Lo spartito delle libertà

Così l'uomo del “Drive in” ha concepito il primo partito delle ragazze

Marianna Rizzini

Non ci credeva nessuno, a un “partito delle ragazze” che avesse per demiurgo il cavalier Silvio Berlusconi. E però ora un po' bisogna crederci, ché è stata proprio una ragazza – la deputata del nascente Pdl Laura Ravetto, avvocato trentasettenne con il pallino della finanza e i capelli ordinati della Barbie – a dirlo: “La corsa delle donne inizia adesso: presto guideranno il partito…"

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    Non ci credeva nessuno, a un “partito delle ragazze” che avesse per demiurgo il cavalier Silvio Berlusconi. E però ora un po' bisogna crederci, ché è stata proprio una ragazza – la deputata del nascente Pdl Laura Ravetto, avvocato trentasettenne con il pallino della finanza e i capelli ordinati della Barbie – a dirlo (in un'intervista al Giornale): “La corsa delle donne inizia adesso: presto guideranno il partito… e dico di più: se si mette in primo piano il merito, le donne arriveranno in modo inevitabile”.
    Non ci credeva nessuno perché a far balenare questa possibilità – potere alle ragazze, e non a esperte donne politiche di scuola comunista o democristiana dall'aria austera (una Nilde Iotti, una Tina Anselmi) – era stato Silvio Berlusconi.

    Uno che scontava la maledizione del “Drive in”: figuriamoci, si diceva, saranno tutte e per sempre veline da striscia tv, tutte e per sempre figurine attira-voti, tutte e per sempre fate luminose destinate a una caduta veloce nel buio. Che fosse pregiudizio o ragionevole sospetto, pettegolezzo o timore, poi vennero i fatti: Berlusconi che, prima di Walter Veltroni, mette in cima alle sue liste elettorali un nugolo di giovani donne apparentemente venute dal nulla.

    Berlusconi che le schiera in prima fila, tutte assieme, deputate e non, scortate dalla ragazza che già era stata ministro, Stefania Prestigiacomo, in una fredda notte del dicembre 2007, al Tempio di Adriano, come a voler dire: eccole, le mie eredi, sono Mara Carfagna, Mariastella Gelmini, Laura Ravetto, Beatrice Lorenzin, Michela Vittoria Brambilla, la donna che parlava di sé al maschile – sono imprenditore, diceva la rossa ex presidente dei giovani di Confcommercio, forte del suo passato nelle trafilerie paterne e nel mondo del salmone low cost, e se ne infischiava se i circoli di Marcello Dell'Utri soffrivano la concorrenza dei suoi Circoli della libertà. Queste ragazze saranno presto in cima, sembrava dire con un gran sorriso il Cav. Saranno presto ministri, capi regionali, leader di qualcosa di più di una Summer School. Guardatele bene perché hanno studiato, stanno prendendo appunti, che abbiano fatto o no la gavetta in oscure valli del Nord o in sonnacchiose città del Sud, e ovviamente alla storia della gavetta nessuno credeva.

    Ma il punto non era la gavetta. Il punto è che se dai fiducia a qualcuno quello di solito non ti delude. E se scommetti davvero su qualcuno, e chisseneimporta se non sa fare quasi nulla, di solito ti tornano indietro anche gli interessi. E se poi lo butti in mare – mare agitato – quello volente o nolente impara a nuotare (figuriamoci se gli affianchi il tutor, come all'università americana: farà anche prima, e il Cav. ce l'aveva messo davvero un tutor per ogni nuova arrivata). Che fosse logica imprenditoriale, maieutica socratica, anticonformismo o soltanto eterogenesi dei fini – metto in pista le ragazze per questioni di immagine e poi, toh, me le ritrovo brave e preparate ai vertici – già da quella sera il Cavaliere pareva ridacchiare sotto i baffi, come a dire: “Vedrete di cosa sono capaci”.

    Più d'uno, in verità, si chiedeva: ma com'è possibile? Berlusconi non era quello che faceva battute paternaliste? Non era quello che diceva alle donne: signore, perché non restate o tornate a casa? E vedendo il Cav. in mezzo a quelle ragazze –  quasi una corolla di pretoriani – c'era chi ironizzava: ma chi si crede di essere? Gheddafi che millanta le quaranta donne-guardia? Sarkozy che svecchia la Francia con Rachida Dati, il ministro di seconda generazione maghrebina, e Rama Yade, la giovane sottosegretaria senegalese?

    E invece, zitto zitto, l'uomo del Drive in, Silvio Berlusconi, stava facendo quello che il Pci-Pds-Ds da tempo prometteva e non manteneva, vuoi per obblighi di spartizione-poltrone tra alleati, vuoi per scorie residue di maschilismo (più nascosto che a destra, forse, ma non assente a sinistra): stava per piazzare un manipolo di ragazze, tutte insieme, a capo di ministeri, segretariati locali, organismi strategici. Lui, l'ex animatore da crociera, il tycoon delle tv commerciali odiato dalle femministe, stava scommettendo sulle ragazze. Donne non sempre emerse dai suoi circoli e dalle sue tv – ed ecco che, accanto a Stefania Prestigiacomo, Mara Carfagna, Mariastella Gelmini, giovani ministri berlusconiani, è comparsa Giorgia Meloni, la ragazza di An che non aveva nulla di azzurro “Forza Italia” e piuttosto prorompeva di forza naturale della Garbatella (mitigata dall'esperienza di ex vicepresidente della Camera ai tempi della presidenza di Fausto Bertinotti – lei nera e lui rosso, ma fu stima all'istante).

    E poi il Cav. li ha difesi a spada tratta, i ministri-ragazza. Dagli attacchi della piazza (Mariastella Gelmini), dell'Europa ambientalista (Stefania Prestigiacomo). Le ha fatte parlare, le ha messe avanti ai vecchi e scafati politici d'apparato.
    Non che oggi si siano spenti i cori di diffidenza: ma chi sono queste? Non che oggi tacciano quelli che sogghignavano quando Michela Vittoria Brambilla parlava in tv di Tfr con asservità nordista e calze autoreggenti – e oggi però si ritrovano Brambilla, sempre più combattiva, sulla soglia di un futuro ministero (del Turismo). Non che sia sparito il ritornello collettivo: Chi è questa?, da dove viene? Hai voglia a dire, come Mariastella Gelmini: guardate che ho fatto tante campagne elettorali vittoriose, lassù in Lombardia. Hai voglia a dire, come Mara Carfagna: è vero, ho fatto televisione, ma era una vita fa, adesso mi occupo di donne e pari opportunità. E però ora anche al critico più burbero viene il dubbio che ce la facciano davvero, le milizie rosa del Cav, e in un giorno non così lontano, a conquistare la testa di un partito che nasce oggi e solo ieri tutto pareva tranne che un partito pronto per le ragazze.

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    • Marianna Rizzini
    • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.