Un'idea, diciamo, audace per risolvere matrimoni complicati

Ogni moglie offesa dal marito chiede solo una cosa piccola piccola, le scuse

Annalena Benini

Le scuse, che idea audace. Una signora non deve chiedere scusa, una signora ha sempre ragione e una moglie trentennale ha il massimo della ragione esistente in natura (soprattutto quando spacca piatti in testa, lancia vestiti giù dalla finestra, brucia i libri della biblioteca del marito, lo fa sciogliere nell'acido o annuncia il divorzio a tutti i giornali – tranne che al Corriere della Sera).

    Le scuse, che idea audace. Una signora non deve chiedere scusa, una signora ha sempre ragione e una moglie trentennale ha il massimo della ragione esistente in natura (soprattutto quando spacca piatti in testa, lancia vestiti giù dalla finestra, brucia i libri della biblioteca del marito, lo fa sciogliere nell'acido o annuncia il divorzio a tutti i giornali – tranne che al Corriere della Sera). Cecilia Sarkozy non chiese scusa nemmeno quando fuggì con un pubblicitario cafone. Le mogli non chiedono scusa, possono al massimo accettare le scuse: anche se il divorzio si annuncia sanguinoso, e anche se Veronica ha detto di non volerlo più vedere né sentire, Silvio Berlusconi deve andare in ginocchio da lei ed è già in clamoroso ritardo. “Le ho voluto un mare di bene, le voglio molto bene”, nel tinello di Bruno Vespa, e lei a casa che guarda la tivù con le amiche di sostegno, è un po' poco, anzi è niente. Le ragazze dicono sempre. “Non ti voglio più vedere, non osare avvicinarti, verme”, ma il messaggio è: “Corri e chiedi perdono, cretino”. Perdono per tutto, anche per quello che forse non è stato. Perdono culturale, perdono esistenziale, perdono in assoluto. Perdono e grazie perché lei è sempre rimasta lì, fin adesso, perdono e grazie perché ci ha messo dieci anni a chiedere il divorzio.

    “O mi ammalavo o facevo questa scelta”, ha detto Veronica: c'è un intero universo di vita coniugale in questa frase, ci sono centinaia di telefonate pacificatorie di Gianni Letta, mille romanzi letti la sera da sola sul divano, le foto mano nella mano dell'estate scorsa, le assenze dagli incontri ufficiali, le lettere a Repubblica, gli articoli su Micromega, l'aria malinconica, la metà di niente e i capelli folk. Perdono perché una con il senso della storia e del teatro come Veronica (“cali il sipario sulla mia vita coniugale”, ha detto mentre strappava completamente il sipario) può decidere, come ha spiegato lei stessa, di “lavorare su di me per stare con lui”: poi però succede che ci si sveglia una mattina, si trova il dentifricio schiacciato male, nessun messaggio sul cellulare o l'intervista di una ragazzina vistosa ai giornali e ci si trasforma in un uragano. Perfino i compleanni dei figli entrano nella tempesta, dando così modo al Cav. di raccontare qualche sobria abitudine familiare: per il diciottesimo di Barbara ha detto di aver “sostenuto finanziariamente” una festa a Las Vegas a sorpresa, dove invitati mascherati si sono rivelati essere gli amici e il fidanzato dell'ignara festeggiata (oltre alla festa per la moglie a Marrakech, in cui lui era travestito da nobile berbero e lei riconobbe il marito non dagli occhi ma dal nome della gioielleria sul pacchetto regalo e pianse).

    Di una donna come Veronica non si dice che è caduta in un tranello della sinistra, che è stata un'ingenua, non la si tratta come una faccenda politica. Rose, rose e ancora rose, lettere, lacrime fuori dalla porta, lei che ordina alla cameriera di non farlo passare, lui che si dispera e corrompe la cameriera, lei che licenzia in tronco la cameriera ma alla fine lo lascia entrare. Così si fa. Non sono elezioni: è una lunga storia d'amore, è un matrimonio, non basta affidarsi ad Alfonso Signorini e dedicare alla moglie un intero numero di Chi. Veronica per prima ha usato i giornali, rendendo pubblica una faccenda privata, ma non poteva certo telefonare al marito: le donne offese non telefonano, piuttosto si tagliano una mano e aspettano sanguinanti che sia lui a chiamare. Il Cav. deve comportarsi da uomo: prostrarsi davanti alla propria (ex) donna.

    • Annalena Benini
    • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.