Lo sciame imprevedibile
Il boato che ha squarciato l’Abruzzo alle 3.32 di lunedì era prevedibile? Si poteva fare qualcosa per evitare la tragedia che finora ha causato 150 morti, migliaia di feriti e decine di migliaia di sfollati? A rispondere è Enzo Boschi, direttore dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, che parla al Foglio durante la Commissione Grandi rischi.
Il boato che ha squarciato l’Abruzzo alle 3.32 di lunedì era prevedibile? Si poteva fare qualcosa per evitare la tragedia che finora ha causato 150 morti, migliaia di feriti e decine di migliaia di sfollati? A rispondere è Enzo Boschi, direttore dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, che parla al Foglio durante la Commissione Grandi rischi (riunita ieri a L’Aquila per capire se la sequenza sismica che da tempo interessa l’Abruzzo avrà un seguito): “I terremoti, come l’evoluzione dell’economia e la storia, non si prevedono: sono conseguenze di sistemi complessi, con molti parametri, molti dei quali non sono neanche noti; sono sistemi caotici. I terremoti non sono prevedibili singolarmente”. Pochi minuti prima c’è stata una nuova scossa tellurica, questa volta di magnitudo 4,1 (quella che ha colpito l’Abruzzo nella notte era di 5,8 gradi).
Ieri Guido Bertolaso, capo del dipartimento della Protezione civile, è stato attaccato da più fronti per non avere ascoltato l’allarme lanciato qualche settimana fa da Giampaolo Giuliani, un ricercatore che avrebbe previsto un terremoto in questi giorni. Boschi liquida in fretta la questione: “Di questa previsione non siamo mai riusciti a vedere un documento, si sa solo che questo signore aveva lanciato un allarme per Sulmona, dove non è poi successo niente, e per giunta una settimana fa. Se gli avessimo dato retta, probabilmente avremmo evacuato la città di Sulmona portando le persone proprio a L’Aquila, creando in questo modo i presupposti per una tragedia ancora più grande”. Di Giuliani, presentato come ricercatore ai laboratori del Gran Sasso dell’Istituto nazionale di Fisica nucleare, ha parlato ieri al quotidiano on line ilsussidiario.net il direttore dell’Istituto, il professor Eugenio Coccia: “Giuliani non è un ricercatore, è un perito elettronico che non lavora nemmeno per l’Istituto che io dirigo. In base alle sue previsioni bisognava evacuare Sulmona otto giorni fa, ecco perché dico che su queste cose bisogna andare molto cauti”. Boschi chiude la polemica: “Questi sono personaggi che compaiono sempre quando si verificano terremoti importanti, poi passano. Lo stesso accadde lo scorso anno per il terremoto in Cina. Per alcuni giorni si parlò di un gruppo di ricercatori che avrebbero previsto il sisma; si scoprì poi che non era vero”.
Il punto è un altro, secondo Boschi, “non prevedere i terremoti, cosa impossibile, ma prevenirli”. In che modo, però? “Da un punto di vista edilizio – spiega – Per esempio qui a L’Aquila è crollata la prefettura, che sarebbe l’edificio dove dovremmo riunirci per gestire tutte le operazioni, ed è stato evacuato un ospedale: due edifici che dovrebbero resistere a qualunque scossa. Purtroppo non si è mai fatto niente di concreto in tal senso nel nostro paese”. Eppure qualcosa ci sarebbe: qualche anno fa fu fatta un’identificazione di tutte le faglie attive sul territorio nazionale valutando anche il livello di sollecitazione che un terremoto potrebbe creare in quelle zone e di conseguenza stabilendo certi parametri per le costruzioni degli edifici. “Uno studio praticamente unico al mondo – dice Boschi – fatto dopo il terremoto di San Giuliano di Puglia, rimasto però lettera morta”. Per Boschi bisogna ripartire da lì.
Ecco perché si sente di dire che a L’Aquila “il peggio è passato”, anche se ci fossero altre scosse della stessa intensità di quella distruttiva della scorsa notte: “Gli edifici che dovevano crollare son crollati e la popolazione non è più nelle case”. Magra consolazione, mentre la Protezione civile prosegue a scavare: “Gli interventi stanno andando ‘bene’, sono cominciate le verifiche di agibilità degli edifici per far sì che tra qualche giorno parte degli sfollati possa rientrarvi”. Le scosse però non finiranno subito, avverte Boschi: “Si è attivata una zona sismica ben nota, una faglia che era inattiva dal 1481, e che allora aveva generato una situazione fotocopia di quella verificatasi oggi”. L’attività sismica, infatti, tende a ripetersi nelle stesse zone con caratteristiche molto simili. Il prossimo terremoto tra altri 600 anni quindi? “Può darsi – risponde Boschi – i processi che portano a questi eventi in un dato luogo sono molto lenti”. Eppure imprevedibili, almeno nei tempi.
L’impressione è che l’Italia, non nuova a tragedie del genere, e ogni volta colta impreparata, in fondo non si consideri uno stato sismico quale invece è. “Vero, il Giappone ad esempio – dice Boschi – fa una politica edilizia antisismica dal 1938”. Solo questione di mentalità? “C’è da dire che il Giappone, così come la California (altra regione sismica), non ha la storia architettonica che abbiamo noi: là posson buttar giù tutto e ricostruire senza perdere capolavori del Tre-Quattrocento. A parte questo, però, è una nuova mentalità che serve in Italia, o queste tragedie si ripeteranno”.
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