i vignettisti danesi del Jyllands Posten, che ritrassero Maometto in modo blasfemo.
Se approvata, la risoluzione non passerà inosservata. “Diventerà una norma legale internazionale”, spiega Leon Saltiel, direttore di UN Watch. E sarà una norma valida anche in paesi come Italia, Stati Uniti, Canada e Israele che boicotteranno Ginevra. Nella sessione del dicembre 2007 del Consiglio per i Diritti Umani, la stessa Conferenza islamica si era opposta a “riconoscere il diritto degli individui di cambiare liberamente religione”. Nei regimi islamici ci sono norme contro le conversioni e la blasfemia. Sempre dalle Nazioni Unite il 19 settembre 1981, presso la sede dell'Unicef di Parigi, aveva preso avvio la Dichiarazione islamica dei diritti umani, secondo la quale “tutti gli uomini sono sottomessi a Dio” e la quale afferma che la sharia, la legge islamica, precede e sottomette il diritto alla vita proclamato dalla carta dell'Onu del 1948. Dal prossimo 27 marzo sarà più difficile denunciare i crimini commessi in nome dell'islam.
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