Tredici tecniche dure di interrogatorio della Cia contro al Qaida
Il presidente americano Barack Obama ha reso pubblici quattro pareri giuridici del dipartimento della Giustizia di George W. Bush, risalenti al periodo 2002-2005, che rispondevano positivamente alle pressanti richieste della Cia di utilizzare particolari tecniche “intensificate” di interrogatorio per estrarre informazioni ai detenuti della guerra al terrorismo in un momento in cui opinione pubblica e politici chiedevano all'agenzia di intelligence di evitare a ogni costo un altro attacco come quello dell'11 settembre.
Il presidente americano Barack Obama ha reso pubblici quattro pareri giuridici del dipartimento della Giustizia di George W. Bush, risalenti al periodo 2002-2005, che rispondevano positivamente alle pressanti richieste della Cia di utilizzare particolari tecniche “intensificate” di interrogatorio per estrarre informazioni ai detenuti della guerra al terrorismo in un momento in cui opinione pubblica e politici chiedevano all'agenzia di intelligence di evitare a ogni costo un altro attacco come quello dell'11 settembre e di riparare al fallimento e alla “mancanza di immaginazione” degli anni precedenti. Obama, inoltre, ha deciso di non incriminare gli agenti Cia che hanno condotto “in buona fede” quegli interrogatori, garantendogli assistenza legale e finanziaria.
La scelta di Obama ha riaperto il dibattito sull'architettura giuridica della guerra al jihadismo, sulla necessità di prevenire stragi terroriste, sui limiti da rispettare nel condurre le attività di raccolta delle informazioni di intelligence e sulla natura di un nemico brutale che non si fa nessuno di questi problemi nel condurre la sua guerra santa contro gli infedeli. I quattro pareri dell'Amministrazione Bush sono illuminanti per la definizione di questo dibattito che va oltre le distinzioni politiche: il repubblicano John McCain, per esempio, è stato il più efficace testimonial della contrarietà alla tortura, mentre a proporre la possibilità di legalizzarla, sebbene solo nel caso in cui un prigioniero sia a conoscenza di informazioni che possono evitare una strage, è stato l'avvocato liberal di Harvard Alan Dershowitz.
All'indomani dell'11 settembre, la Cia chiedeva all'Amministrazione l'autorizzazione a utilizzare particolari tecniche di interrogatorio, non su tutte le migliaia di detenuti, ma soltanto su novantotto persone di alto profilo rinchiuse a Bagram e nelle prigioni segrete (in realtà soltanto in 28 sono stati effettivamente sottoposti a queste procedure). I legali di Bush ribadivano la contrarietà alla tortura prevista dai trattati internazionali e dalle leggi, ma su indicazione della Casa Bianca davano una giustificazione legale alle richieste provenienti dall'apparato di intelligence, appurando che ci fosse sempre una richiesta espressa da parte del direttore della Cia, che le tecniche non causassero dolori estremi e danni irreversibili e che i detenuti fossero tenuti sotto costante controllo dei medici e degli psicologi.
I pareri del dipartimento della Giustizia dettagliano le tredici tecniche richieste dai servizi da applicare in modo progressivo e descrivono le sedute tipiche di un interrogatorio, concludendo che in nessuno di questi casi, “anche se qualcuno potrebbe non essere d'accordo”, si tratta di tortura. Le tredici tecniche sono: “manipolazione nutrizionale” (senza cibo, solo liquidi per garantire il necessario apporto calorico); “nudità” (per causare disagio psicologico e culturale, a venti gradi di temperatura, non ammessi abusi e minacce sessuali); “attention grasp” (testa del detenuto bloccata da una presa con entrambe le mani ai lati del collo e poi mossa velocemente); “walling” (detenuto tenuto con le spalle a un muro flessibile e spinto a intervalli regolari. Il muro è finto, a sbattere sono solo le spalle, non la testa che per evitare il colpo della strega è protetta da un asciugamano arrotolato intorno al collo); “blocco del viso” (mani aperte sulla faccia per bloccare la testa); “schiaffi sul viso” (dita della mano leggermente aperte, non per causare forte dolore, ma sorpresa e umiliazione); “schiaffo addominale (addome colpito con il dorso della mano per destare attenzione, non per fare male); “isolamento” (detenuto chiuso in un container buio, per una durata variabile a seconda delle dimensioni del container e del stato del prigioniero); “wall standing” (detenuto appoggiato con le mani aperte contro un muro e con i piedi distanti in modo che il peso del corpo sia tenuto dalle dita); “posizioni innaturali” (sono tre, per creare disagio fisico e stanchezza); “getto d'acqua” (con acqua potabile e fredda, assicurandosi che non entri negli occhi e nel naso); “privazione prolungata del sonno” (la Cia prevede un limite massimo di 180 ore); “waterboarding” (simulazione di annegamento). In un caso, gli avvocati di Bush hanno giudicato legale la possibilità di sfruttare la paura di un detenuto per gli insetti, mettendo un bruco nel container, ma pare che poi non sia stato necessario.
Tra tutte è il “waterboarding” la tecnica più criticata. La Cia sostiene di averla usata soltanto tre volte e mai dopo il 2003. Il dipartimento di Giustizia l'ha autorizzata soltanto sui detenuti in possesso di informazioni che potrebbero sventare un attentato, come nell'ipotesi di scuola fatta dall'avvocato Dershowitz. I critici sostengono che questi metodi siano inefficaci perché il detenuto è pronto a dire tutto pur di far smettere gli interrogatori, ma ieri sul Wall Street Journal l'ex capo della Cia Michael Hayden e l'ex ministro della Giustizia Michael Mukasey hanno spiegato che una cosa è ottenere una confessione, un'altra informazioni che poi vengono confrontate, valutate e intrecciate con altre.
Il direttore della National Intelligence nominato da Obama, Dennis Blair, ha cercato di mettere tutta questa vicenda nel contesto post 11 settembre in cui è maturata: “Non avevamo una chiara conoscenza del nemico che ci trovavamo di fronte e tutti i nostri sforzi erano concentrati sul prevenire ulteriori attacchi che avrebbero ucciso altri americani. In quei mesi la Cia stava cercando di ottenere informazioni decisive da importanti leader di al Qaida e ha chiesto il permesso di usare metodi di interrogatorio più duri”. Questi metodi, ha concluso il capo dell'intelligence obamiana, “letti in un bel giorno luminoso e sicuro dell'aprile 2009 appaiono forti e inquietanti”. Bill Kristol, direttore del Weekly Standard, commenta: “Quindi, eravamo in pericolo e ora viviamo in ‘un bel giorno luminoso e sicuro dell'aprile 2009'. Saremmo al sicuro. Ottima notizia, se fosse vero. E anche un eccezionale riconoscimento all'impegno dell'Amministrazione precedente, malgrado i democratici dicevano che ci aveva resi meno sicuri. Invece ora pare che le vecchie politiche abbiano funzionato”.
L'Amministrazione Obama è stata obbligata da un giudice a dare una risposta sui “torture memo”. Fino all'ultimo momento, è stata indecisa se porre o meno il segreto di stato e Obama ha specificato che si tratta di un'eccezione: “Credo fortemente che gli Stati Uniti abbiano un dovere solenne di mantenere in modo vigoroso la natura riservata di certe attività e informazioni riguardanti la sicurezza nazionale”. Il capo della Cia, Leon Panetta, era contrario, anche per evitare di far conoscere ai jihadisti i ragionamenti dell'apparato di intelligence. Tanto più che le procedure speciali autorizzate dai “memo” e sospese da Obama sono al centro di un'accurata indagine sulla loro efficacia che era stata richiesta dallo stesso presidente. Ora che è tutto pubblico, difficilmente saranno riesumate, anche se l'ultimo dei quattro memo svela che grazie a questi interrogatori sono stati sventati alcuni piani di al Qaida.
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