Parla Eldad, il generale d'Israele che cura le vittime dei kamikaze

Giulio Meotti

Il luminare ha ricostruito i volti dopo gli attacchi terroristici. “Ricordo un mancato attentatore, non capiva perché lo stessi aiutando”. Ha perso i suoi nell'Olocausto, non teme l'opinione pubblica e auspica nuovi insediamenti. “Per gli arabi sono colonie ebraiche anche Tel Aviv e Beersheba”.

    Con il matematico Daniel Hershkowitz e il padrino dei coloni Yaakov Katz, Aryeh Eldad è oggi il leader indiscusso della destra nazionalista in Israele. Durante il ritiro da Gaza nell'estate del 2005, il suo ex compagno di brigata Ariel Sharon ordinava l'evacuazione delle colonie di Gush Katif, mentre il dottor Eldad saliva sulle barricate a guidare la disobbedienza civile dei settlers. Ma senza fomentare la violenza. Perché Eldad, che vive nella colonia di Kfar Adumim, è anche generale della riserva e un eroe di guerra. Ma prima di tutto è un luminare della chirurgia ricostruttiva di fama internazionale, la cui esperienza negli attentati è stata determinante per salvare centinaia di vite, anche di arabi. Eldad ha ridato un volto alle vittime sfregiate dai kamikaze.

    E' noto come “l'angelo di Hadassah”, l'ospedale di Gerusalemme dove Eldad ha lavorato negli anni peggiori del terrorismo suicida. Suo padre, Israel, fu tra i fondatori della formazione ebraica Irgun, che combatteva contro gli inglesi prima della nascita di Israele. Eldad non porta la kippà dei religiosi, è un nazionalista laico vecchio stile, come Menachem Begin. Il partito di Eldad, National Union, potrebbe essere determinante nel governo Netanyahu. Eldad è da molti definito “la speranza della destra israeliana”. Questa al Foglio è la prima intervista a un giornale italiano dopo il successo elettorale. In cima alla lista delle sue priorità c'è la questione iraniana. Il capo di Stato maggiore israeliano, Gabi Ashkenazi, ha appena fornito agli americani nuove informazioni sul programma nucleare iraniano, in particolare sull'impianto di Arak. Ashkenazi a Washington ha incontrato il segretario di Stato Hillary Clinton e il consigliere per la Sicurezza nazionale James Jones.

    Israele non può tollerare un Iran nucleare”, ha detto Ashkenazi. Il capo di stato maggiore ha spiegato che l'esercito israeliano si preparerà anche ad “altre possibilità” oltre a quella diplomatica. “L'Iran non si fermerà nella ricerca della bomba atomica e dell'energia nucleare soltanto sotto la minaccia delle sanzioni”, ci dice Eldad. “Si prendono gioco dell'occidente e se non ci sarà un incremento della pressione su Teheran, avranno la bomba atomica. Sempre che non l'abbiamo già realizzata. L'unico modo per fermare l'Iran è l'azione militare. E non è soltanto un problema d'Israele. La gente trae sempre gli esempi sbagliati dalla storia. Durante la Guerra Fredda c'era un equilibrio nucleare fra Stati Uniti e Unione Sovietica. Ma le due nazioni erano governate alla fine dalla stessa logica. Non si sarebbero attaccate perché sapevano che il risultato sarebbe stato la distruzione reciproca. E questo fu sufficiente a fermarli”.

    Con l'Iran è diverso. “Non ragiona come noi, ma come il kamikaze, si muove come un attentatore suicida. Il martire islamico si uccide in mezzo a una folla sapendo che morirà, ma il fatto di sapere che ucciderà venti o trenta ‘infedeli' è ragione sufficiente per farsi uccidere. L'Iran ragiona così: se sanno di poter annientare lo stato ebraico per il bene dell'islam, è sufficiente per attaccare. Il regime iraniano è disposto a sacrificare milioni e milioni del suo popolo per distruggere il Grande e il Piccolo Satana, America e Israele. Non si può fermare chi è disposto a sacrificare la propria vita. E questa gente alla propria vita antepone l'uccisione dei nemici dell'islam. La vita eterna, le 72 vergini, il paradiso eterno, è questo che li guida. E' difficile per la mentalità occidentale pensare che uno stato possa ragionare così, che si possa accettare la propria distruzione per un fine più grande. Per questo dobbiamo fermarli prima che entrino in azione”.

    Gran parte della famiglia di Eldad è stata sterminata nella Shoah. “Non ho mai conosciuto i miei nonni, tutti uccisi dai tedeschi in Polonia, fucilati nelle foreste presso Leopoli. E' affascinante questo nuovo antisemitismo, non capisco che motivo abbiano gli iraniani per negare l'Olocausto. Predicano l'eliminazione dello stato d'Israele, un nuovo Olocausto. Non hanno bisogno di treni e camere a gas, ma di missili e testate nucleari. L'antisemitismo è per me il più grande mistero della storia dell'uomo. Abbiamo appena festeggiato il Purim. Migliaia di anni fa un altro tiranno tentò di sterminare gli ebrei, prima dell'avvento del cristianesimo e la morte di Gesù Cristo. Il libro di Ester è un copione perfetto per i piani di Ahmadinejad”.

    Il pericolo iraniano non è il primo motivo nella vittoria della destra alle elezioni. “In cima alla preoccupazione degli israeliani ci sono ragioni interne, in particolare il fallimento di questa leadership nell'affrontare il terrorismo palestinese. La destra nazionalista ha oggi come obiettivo primario la prevenzione della nascita di uno stato palestinese che sarebbe, in queste condizioni, la più grande minaccia per l'esistenza dello stato d'Israele. Dovremmo spezzare la Striscia di Gaza in due aree. Nella parte a sud dobbiamo disconnettere l'Egitto da Gaza, ci sono migliaia di missili, fucili, esplosivi che dal confine egiziano passano nelle mani di Hamas. L'unico modo è creare un corridoio a sud di Gaza. Dobbiamo anche creare un cuscinetto a nord di Gaza per proteggere le città israeliane di Sderot e Ashkelon. E per fare questo non basta la presenza militare di Tsahal, ma un nuovo insediamento civile. Dal mio punto di vista dovremmo dichiarare al mondo che quella terra sarà per sempre parte di Israele. Dobbiamo punire questa leadership palestinese attraverso la terra, non uccidendo un altro bandito di Hamas. E se anche non dovessimo entrare nel governo, spero che Netanyahu lasci sviluppare le colonie anche senza dichiararlo. La Giudea e la Samaria oggi crescono troppo poco, migliaia di coppie con bambini hanno bisogno di case. Gli insediamenti hanno un ruolo strategico per Israele. Dobbiamo preservare poi la natura ebraica dello stato d'Israele contro questo trend post-sionista”.

    In un articolo intitolato “Il Muro di Ferro”, il padrino della destra israeliana Vladimir Jabotinsky riconosceva, ben prima che se ne accorgessero i laburisti – che nel 1969 per bocca di Golda Meir negavano ancora l'esistenza di un'identità nazionale palestinese – l'esistenza dei palestinesi e spiegava la sua teoria del “Muro di Ferro”, la chiave di volta dei trattati di pace con Egitto e Giordania. E' la capacità di difendersi per scoraggiare l'avversario e costringerlo ad accettare l'esistenza d'Israele. “La teoria di Jabotinski è ancora valida e fa parte della filosofia di sicurezza di Israele” prosegue Eldad. “Jabotinski era un revisionista e perse la battaglia interna al sionismo. Ma è stato vendicato da Menachem Begin. Soltanto quando siamo forti e difendiamo la nostra esistenza, i nostri nemici depongono le armi. La funzione della destra israeliana è sempre stata quella di implementare gli ideali della sinistra, che pur ha creato l'esercito, le colonie e lo stato. Il paradosso è che persone come Begin e Ariel Sharon abbiano fatto politiche di sinistra una volta al potere”.

    Dice poi il generale con il camice: “Ho osservato il terrorismo da una prospettiva privilegiata, dei feriti e dei morti. Credo nella medicina preventiva e buona parte dei nostri caduti nelle guerre che abbiamo combattuto sono stati una conseguenza della nostra debolezza nei confronti del nemico. Ho diretto il dipartimento di chirurgia plastica dell'ospedale Hadassah di Gerusalemme durante i peggiori anni della seconda Intifada e ho curato migliaia di vittime del terrorismo. La mia specialità medica sono le ustioni gravi. Ho avuto tra le mie mani intere famiglie distrutte o ciò che restava di loro. Ho curato oltre tremila vittime degli attentati suicidi. Non mi sono mai trovato nel dilemma se salvare o meno le vittime delle bombe. Tutti loro, anche i dilaniati e amputati, volevano vivere. Spesso accanto alle vittime c'era l'attentatore. Come medico, ero chiamato a curare entrambi, altra cosa se l'avessi trovato per strada con il giubbetto esplosivo. Avrei preso la mia pistola e gli avrei sparato. Invece in ospedale dovevo salvare le vite dei terroristi. C'era un uomo di quarant'anni dal Libano, aveva famiglia, non era un ragazzino fanatico. Aveva perso le gambe, una mano, gli occhi, era ustionato per il sessanta per cento. Rimase con noi per tre mesi e non capì mai perché lo curassimo”. Sulla nuova Amministrazione americana dice: “E' ancora presto per giudicare Obama, ma il fatto che sia pronto a parlare con Siria e Iran non è un bene per Israele. Forse capirà presto chi sono i suoi interlocutori”.

    I problemi di Israele secondo Eldad sono il sintomo locale di una malattia universale. “Israele non è al centro di una guerra territoriale, ma di una guerra che l'islam ha dichiarato ai non musulmani. Quello fra israeliani e palestinesi è un conflitto tecnico. Siamo visti come l'avamposto dell'occidente nel conflitto religioso. E' in corso un jihad globale, ci sono centinaia di conflitti fra musulmani e non musulmani. Qui non è diverso e anche se ci ritiriamo la guerra contro gli ebrei non si fermerà. Se smantelliamo una colonia, Ahmadinejad non si fermerà. Hezbollah non ha territori contesi con Israele, eppure vuole distruggerci. Non abbiamo alcuna terra contesa con gli iraniani, ma vogliono sterminarci lo stesso. Sono in conflitto due filosofie, due religioni, due culture. Da quando ci sono stati gli accordi di Oslo e il nostro errore fatale di consentire ad Arafat di tornare in Israele, oltre 1.500 ebrei sono stati uccisi solo per il fatto di essere ebrei. I confini dell'islam stanno crescendo, ma soltanto Israele è costretto a credere che sia un problema locale e che se ci arrenderemo al terrorismo ci sarà pace. L'islam non accetterà mai che Israele sia una nazione di ebrei. E gli stessi arabi in Israele affermano che questa è la loro terra e che finché ci sarà uno stato ebraico indipendente non si fermeranno. Gli europei continuano a parlare di occupazione e hanno ragione. Io vivo  a Kfar Adumim, un insediamento ebraico nella terra d'Israele per il popolo ebraico. Ma per i nostri nemici, anche Tel Aviv è un insediamento ebraico nella terra d'Israele, come Gerusalemme, Haifa e Beersheba. Per questo dico che gli ebrei hanno diritto di vivere dove vogliono, così come gli italiani possono scegliere dove vivere”.

    Eldad sa che un governo Netanyahu-Lieberman si attirerà l'odio internazionale. “Ci sarà uno choc dell'opinione pubblica di fronte a un governo di destra. Ma sarà soltanto la scusa migliore per attaccarci. La guerra di Gaza è stata condotta dalla sinistra israeliana eppure hanno sempre continuato a metterci sotto accusa. Perché dovrebbe cambiare con la destra al potere?”. Il pensiero di Eldad torna a un eventuale attacco atomico iraniano sancito dai mullah islamici. “Non conta come attaccheremo l'Iran, la sostanza deve essere quella. Fermare gli iraniani militarmente. Anche senza il sostegno americano, in gioco c'è la nostra stessa esistenza. Non saremo la scusa da usare per attaccare l'Iran dopo che ci hanno bombardato. Questo non accadrà”.

    • Giulio Meotti
    • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.