Che cosa si nasconde dietro ai mondiali di nuoto a Roma
Capita che il duemilanove non sia affatto un anno come gli altri per quanto riguarda lo sport sia romano sia nazionale. Capita che, nello stesso anno in cui Roma darà tanto spazio ai nuotatori più forti del pianeta, a due piani dalle corsie del Foro Italico si giocherà una delle partite più utili a comprendere i nuovi equilibri politici che stanno a poco a poco emergendo nel cuore sportivo della capitale, dove come spesso succede ormai dalle nostre parti l'unica opposizione che si ritrova il centrodestra non è nel centrosinistra ma è nello stesso centrodestra.
Dal Foglio del 27 aprile 2009
Il nuoto a Roma è una lunga vasca distesa sotto i pini fitti che contrastano di verde i marmi bianchi incastonati lungo il perimetro del Foro italico. Il nuoto a Roma è lo specchio quasi perfetto di una bellissima vasca da cinquanta metri che ogni estate travolge di soffi d'acqua quei cronisti sportivi che pazienti appuntano sul bordo vasca lo stile dei migliori campioni italiani: in quella formidabile passerella che è il Foro Italico dove da anni – dalle Olimpiadi romane del 1960 – si esibiscono i migliori ranisti, i migliori dorsisti e i migliori staffettisti del mondo, e dove quest'anno – quest'anno che Roma ospiterà le gare sportive più importanti dell'anno, ovvero i Mondiali di nuoto – accanto a fenomeni come Filippo Magnini (campione del mondo dei cento stile libero), Alessia Filippi (primatista mondiale degli ottocento dorso), Massimiliano Rosolino (oro olimpico alle olimpiadi di Sidney), Federica Pellegrini (primatista mondiale dei duecento stile libero), una gara molto particolare la giocheranno cinque personaggi non comuni legati per diverse ragioni al mondo dello sport: cinque personaggi le cui storie sono strette come i cinque cerchi olimpici che si intrecciano sopra i vecchi impianti del Foro Italico e i cui nomi vanno presi in considerazione per capire quello che sta succedendo a Roma attorno all'universo dello sport – e soprattutto attorno al mondo della politica.
I nomi sono quelli di Gianni Alemanno, di Paolo Barelli, di Gianni Letta, di Giovanni Malagò e di Gianni Petrucci. Il primo è sindaco di Roma, il secondo è senatore del Pdl, il terzo è Sottosegretario di stato, il quarto è presidente del circolo canottieri Aniene, il quinto è il numero uno del Coni. Capita dunque che il duemilanove non sia affatto un anno come gli altri per quanto riguarda lo sport sia romano sia nazionale. Capita che, nello stesso anno in cui Roma darà così tanto spazio ai nuotatori più forti del pianeta, a due piani dalle corsie del Foro Italico si giocherà una delle partite più utili a comprendere i nuovi equilibri politici che stanno a poco a poco emergendo nel cuore sportivo della capitale, dove come spesso succede ormai dalle nostre parti l'unica opposizione che si ritrova il centrodestra non è nel centrosinistra ma è nello stesso centrodestra.
Il prossimo sei maggio, il Comitato olimpico nazionale dovrà scegliere il successore del presidente Gianni Petrucci, e se è vero che le soglie di attenzione dei lettori dei giornali vengono solitamente messe a dura prova ogni volta che la parola “Coni” finisce sulle pagine dei quotidiani, quest'anno attorno all'elezione del numero uno del Comitato olimpico si muovono però mondi affascinanti – due mondi uguali e contrari che per la prima volta porteranno alla luce del sole quello scontro soft che esiste a Roma tra Gianni Letta (e dunque in parte anche il Cav.) e Gianni Alemanno. Il pretesto, appunto, è l'elezione del nuovo presidente del Coni, e lo è anche perché quest'elezione si interseca in modo forte proprio con i prossimi Mondiali di nuoto – che sono l'evento sportivo più importante dell'anno, che sono una roba che coinvolgerà qualcosa come 170 nazioni, che metterà in campo 100 televisioni, 2.500 atleti, che farà girare qualcosa come 150 milioni di euro e che (secondo l'istituto Piepoli) farà aumentare quasi del 2 per cento il pil della città (il giro d'affari sarà di 2,7 miliardi di euro).
Tutto ruota attorno a due figure forse poco conosciute al di là del Raccordo anulare: il primo è Paolo Barelli, il secondo è Giovanni Malagò – i quali oltre a essere il presidente e il vicepresidente del Comitato organizzatore dei Mondiali di nuoto di Roma 2009, oltre a essere i padroni di due tra i più importanti impianti costruiti per i mondiali di nuoto, oltre a essere espressione di due mondi politici assai diversi l'uno dall'altro, oltre a tutto questo sono entrambi parti in causa nella partita per l'elezione del presidente del Coni. In questo senso: Paolo Barelli è da tre legislature parlamentare della Repubblica (lo è stato per Forza Italia, lo è oggi per il Pdl) ed è uno dei tre candidati alla presidenza del Coni. Gli altri si chiamano Gianni Petrucci (attuale presidente) e Franco Chimenti (ex vicepresidente della Lazio ai tempi di Giorgio Chinaglia e oggi presidente della Federgolf). Finora, le elezioni del Coni sono storicamente sempre rimaste assai lontane dalla politica, ma da quanto Barelli si è candidato alla carica di presidente tutto è cambiato e i giochi sono venuti allo scoperto. Barelli è appoggiato da Gianni Alemanno, Franco Chimenti è appoggiato da Giovanni Malagò e Gianni Petrucci gode invece della piena fiducia di Gianni Letta.
Le storie incrociate dei protagonisti di questa partita iniziano a intrecciarsi subito dopo un'intervista che Barelli ha rilasciato due settimane fa alla Gazzetta dello sport, quando il senatore presentando la sua candidatura alla presidenza ha usato una frase che ha lasciato intendere l'appoggio diretto alla sua campagna di Silvio Berlusconi. “Per rispetto e coerenza – ha detto Barelli – non potevo fare un passo del genere senza confrontarmi col presidente del Consiglio”. A quanto pare non è andata proprio così, e per la stessa ragione con cui in questi giorni ha scelto di rimandare a data da destinarsi le nomine dei direttori dei tg e delle reti Rai (tranne forse quello del Tg1), il Cav. non ha alcuna intenzione di dare all'opposizione il pretesto per essere accusato di aver politicamente occupato le massime cariche dello sport italiano. Così, una volta studiata l'intervista di Paolo Barelli, Gianni Letta è sceso personalmente in campo per far sapere che “l'autonomia dello sport è un valore intoccabile” e che la candidatura di Barelli non è affatto appoggiata da Palazzo Chigi. Non ha fatto però neppure in tempo a parlare, Letta, che due tra importanti uomini del centrodestra hanno deciso di uscire allo scoperto per appoggiare personalmente Barelli. Il primo è il ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola, il secondo è il sindaco di Roma Gianni Alemanno. Le ragioni sono molto diverse ma tutte e due sono ugualmente significative. Scajola lo fa da fondatore e presidente onorario della società Rari Imperia (società che ha una squadra femminile di pallanuoto che gioca in A1 e una maschile che si trova in A2) e lo fa anche perché con Barelli Scajola ha costruito un solido rapporto negli anni (oltre a essere senatore, Barelli è anche assai apprezzato presidente della Federnuoto).
Per Alemanno, invece, il discorso è di un altro tipo, perché il sindaco di Roma si ritrova per la prima volta con la possibilità di mettere le mani su quel patrimonio sportivo con cui l'ex sindaco Walter Veltroni aveva costruito una parte decisiva della sua formidabile macchina di consenso politico. Un potere che era cresciuto anche su quei campi da calcetto romani dove i menischi sfondati e i crociati sfasciati arricchiscono quotidianamente i chirurghi della capitale, e dove con grande abilità l'ex segretario del Pd era riuscito a mettere insieme il mondo dei costruttori, dei banchieri, degli imprenditori e dei capitani di industria. Bisogna sapere che le fotografie migliori per comprendere i rapporti tra politica e sport a Roma sono quelle che si sviluppano nell'universo del basket, della pallavolo e dei circoli sportivi. In quel mondo, Walter Veltroni ci entrò in modo così deciso che, alla fine dei suoi anni di governo, suoi amici stretti, e d'altra parte anche suoi simpatizzanti, erano diventati i padroni delle due squadre di basket e di pallavolo più importanti di Roma (la famiglia Toti), i presidenti dei circoli canottieri romani (l'Aniene di Malagò in particolare) e lo stesso il presidente Petrucci (fu lui tre anni fa a nominare Veltroni presidente onorario della Lega Basket, carica tra l'altro ancora ricoperta da W.). Lo stesso invece non è riuscito a fare Gianni Alemanno, che nel panorama dello sport romano i migliori rapporti li ha principalmente con Claudio Lotito (presidente della Lazio)e Claudio Barbaro (presidente dell'Asi che al Coni naturalmente è sponsor di Barelli). Quello dello sport a Roma è in fondo uno dei pochi terreni sui quali il lettinismo (sintesi politica dei mondi legati ai bracci destri di Veltroni e Berlusconi: Bettini e Letta) e l'alemannismo non si sono ancora confrontati a dovere.
Ma ora che Lupomanno sta provando ad affondare le sue radici anche su questo campo è sempre più evidente come il profilo politico del sindaco di Roma abbia imboccato un binario molto distante da quello su cui viaggia per esempio Gianni Letta. Il dato interessante che può far capire come questa in fondo sia più una partita interna al centrodestra che al centrosinistra è anche l'atteggiamento portato avanti su questo tema dal Partito democratico, perché prima che arrivassero le indignate dichiarazioni ora dei veltroniani Giovanna Melandri (“La candidatura di un esponente politico del Pdl è in aperto contrasto con il principio dell'autonomia dello sport dalla politica”) e Sergio Chiamparino (“Lo sport diffidi di chi ha sponsor politici”) ora del rutelliano Donato Mosella (“La politica faccia una passo indietro), curiosamente le prime due voci che avevano partecipato al vivace dibattito sono state quelle dei parlamentari – sempre del Pd – Paola Concia e Massimo Zunino. C'è chi dice che l'abbiano fatto perché Concia in realtà voleva appoggiare l'ascesa sportiva di uno dei componenti del comitato organizzatore del mondiale (Cecilia D'Angelo) e perché Zunino non aveva voglia di mettere in imbarazzo la moglie Patrizia Giallombardo (che è stimatissima allenatrice della squadra nazionale di nuoto sincronizzato). Fatto sta che sia Concia sia Zunino – invece che gridare vergognavergognavergogna come suggerito dai propri colleghi del Pd – hanno preso e hanno appoggiato la candidatura non di Petrucci, non di Chimenti ma di Paolo Barelli.
Ma la figura chiave in questo gioco di equilibri di potere è senz'altro quella di Giovanni Malagò, che nella corsa alla presidenza del Coni appoggia Franco Chimenti (socio dell'Aniene così come socio dell'Aniene è anche un altro uomo che occupa una posizione delicata all'interno del mondo dello sport – Rocco Crimi, sottosegretario allo Sport). Se prima di iniziare la sua carriera politica, Barelli è stato già finalista olimpico (due volte), è stato pluricampione italiano di nuoto, è stato il dirigente che ha valorizzato quel talento che è Alessia Filippi (che oltre a essere dorsista di livello mondiale è stata candidata – ed eletta – due anni fa alle primarie del Partito democratico come membro dell'assemblea costituente che diede vita al Pd), ed è stato persino compagno di vasca al Salaria sporting Village di Nanni Moretti (e il film Palombella rossa nasce ispirato anche alle esperienze vissute in quelle piscine), diversissima è invece la storia di Malagò: che nasce come giocatore professionista di calcetto (ha giocato sia in serie A che in nazionale Malagò) e che la vasca l'ha scoperta da presidente del circolo Aniene (circolo per cui gareggiano alcuni tra i più forti nuotatori del mondo. Un nome su tutti è quello di Federica Pellegrini).
Malagò – che è forse uno dei simboli più sinceri di quell'espressione popolare conosciuta come “generone romano” e che è conosciuto anche per la straordinaria abilità con cui il suo mondo riesce spesso a creare un filo diretto tra le seggiole dei consigli d'amministrazione le poltrone dei salotti romani – non è soltanto il numero uno del circolo canottieri Aniene e non è soltanto l'organizzatore principale dei Mondiali di nuoto, ma è uno dei volti senza i quali non è possibile capire come funziona quel complicatissimo mondo che vive a Roma a cavallo tra politica e sport. Basti pensare che Malagò è stato considerato per anni l'uomo dell'avvocato Agnelli nella capitale (glielo presentò l'amico Lupo Rattazzi). Basti pensare a quali sono alcuni tra i nomi più famosi che fanno parte del suo circolo – Gianni Letta, Walter Veltroni, Luca Cordero di Montezemolo, Marco Tronchetti Provera, Corrado Passera, Cesare Romiti, Francesco Gaetano Caltagirone, Claudio Toti, Francesco Rutelli, Chicco Testa. Basti pensare alle società di cui Malagò è consigliere di amministrazione – Unicredit, Air One, Tecnimont (dove lavora a stretto contatto con Matteo Montezemolo), Samocar, Samofin, Investimenti (holding partecipata insieme con Lupo Rattazzi) e Fondazione Lazio (il cui vicepresidente è Giampaolo Letta). Come è noto, il mondo di Malagò è stato per anni anche espressione del veltronismo più smaliziato. Perché è vero, i circoli romani hanno sempre avuto in fondo un profilo politico più di destra che di sinistra, ma con Veltroni le cose sono andate in modo molto diverso, i rapporti con l'ex sindaco erano ottimi e W. giustamente non ha mai fatto nulla per nascondere la sua simpatia per l'Aniene (dove Veltroni ha presentato tutti i suoi libri), per il Canottieri Roma, per il Tevere Remo e per tutti i circoli che vivono sulle sponde del Tevere. Solo che oggi, dopo essere stato – come da sua stessa ammissione – vertroniano de fero, dopo aver persino sognato un ruolo da “civil servant” in un ipotetico governo a tre Veltroni-Letta- Montezemolo, dopo essere stato sempre in prima fila a tutti i congressi organizzati dal Pd romano, dopo aver sognato persino di correre come presidente del Coni, Malagò ha deciso di sostenere apertamente i dirigenti del Pdl. Tanto che al congresso del Pdl, Malagò era seduto proprio nelle prime file della nuova Fiera di Roma.
Collegato con quanto sta succedendo al Coni c'è poi un capitolo più delicato, che è senz'altro quello degli impianti sportivi costruiti in occasione dei mondiali di nuoto. I nomi di Malagò e di Barelli ritornano anche qui. Poco dopo l'assegnazione dei mondiali a Roma, la giunta Veltroni decise che le strutture pubbliche da costruire (Tor Vergata, Foro Italico, Ostia, San Paolo, Pietralata) non sarebbero state sufficienti per ospitare le gare del 2009, e che sarebbe stato così necessario aprire anche ai privati. All'epoca, arrivarono trentotto richieste per la costruzione di impianti: ventitré furono accettate e quindici invece no. Il commissario straordinario per i Mondiali – ieri Angelo Balducci oggi Claudio Rinaldi – spiegò che la motivazione per cui i progetti delle piscine erano stati bocciati era dovuta al fato che quelle zone erano considerate “vincolate”. Tra i privati, c'erano anche il Canottieri Aniene di Giovanni Malagò e il Flaminio Sporting Club di Luigi Barelli, fratello del senatore Paolo. Il 22 gennaio del 2008, il nuovo commissario delegato allo svolgimento dei Mondiali di Nuoto (Rinaldi) diede però il via libera, “in via straordinaria”, alla costruzione su alcuni terreni vincolati.
Tra i privati che beneficiarono così della deroga c'erano anche i circoli di Malagò e di Barelli. Proprio ieri sera, Malagò ha inaugurato a pochi passi dalla moschea di Roma le tre piscine con palestra, ludoteca, caffetteria e alloggi da 26 posti costruite su un terreno che il comune di Roma ha dato in concessione gratuita al circolo per i prossimi 99 anni. Costo dell'operazione, 13 milioni e 850 mila euro. Vuoi perché ogni volta che si parla di Malagò si parla anche di tutto quello che gira attorno a Malagò, vuoi perché Roma è piena di persone che invidiano il magnifico mondo ovattato dei circoli, vuoi perché il canottieri Aniene è obiettivamente una potenza sportiva che viene invidiata da mezzo mondo, vuoi perché c'è chi non riesce a capire come sia possibile che un circolo che vive sul Tevere si sia espanso fino alla Moschea su un terreno di proprietà del comune, come è facile immaginare però questo non ha fatto altro che far aumentare tutti quei brontoloni che in questi giorni criticano gli investimenti fatti a cavallo dei Mondiali. (Tra l'altro, la procura di Roma ha aperto quattro indagini legate agli appalti sui Mondiali di nuoto – l'Aniene, beninteso, non c'entra nulla – e assai criticato è stato anche il commissario Rinaldi, che ha dato il permesso alla costruzione di un impianto al Salaria sport village, gestito dal figlio dell'ex commissario Balducci). Sarà dunque che l'intreccio tra politica e sport, tra Coni e Mondiali è un intreccio venuto ormai alla luce del sole, sarà per tutto questo ma raccontano che quando pochi giorni fa il numero uno del nuoto mondiale (Cornel Marculescu) è venuto a Roma ed è salito al secondo piano del palazzetto del Coni abbia più o meno utilizzato queste parole qui. Se continuano così a Roma siamo ancora in tempo per spostare i Mondiali in un'altra città. (nelle foto: Un mosaico della piscina romana del Foro italico e Il presidente del Coni Gianni Petrucci e il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi - foto Ansa)
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