Milano, Italia
Mentre gli Stati Uniti cercano una partnership sempre più stretta con Pechino e da lì si attendono la spinta alla ripresa, l'Europa sta soffrendo. L'Inghilterra cerca di cavarsela con le abituali svalutazioni e affidandosi alla collaborazione (e clemenza) americana. Francesi e tedeschi dopo le prediche sui nuovi ordini mondiali, appaiono in difficoltà.
Mentre gli Stati Uniti cercano una partnership sempre più stretta con Pechino e da lì si attendono la spinta alla ripresa, l'Europa sta soffrendo. L'Inghilterra cerca di cavarsela con le abituali svalutazioni e affidandosi alla collaborazione (e clemenza) americana. Francesi e tedeschi dopo le prediche sui nuovi ordini mondiali, appaiono in difficoltà. Angela Merkel paga in popolarità i cedimenti di alcuni grandi gruppi, mentre Nicolas Sarkozy, nonostante il nobile piglio, sconta qualche delusione per i timidi risultati del suo riformismo (e qualche contro-effetto per gli eccessi di statalismo).
Per ora, nonostante i molteplici problemi, il governo Berlusconi tiene rispetto alla sua opinione pubblica nazionale: l'avere alimentato scarse aspettative all'inizio e avere perseguito una linea pragmatica, senza sparate cui seguivano delusioni, finora ha pagato. Ma se non si definirà una prospettiva “europea” (che non può essere però quella del confuso dirigismo fiscale suggerito da Mario Monti) saranno guai per tutti. Non emerge, intanto, un'alternativa di sinistra: come si comprende da quanto annaspano i partiti socialisti al governo dalla Spagna fino all'Ungheria.
In Italia l'area Nord-ovest è dominata dalla questione Fiat che ha ricevuto un sollievo dalla rottamazione. E ora il Lingotto grazie al geniale Sergio Marchionne cerca di impostare, via Chrysler, una strategia che lo colleghi alla possibile ripresa americana. Nel Nord-est l'economia è divisa tra la parte orientata all'esportazione globale, che da una ripresa sino-americana trarrebbe sicuro beneficio, e quelle integrata con una realtà tedesca in affanno. Sarà qui che, nella fase più acuta della crisi, si giocherà la partita più aspra per il credito alle imprese. In questo senso si tratta di riflettere su che cosa siano le “vie non convenzionali” al finanziamento dell'industria accennate da Mario Draghi: vie che, dopo avere riflettuto, andrebbero imboccate di corsa. L'Italia centrale potrebbe essere quella che sfrutta meglio la chance “edilizia” proposta da Silvio Berlusconi: e infatti i governatori più intelligenti, da Vasco Errani a Piero Marrazzo, litigano molto sui “poteri” ma sono (molto) al lavoro per una sua utilizzazione. A Sud impieghi statali e varie rimesse pubbliche hanno per il momento assestato i consumi: ma saranno decisive le nuove “opere” a partire dal Ponte sullo Stretto. Se si riuscirà a cantierizzarle presto.
L'area però dove si giocheranno tempi e modi della ripresa sarà la Lombardia. Qui si deciderà la qualità del nostro sviluppo, qui deve ripartire il “quarto capitalismo”, un po' provato ma comunque rappresentato oltre che da aziende innovative anche da leader di livello come Emma Marcegaglia, Diana Bracco e Giorgio Squinzi. Anche qui conterà la variabile finanziaria. E qualche notizia positiva sembra venire da Unicredit (forse) e Intesa Sanpaolo, nonché da Mediobanca. Si tratta di comprendere se si aprirà una nuova stagione nelle banche: meno politica però anche meno tecnocratica, più legata all'industria, più competitiva ma anche un po' di sistema.
Il modello Fiera e la sfida dell'Expo
Nella regione che deciderà le possibilità e la qualità della ripresa italiana, essenziali saranno le infrastrutture. Malpensa, Fiera di Milano, Corridoio 5, Alta velocità ma anche cablaggio, ripresa della ricerca saranno tanto rilevanti quanto il credito alle imprese. In questo senso sarebbe particolarmente utile un acceleratore come l'Expo 2015 a Milano. Per quel che riguarda quest'ultima partita (con qualche annesso e connesso) quel che ha determinato maggiormente i gravi ritardi ben evidenti a tutti è stata la complessa selezione di leadership efficaci.
Il centrodestra nazionale, anche nei confronti di un passato prodiano che aveva puntato nelle scelte per lo più sui suoi circoli di potere, si è caratterizzato quasi sempre per soluzioni aperte: da quelle della passata stagione con Paolo Scaroni all'Eni e Draghi in Bankitalia, a quelle di questa legislatura con Franco Bassanini alla presidenza di Cassa depositi e prestiti, e la coppia Roberto Colaninno-Corrado Passera incaricata di risolvere la crisi di Alitalia.
A Milano, invece, a un certo punto – sarà a causa dell'inesperienza, dell'eccesso di forza del centrodestra, di qualche tendenza “monarchica” in una città per sua vocazione repubblicana – sono cresciute soluzioni e ipotesi di soluzione che avevano una giustificazione personalistica, di fedeltà, non di merito manageriale. E qualche tendenza par di coglierla proprio in questi giorni nella discussione anche su altri enti e istituzioni. Il bravissimo presidente della Triennale Davide Rampello ha lanciato sul Corriere della Sera un dibattito su come sotto la Madonnina sia indispensabile premiare gli eroi del fare. In realtà, da queste parti, non pochi “eroi del fare” sono stati emarginati. E i risultati si notano anche a prima vista.
Ho avuto recentemente l'occasione di studiare a fondo il decollo di quella fantastica innovazione progettuale che è stata l'ideazione e la realizzazione della Nuova Fiera milanese a Rho e Pero, e ho potuto così ricostruire tappa per tappa l'impostazione strategica di un manager come Luigi Roth, presidente di Fondazione Fiera e del team di qualità che lo ha affiancato. Si tratta di un manager (e di una squadra) che Milano e la Lombardia hanno scelto solo pochi anni fa con risultati impressionanti, verificabili senza margine di dubbio. Si offre oggi l'occasione di premiare alcuni certificati “eroi del fare” utilizzandoli in ruoli pubblici sia per consolidare la Fiera sia per progettare in tempi rapidi l'Expo. Sarebbe un suicidio sprecarla.
Il Foglio sportivo - in corpore sano