I barconi respinti e gli umanitari che la fanno facile

Giuliano Ferrara

Quand'è che abbiamo deciso l'abbattimento delle frontiere, caro monsignor Marchetto? Per l'Europa si sa, e al termine di un lungo processo di armonizzazione legale e politica tra paesi depositari di una storia analoga vennero gli accordi per la libera circolazione delle persone (Schengen), sempre sottoponibili a procedure di sospensione in casi di emergenza.

    Quand'è che abbiamo deciso l'abbattimento delle frontiere, caro monsignor Marchetto? Per l'Europa si sa, e al termine di un lungo processo di armonizzazione legale e politica tra paesi depositari di una storia analoga vennero gli accordi per la libera circolazione delle persone (Schengen), sempre sottoponibili a procedure di sospensione in casi di emergenza. Non che non ne siano derivati acuti problemi di integrazione. Non che da quella libera circolazione interna non sia scaturita un'ondata di paura sociale (la questione romena). Ma con l'Africa subsahariana e con il resto del mondo, con quella parte di globo dove proliferano indigenza e guerre e violazioni dei diritti umani, come la mettiamo? Miliardi di asiatici e africani aspettano le nostre decisioni. E' appena ovvio che l'applicazione del diritto d'asilo generalizzato a masse anonime migranti in provenienza dai diversi buchi neri della Terra, perché questo poi significa accettare i barconi organizzati e attrezzati dagli schiavisti del mare invece di soccorrerli per respingerli con umanità verso il punto di provenienza, vuol dire abbattere le frontiere e suggerire a un pezzo d'Africa di trasferirsi clandestinamente, a suo rischio e pericolo, in condizioni che sappiamo, nella costa nord del Mediterraneo, via Malta e Lampedusa.

    Ho grande stima per il segretario del Pontificio consiglio dei migranti, per questo prelato ricco di risorse e di combattività intellettuale ed etica, ma non c'è ragionevolezza nella piattaforma dei diritti umani agitata da monsignor Marchetto, e alla fine non vedo nemmeno giustizia e umanità in questo modo di ragionare. Non mi piace Zapatero, anche quando spara ai disperati di Ceuta e Melilla, ma soccorrere imbarcazioni allo sbando nel canale di Sicilia e sbarcare i povericristi sulle coste di provenienza dei barconi, nelle mani delle organizzazioni internazionali di assistenza ai profughi, è inevitabile e, per quanto tragico, profondamente giusto anche da un punto di vista umanitario.
    Il senso comune dice che c'è una catena da spezzare, quella del traffico clandestino di uomini donne e bambini, e una catena da intrecciare, quella di un flusso governato e legale di trasferimenti in Italia e in Europa, di raccolta ordinata per l'identificazione e il vaglio delle procedure di emigrazione e di asilo dei profughi. Il respingimento alle frontiere di provenienza, concordato da Prodi e Amato e Berlusconi con Gheddafi, è uno strumento, doloroso da usare, per disincentivare il mercato di carne umana che infesta il Mediterraneo. Bisogna sempre pensare al fatto che c'è anche una nostra responsabilità di cordiali e benevoli ospitanti, capaci di una filosofia dell'accoglienza che salva le nostre coscienze, nel destino di sciagura che si abbatte così spesso sui boat people della disperazione. Quanta gente è morta in mare a causa della speranza di varcare una frontiera abbattuta che noi abbiamo suscitato? Montaigne diceva che in ogni compassione c'è ua sottile vena di crudeltà, perché il cuore dell'uomo è fatalmente ambiguo se l'intelligenza non lo soccorra con i suoi argomenti di verità e di giustizia.

    D'altra parte, visto che adesso gli umanitari che la fanno facile parlano dell'Africa da cui i povericristi provengono come di un “inferno”, diciamo che di fronte alla crisi di quel mondo un altro abbattimento delle frontiere, un percorso strategico di libertà, è stato pur proposto. Ma avete detto di no. Portare la democrazia nel mondo arabo-islamico e dovunque i diritti umani siano calpestati, forzare il corso della storia come spesso è provvidenzialmente avvenuto in passato, e in nome di idee rivoluzionarie di liberazione, di tolleranza, di costituzionalismo e di sviluppo schiettamente occidentali, è un progetto che la chiesa e gli umanitari che la fanno facile non condividono. Lo considerano neocolonialismo, imperialismo, ingenua pretesa di instaurare con la forza ciò che può sorgere solo da una lunga coltivazione di valori. E allora, se la storia ti dà un mondo invivibile e uno vivibile che si chiama occidente, che cosa si fa, si riversa un mondo nell'altro? E si pensa di poterlo fare senza grandi problemi, con una pura petizione volontaristica di principio in favore dello spirito di accoglienza?  Per finire a via Anelli? Per finire con i ghetti e i muri?

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.