Mettiamoci il dito/4
I Quattro Autogol
Mi spiace per Veronica Lario, che deve essere forse vittima di cattivi maestri, per avere commesso l'errore di fare le affermazioni sulla presunta candidatura di “veline”. Perde almeno per quattro a zero nei confronti del marito Silvio Berlusconi.
Mi spiace per Veronica Lario, che deve essere forse vittima di cattivi maestri, per avere commesso l'errore di fare le affermazioni sulla presunta candidatura di “veline”. Perde almeno per quattro a zero nei confronti del marito Silvio Berlusconi. Il primo autogol consiste nel fatto di mettere in piazza questioni domestiche. Se non è d'accordo con il marito, se è gelosa, arrabbiata o quel che si vuole, si armi di una pignatta di metallo leggero e la dia in testa al marito. Ma stia zitta in pubblico. Il ruolo della moglie (o del marito) del leader è questo. Il secondo autogol sta nell'espressione “ciarpame senza pudore”. Sembra di essere tornati all'epoca di William Shakespeare: allora nei teatri non potevano esserci donne ma soltanto uomini travestiti da donne, perché se le donne avessero calcato le scene sarebbero state considerate “poco di buono”. Le presunte veline sono ragazze un po' magre, che essendo giovani, hanno soprattutto la “bellezza dell'asino”. Fanno le presentatrici, le attricette, le vallette et similia.
Niente autorizza a definirle “ciarpame”. Né è detto che siano prive di laurea o di cultura o di intelligenza, soltanto perché fanno questo lavoro. Semmai si può sostenere siano inesperte di politica, ma tale è anche il signor Massimo Calearo, industriale di antenne radio, messo là per far figura. Il terzo errore della signora Veronica – che nonostante tutto mi risulta simpatica – consiste nell'aver rilasciato una dichiarazione all'Ansa su un fatto prima ancora che questo si verificasse. Temo che l'errore le derivi dalle letture o frequentazioni di intellettuali della sinistra à la page che non verificano i fatti ma ne parlano. Ciò mi ricorda un dibattito che ebbi quando discussi il programma del governo Craxi con un interlocutore che, appena entrato, mi disse: “Il programma non va, per via del deficit di bilancio”. Io domandai: “Ma scusi, dove lo ha letto?”. La risposta fu: “Non l'ho ancora letto ma me lo figuro”. Il programma conteneva una mia formula, poi diventata la “regola di Brown”, cioè quella per cui le spese pubbliche e correnti debbono crescere con il tasso di inflazione, mentre quelle di investimento e le entrate con il prodotto interno lordo. Il che comportava proprio la riduzione progressiva del deficit. Come è possibile, prima della presentazione delle liste, affermare che in esse ci siano (troppe) veline? Non lo so, ma me lo figuro? Quarto autogol, questa noia della questione femminile. Basta e poi basta. Seguitando così, si potrà dire che le femministe se la vanno a cercare.
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