Scherzi della titolazione o troppo lavoro?

La doppia fatica del prof. Tranfaglia, antifascista ma anche no

Stefano Di Michele

Certi giorni vengono così: faticosi di loro. Se poi si è intellettuali di prestigio, ricercati dai più svariati giornali, di un fronte o dell'altro, per esprimere un'opinione, può succedere quello che ieri è successo al professor Nicola Tranfaglia, illustre storico torinese, intervistato sulla più scottante attualità politica tanto da Liberazione, il quotidiano di Rifondazione comunista, quanto dal Secolo d'Italia, l'organo di Alleanza nazionale.

    Certi giorni vengono così: faticosi di loro. Se poi si è intellettuali di prestigio, ricercati dai più svariati giornali, di un fronte o dell'altro, per esprimere un'opinione, può succedere quello che ieri è successo al professor Nicola Tranfaglia, illustre storico torinese, intervistato sulla più scottante attualità politica tanto da Liberazione, il quotidiano di Rifondazione comunista, quanto dal Secolo d'Italia, l'organo di Alleanza nazionale.

    Titolo sul giornale di viale del Policlinico: “L'antifascismo è attuale di fronte a un populismo mediatico ed autoritario”. Titolo sul giornale di via della Scrofa: “Fine della destra muscolare: la sinistra ha perso il nemico. Nicola Tranfaglia: ormai è arduo catalogare il Pdl come soggetto autoritario”. Insomma, è arduo o siamo di fronte a un populismo autoritario? C'è da mettersi l'anima in pace e sperare, o c'è da allarmarsi preparandosi alla lotta? Ovvio che il professor Tranfaglia non abbia una sorta di schizofrenia politica a seconda del giornale con cui parla. Scherzi della titolazione, più che altro – essendo la speranza (o almeno una certa curiosità) riposta verso Fini ed essendo l'allarme riferito alla perniciosa attività berlusconiana. E siccome il tutto prende una parte, forse è il titolo su Liberazione quello più reale. Ma siccome una parte – come spesso succede, nelle novità politiche come in quelle culturali – è sempre più interessante del tutto, forse è il titolo sul Secolo l'Italia quello giusto.

    A Michele De Feudis, sul foglio di destra, Tranfaglia concede una valutazione largamente positiva delle ultime sortite finiane: “Quando si descrive l'Italia che verrà come una società multietnica e multireligiosa o nel momento in cui si sottolinea la prospettiva laica dello stato, scevra dalle pressioni della chiesa, si compie una riflessione intrisa di realismo molto condivisibile”. A Vittorio Bonanni, sul foglio di sinistra, spiega che “il vero pericolo non è rappresentato tanto da un risorgere, a mio avviso poco attuale, del fascismo così come lo abbiamo conosciuto, quanto da un populismo mediatico e autoritario di cui il nostro attuale presidente del Consiglio è la maggiore e più verosimile incarnazione”. E' il tutto, appunto, che duole. E' una parte, quindi, che merita ammirazione. Al Secolo, concede che il discorso di Fini “indica la rotta della speranza, di una società plurale, che corrisponde al profilo di una salda cultura democratica”.

    A Liberazione avverte: “E questo populismo mediatico e autoritario (s'intende, sempre quello che a Berlusconi fa capo, ndr) ha molti difetti che non sono minori di quelli del fascismo”. Ma pure sul giornale comunista (a riprova che il cammino è tortuoso, ed è il tutto oscuro che nasconde la parte, diciamo così, luminosa) spende considerazioni, seppure con maggior cautela, per la rotta politica di Fini, “sta pensando a una prospettiva che potrebbe avere una possibilità di realizzarsi soltanto tra molti anni quando non ci sarà più l'attuale capo carismatico del populismo e questo grande partito di destra avesse bisogno di un nuovo leader”. Tutto molto futuribile, per la tranquillità dei compagni.

    Un riconoscimento (molto) più deciso concede Tranfaglia al quotidiano di destra (pur essendo ormai chiaro che Fini, di destra, manco vuol sentir parlare), dopo la mai abbastanza auspicata evaporazione del Cav: “E quando Fini tocca il tema del presidenzialismo, con un riferimento alla democrazia americana, crea i presupposti per la riforma della seconda parte della Costituzione. Come aveva auspicato addirittura Pietro Calamandrei nell'Assemblea costituente…”. Addirittura: se Fini l'avesse saputo già sabato scorso… Così le due interviste – tanto simili, così diverse, tra il tutto e la parte, e poi la parte e il tutto – del professor Tranfaglia (che così definisce il suo impegno: “Politicamente lavoro all'interno delle forze che si oppongono al governo Berlusconi”) è mirabile esempio del quesito che si agita a sinistra dopo il congresso di An: sarà meglio se mi complimento con Fini o se continuo a dir male di Berlusca? Nel dubbio, Tranfaglia innalza la lode e lancia l'allarme.