L'Aquila, ritratto di una città a pezzi
La sensazione è sempre quella di aver di fronte una città anomala, dove ancor prima di raggiungere la centralissima piazza Duomo si ha la consapevolezza di essere entrati in un luogo simbolico, un insieme di piccoli paesi riuniti sotto un'unica insegna cittadina, che divenne rifugio e poi città.
La sensazione è sempre quella di aver di fronte una città anomala, dove ancor prima di raggiungere la centralissima Piazza Duomo si ha la consapevolezza di essere entrati in un luogo simbolico, un insieme di piccoli paesi riuniti sotto un'unica insegna cittadina, che divenne rifugio e poi città. L'Aquila, la città dei castelli, il capoluogo d'Abruzzo, della regione conserva materie prime e competenze tipiche, offrendoli gradualmente allo sguardo del visitatore sottoforma di monumenti intarsiati e di artigianato autentico. Dopo il terremoto di stanotte, però, questa parte di Abruzzo giace a terra semidistrutta, con i suoi stemmi e le caratteristiche insegne. Percorrendo le strade del centro – usiamo il presente come auspicio di una pronta ricostruzione – s'incontrano edifici illuminati più che da lampade artificiali dalla lucente pietra bianca; alcuni simboli della città, quelli dell'antico insediamento romano di Amiternum, fortificato e trasformato da Federico di Svevia nel 1254, sono finiti sui marciapiedi e lungo i vicoli, fino a raggiungere Piazza Duomo, divenuta il principale rifugio per i cittadini del centro. Lì, di solito, il visitatore si accorge di essere entrato in una città che offre i confort di un capoluogo senza perdere di vista la semplicità della gente che vi abita – il tunnel che dalla lontana stazione degli autobus proietta a pochi passi dalla facciata della Cattedrale, anch'essa danneggiata, è pura avanguardia e rappresenta soltanto una delle vie d'accesso al centro.
Da questa mattina le cose sono cambiate. Le immagini del capoluogo scorrono sui due lati del tunnel con addosso i segni della devastazione, con il centro storico interdetto alla circolazione delle auto, i palazzi gravemente lesionati e la cupola della chiesa delle Anime Sante completamente crollata. Poche centinaia di metri e le scale mobili che solitamente consegnano il visitatore al nucleo storico della città hanno un aspetto diverso, inaccessibile. Solo i mezzi di soccorso riescono a entrare, a fatica, nel centro storico, una zona che di solito si presenta animata da un mercato che conserva intatta la sua storia. Oggi l'area del Duomo è stata snaturata: laddove bastava uno sguardo intorno alla piazza per cogliere le analogie fra gli intarsi dei monumenti e i merletti appoggiati sui banchi del mercato, da stanotte bisogna guardare a terra per riconoscerne appena la forma. Furono i ricami su seta e lana a trasformare la città in uno dei centri più importanti del Regno Angioino, gli stessi che, nel corso degli anni, il restauro ha riscoperto sottoforma di decorazioni per le chiese, oggi nuovamente danneggiate.
Le strade seguono ancora il tracciato del cardo e del decumano, assecondando la struttura a scacchiera della pianta cittadina, concepita attraverso una serie di dislivelli che restituiscono allo sguardo quel che la fatica toglie per percorrere la città a piedi. Scorci antichi resistono agli interventi dell'uomo, ma non a quello della natura. E' crollata anche una parte del convento delle Clarisse, a poche decine di metri dal centro storico; una parte dell'ospedale è inagibile e una corsia per i feriti è stata allestita nella Cappella vicina. La cittadinanza – almeno 90 mila le persone in cerca di un alloggio – per ora si è raccolta nelle piazze del centro: Piazza Duomo, Piazza Palazzo, Piazza Castello, edificata nel 1530 sui resti di una piccola fortezza. Lì sorge il castello, ultimato nel 1635, di cui restano intatte le torri angolari, soltanto danneggiate dal sisma. Si segnalano però danni gravi negli ambienti dove ha sede il museo nazionale d'Abruzzo e nel palazzo della prefettura, che custodisce l'archivio di stato. I tecnici dei Beni culturali parlano anche del crollo del campanile della chiesa di San Bernardino e del cupolino di Sant'Agostino.
Si continua intanto a scavare in alcune zone periferiche della città e nella storica Casa dello studente, semidistrutta, dove mancano all'appello ancora alcuni ragazzi. L'Aquila è anche un polo universitario, ma stanotte si è trasformato in un luogo in cui si sta in fila per un pieno di benzina. C'è poi un elemento che appartiene alla città più delle automobili: l'acqua, che a porta alla mente la fontana delle 99 cannelle. Si tratta di uno dei monumenti caratteristici della città, insieme con la Basilica romanica di Collemaggio, che ospita il sepolcro di Celestino V ed è situata fuori le mura. La Basilica ha fatto registrare il crollo della parte terminale dal transetto, mentre la fontana è rimasta intatta. I suoi 99 zampilli richiamano altrettanti rioni del capoluogo, eredità dei castelli inurbati nel Medioevo, anche se in realtà erano molti di meno. Se infatti resta una consuetudine dire che a l'Aquila si rifugiarono 99 paesi prima della sua fondazione, oggi si può affermare, e non soltanto augurare, che la città, grazie alla fierezza che la caratterizza da sempre, potrà ristabilire quel primato che la natura ha tentato di toglierle nuovamente - era già successo nel ‘700.
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