Generazione X Factor
X Factor è una lezione di filosofia. Sui cosiddetti talent show, sui conservatori che non sono più quei posti magici e duri che fabbricavano musicisti, sul come non pensare l'elefante, con annesso sputo sul computer per via del governo ladro e soprattutto di una Redbull. Così è finita una serata dal vivo (brividi inclusi) sul set di X Factor.
X Factor è una lezione di filosofia. Sui cosiddetti talent show, sui conservatori che non sono più quei posti magici e duri che fabbricavano musicisti, sul come non pensare l'elefante, con annesso sputo sul computer per via del governo ladro e soprattutto di una Redbull. Così è finita una serata dal vivo (brividi inclusi) sul set di X Factor. Un programma con nome inglese, format internazionale, di grande successo all'estero e alla seconda edizione italiana (tutti i più sani motivi per essere evitato). Però.
La produzione ha infilato nel programma tre giudici di tutto richiamo: un musicista-cantautore (Morgan), tanto scenografico quanto preparato; una produttrice discografica indipendente che ha scovato e prodotto Tiziano Ferro, ha un sorriso contagiante e la capacità di sapere leggere in un ragazzo l'artista che verrà (Mara Maionchi); una conduttrice di successo, colonna portante delle domeniche sportive da anni, donna forte nel lavoro quanto fragile in mezzo alle note: Simona Ventura. Ognuno di loro si vede assegnata una categoria (giovani, meno giovani e gruppi). Con l'aiuto degli insegnanti, i ragazzi preparano ogni settimana una cover che in puntata diventa l'esibizione su cui si pronuncia il pubblico tramite televoto. I cantanti sono bravi. Non si sa se siano o saranno artisti, ma cantano dal vivo e sembra di essere a un concerto, più che a una trasmissione televisiva. L'incontro con i giudici è prima che vadano in onda, negli studi Rai di via Mecenate, Milano. Quello che si fa aspettare di più è l'unico fra i tre che non è donna. Morgan (Marco Castoldi) esce a torso nudo con un paio di pantaloni neri. Cammina sculettando per il lungo corridoio dei camerini (tende nere che dividono gli spazi di un enorme capannone televisivo). Ride e finge di mangiare una mela, poi rientra nella sua stanzetta (avevano avvisato, si doveva aspettare perché doveva finire di radersi). Finalmente c'è l'ammissione in camerino.
Qui è una Rai molto padana: non per fattori di lottizzazione o propaggini della politica lombarda, ma per puro fattore geografico, almeno per iniziare. Siamo in piena Lombardia, pienissima Milano, e i conduttori del programma, i giudici, la struttura, e persino le maschere (e i mascheri, tanti sono uomini) parlano milanese. E' così, come a Roma non è così. Per chi conosce soltanto gli studi Rai di corso Sempione scoprire quelli enormi di via Mecenate è una sorpresa. Sembra un po' la Cinecittà milanese, molto in piccolo e più ordinata. E' lì che da mesi si sono dati appuntamento i giovani, i papà e le mamme, i fan di un programma televisivo che sta per finire ma mai come quest'anno è stato al centro di un confronto con programmi concorrenti (“Amici” su Canale 5), tra reti avversarie e talenti sommersi (a volte anche emersi).
Morgan è seduto su una specie di sedia da barbiere, un po' più alta delle due poltroncine rosse piene di strumenti, stole, faldoni di documenti e spartiti. Due beccucci gli schiacciano i ciuffi argentati in testa e una ragazza molto paziente tenta di truccarlo, stesse fermo. “Mi date una Redbull?” (sarà la bibita che ingurgita in quantità industriali anche durante il programma?). Ha uno sguardo diretto ma da sotto in su, forse è timidezza dissimulata. “Sono una maschera di argilla ispirata a Casanova”, dirà di lui. Sembra sempre sull'orlo di scoppiare a ridere oppure a piangere. E' quella faccia bifronte, tragicomica, il parlare forbito mischiato all'intercalare di uno che se ne frega. “Io ho accettato di essere qui soltanto perché si parla di musica. Non sono qui a parlare di costume e società. Sapevo che non avrei mai ceduto alle lusinghe del generalismo”.
Per uno come lui una facile accusa è quella di essersi venduto l'arte in cambio di visibilità e soldi. Non è vero: scrive ancora e tanto, dice, “tutte le notti” (le occhiaie confermano). “Scrivo una canzone ogni venti giorni”. Esce “Italian songbook” in tre volumi (uno a giorni, uno a settembre, il terzo si vedrà). Esce un suo libro a maggio. Poi un diario. “X Factor non mi ha tolto niente, si occupa di musica”. L'anno scorso ha vinto il “suo” gruppo, gli Aram, e quest'anno voterebbe per Noemi, “una che ha potenzialità”. Una voce soul che sono venuti a tifarla anche da Novara, lei che è di Roma. Una a cui Morgan ha fatto cantare una sua canzone, “Altrove” (quella di: “Mi sveglio col piede sinistro/ quello giusto”). Una per cui Morgan ha ballato (“Anche i colti ballano”, il commento della Maionchi). Una che il pubblico gli ha eliminato così, sotto il naso, in una puntata qualunque. La Ventura aveva insinuato potesse esserci del tenero, tra i due, e quando lui ha ammesso di essere innamorato tutti avevano pensato a lei. Di chi è innamorato Morgan? “Lo scoprirete solo vivendo”, risponde affogando in una risata (era uscita la notizia che la fortunata fosse Maddalena Corvaglia, in un'intervista lui ha poi detto che è già finita, che lo mollano tutte). Dice che indosserà lo smoking rosa. Quando gli propongono una stola bianca e nera svolazzante come poche, rifiuta: “No, è troppo”.
Pensa che X Factor faccia bene o male alla musica? Sua figlia (Anna Lou) ce la manderebbe mai? “Lei non ne ha bisogno, ha me”. Okay, e per chi non ha Morgan come papà? “X Factor è un tentativo inutile e vano di rimanere al passo coi tempi, ma nonostante X Factor rimaniamo un paese arretrato culturalmente”. Il suo modello di non arretratezza è l'Inghilterra. “Purtroppo. Perché mi stanno sui coglioni che guidano a destra, vogliono stare in disparte dall'Europa, non hanno l'euro, sono soltanto amici degli americani, tutti gli europei sono terroni, però sono leader nella musica (dice tutto fin qui senza mai prendere aria, ndr). Lo dico anche in una mia canzone: ‘Gli inglesi sono gentiluomini che scattano polaroid'. E' una vecchia storia di filosofia: prova a non pensare l'elefante, mi diceva il mio prof. Provaci, come fai?”. In effetti. “Non si riesce a non pensare agli inglesi senza considerare che sono tanto bravi quanto stronzi”. Sarà X Factor, nato in Inghilterra, a far progredire l'Italia? O prevale il bisogno di fare televisione (e audience)? “In Italia il governo non fa abbastanza”. Sgomento. Una risposta così qualunquista da lui non ce la si aspettava. Idee più originali? Si inalbera, smette di guardare lo specchio, si gira, si infervora e alza la voce: “Partiamo dalla scuola, c'è musica nella scuola? Siamo indietro, siamo fuori dal dibattito musicale internazionale, siamo rimasti indietro come paese. Quanta voglia abbiamo di fare scoperte, di investire su prodotti a rischio? Quelli indipendenti non ci sono, a scommettere, perché si occupano del governo che non se ne occupa”. E lì arriva lo sputo involontario di Redbull sul computer. Il mio computer. Cerca affannato un fazzoletto, “è corrosivo”, dice qualcuno. Pulisce il mio schermo.
C'era una volta il Conservatorio. C'era una volta un bambino di nome Martino che a quattro anni entrava in classe accompagnato dal suo contrabbasso. Martino era figlio di musicisti, prendeva dieci nel dettato musicale e a volte riusciva anche a suggerire la nota giusta ai più grandi, quando si capitava vicini di banco. E' probabile che un Martino nato oggi, tra cinque anni non troverà il conservatorio a crescerlo. A parte che già oggi autorevoli musicisti consigliano di starne alla larga: come mai nessun concertista di successo insegna nei conservatori? Come mai un bravo chirurgo insegna, un bravo ingegnere insegna, un bravo musicista invece fa concerti e dà lezioni private, invece che aspettare si liberi la cattedra di pianoforte nel conservatorio di una città italiana?
A X Factor non ci sono bambini né contrabbassi. Ci sono giovani che vorrebbero cantare per lavoro e vincere il premio da 300 mila euro con il contratto di una casa discografica. Ci sono ragazzi che dopo l'esibizione aspettano il responso dei giudici dondolando da una gamba all'altra, come al liceo dopo l'interrogazione prima che la prof dicesse: “Sette meno”. Che ci fa qui Mara Maionchi, produttrice indipendente che ha scoperto e fatto crescere Tiziano Ferro? “A 68 anni non so fare altro, conoscere ragazzi nuovi mi piace sempre. Questo programma aiuta a fare incontri favorevoli”. La scuderia di Ferro ha adottato anche Giusy Ferreri, ex cassiera sarda di un supermercato che l'anno scorso era stata eliminata a X Factor e oggi porta in giro il suo disco e fa concerti (l'avevano vestita troppo da Amy Winehouse italiana, ma la Amy vera aveva scritto “Rehab” sapendo quello che diceva).
Si potrà incontrare un Battisti del 2009 a X Factor? “Perché no. Ancora adesso si gira per locali, come faveva lui. Ma questa è un'opportunità in più. ‘X Factor' è il valore artistico che una persona ha, e qui si possono conoscere gli artisti che magari è più difficile arrivino da noi”. Con la sua casa discografica, in cui lavora insieme con il marito Alberto Salerno, produrranno il disco di Toni, “quel ragazzo napoletano, molto bellino, dell'anno scorso. Ci manda un pezzo al giorno. E usciamo con sette pezzi suoi”. Una delle polemiche che ha coinvolto X Factor è stato il confronto con un programma italiano ma concorrente: “Amici” di Maria De Filippi su Canale 5. Ascolti record, un vincitore dell'edizione scorsa che poi ha vinto anche Sanremo 2009, mentre Maria De Filippi conduceva su Raiuno insieme con Paolo Bonolis il sabato sera della finale. E' complicato, ma è così. La stessa Maria De Filippi aveva attaccato Simona Ventura. La moglie di Costanzo aveva trovato inadatte le tette della Ventura strette nei push up. Il direttore di Raidue, Antonio Marano, che ha creduto nel programma insieme con la casa produttrice (la Magnolia di Giorgio Gori, ex direttore di Canale 5), aveva sottolineato che sono indiscutibili gli ascolti della signora De Filippi, ma che la segmentazione dell'audience rivelava che X Factor è più seguito al Nord e da un pubblico più scolarizzato. La cosa ha fatto inalberare De Filippi. Altro aspetto della guerra è il continuo cambio del giorno di messa in onda: prima era il lunedì, poi il martedì, la finale sarà lunedì di Pasquetta, Mediaset ha programmato per quella sera il Grande fratello, visto che “Amici” è finito e non si può controprogrammarlo più. La differenza tra i due programmi esiste. Mara la spiega così: “Io non sono un'insegnante, non potrei insegnare nulla. Il produttore discografico sceglie un artista, ma non può insegnargli niente, sennò sarei io l'artista, e sarei pure pessima”.
Simona Ventura, che poi ha detto essersi chiarita con Maria De Filippi, la quale aveva spiegato di essere stata mal interpretata, a domanda diretta su “Amici” non risponde: “C'è posto per tutti, ma io non ho tempo” (però quando Morgan balla per accompagnare l'esibizione di Noemi gli dice: “Sei pronto per Amici”, e l'ironia è esplicita). La Ventura riconosce che il prodotto “è buono” ed è arrivata a registrarlo, dice. Eppure il suo ruolo è più importante di qualunque scontro televisivo: “Sono qui per dare un'opportunità al talento, all'eccellenza. Il mio più grande obiettivo è che i ragazzi abbiano una vita fuori di qui”. Esegue il suo compito con diligenza, passione e serietà. Anche con strategia, se serve. “E' una televisiva”, l'aveva definita Morgan. Le sfide ai suoi pulcini sono sfide a lei stessa.
Nel precamerino di Simona non c'è il caos creativo alla Morgan ma l'eleganza di due divanetti in pelle chiara. Entra Juri, forse il favorito della giudicessa bionda, quello al quale Maionchi dirà: “Canti in assoluta comunicazione naturale”. Il parrucchiere gli schiaccia il ciuffo con la piastra, “Ti tolgo la rosa?”. Arriva Simona: “Ciao topo, com'è?”. Sembra sua madre. Una leonessa che dopo aver combattuto può anche lasciarsi andare. La Ventura è in forma fisica smagliante, più di quanto sembri in tv. Tuta grigia (le dona più di certi vestiti grigio cangiante con schiena nuda), capelli arrotolati su bigodini giganti, truccata per entrare in scena. Il viso è tirato e sembra in lotta con il suo pudore, quasi fosse costretta a mostrarsi non avendone minimamente voglia. Loda Marano che ha saputo proteggere il programma. Loda queste giovani promesse della musica. “Dico sempre che ci possono essere amori giusti in momenti sbagliati, come è successo a Giusy Ferreri. Aveva provato tante volte a svoltare e ci è riuscita dopo X Factor”.
Spera accadrà anche ad altri. Per lei, il programma è un amore giusto al tempo giusto. Un palco su cui mostra una fragilità che non le si era vista in tanti anni di carriera. Quasi si fosse detta: va bene l'ironia, l'aggressività, la competenza calcistica. Va bene la donna forte che lavora sempre, la moglie e madre che risorge da un matrimonio fallito, dagli amori finiti, ma qui c'è anche un cuore. E allora canta, balla. Si butta addosso a uno appena scampato all'eliminazione. Piange per il duetto di AmbraMarie con James Morrison. Quasi piange quando il suo Juri entra in ballottaggio per l'eliminazione. Ma Juri arriva in finale. E anche lei.
Il Foglio sportivo - in corpore sano