Un'antica tradizione - atei furiosi e destra delusa

Obama proclama il giorno di preghiera “nell'anno del nostro Signore”

Christian Rocca

“Io, Barack Obama, presidente degli Stati Uniti d'America, proclamo qui e ora il 7 maggio del 2009 Giornata nazionale della Preghiera. In fede, Barack Obama". Non è uno scherzo. Non è stato sostituito il nome di George W. Bush con quello di Obama. Non è nemmeno una parodia di un documento degli ayatollah iraniani.

    Io, Barack Obama, presidente degli Stati Uniti d'America, proclamo qui e ora il 7 maggio del 2009 Giornata nazionale della Preghiera. Chiedo agli americani di pregare come ringraziamento per le nostre libertà e benedizioni e per chiedere la continua guida, grazia e protezione di Dio per questa terra che amiamo. A testimonianza di ciò, in questo settimo giorno di maggio, nell'anno del nostro Signore duemila e nove e nel duecentotrentatreesimo dell'Indipendenza degli Stati Uniti, in fede, Barack Obama”. Non è uno scherzo. Non è stato sostituito il nome di George W. Bush con quello di Obama. Non è nemmeno una parodia di un documento degli ayatollah iraniani.

    Barack Obama, come tutti i suoi predecessori alla Casa Bianca dal 1952, ha proclamato – con la firma su un atto ufficiale – il Giorno nazionale di preghiera, a conferma che anche il più liberal, cosmopolita e moderno dei presidenti americani considera la religione e la preghiera elementi cruciali della vita sociale e della tradizione politica degli Stati Uniti. Anche altri giganti della politica di sinistra, presidenti come John Kennedy, Lyndon Johnson, Jimmy Carter e Bill Clinton, hanno rispettato la tradizione e invitato i concittadini a pregare e ringraziare tutti insieme Dio.

    L'idea di un giorno di preghiera nazionale, che si aggiunge al giorno di Ringraziamento a Dio, circolava già agli albori della Repubblica americana. Più recentemente si è consolidata con una legge del Congresso, ma è stato il presidente democratico Harry Truman, nel 1952, a stabilire che ogni presidente avrebbe dovuto tutti gli anni scegliere una data di preghiera nazionale. Ronald Reagan ha stabilito che questa data fosse il primo giovedì di maggio e da allora i suoi successori si sono adeguati.

    Negli ultimi mesi, i gruppi laici che si battono per la separazione tra la chiesa e lo stato erano certi che con l'arrivo di Obama alla Casa Bianca le cose sarebbero cambiate. A marzo, invece, Obama ha imposto a un giudice federale del Wisconsin di dismettere la causa intentata da un gruppo ateo, Freedom from religion foundation, che sosteneva la tesi dell'incostituzionalità e dell'illegalità del Giorno di preghiera nazionale, perché in violazione del principio di separazione tra stato e chiesa.
    Annie Laurie Gaylor, direttrice del gruppo, ha detto che la scelta dell'Amministrazione Obama “è stata molto di destra, qualcosa che ci si sarebbe aspettato da Reagan o Bush, certamente non da Obama”. E ora è arrivata la proclamazione ufficiale della festività nazionale che, come si legge nell'atto firmato l'altro ieri alla Casa Bianca, ha radici storiche e politiche nella storia degli Stati Uniti. Nei momenti di incertezza e di grande sfida, ha scritto Obama, “gli americani si riuniscono in umile preghiera”.

    Il presidente, in realtà, ha deluso anche i gruppi religiosi, la destra tradizionale e anche due o tre deputati democratici, perché ha scelto di tenere i riflettori spenti sulla proclamazione della Giornata di preghiera, evitando di farne una manifestazione pubblica come ai tempi di Bush. Obama, da politico consumato, ha cercato di accontentare tutti, come fa su quasi ogni argomento all'ordine del giorno. In questo caso, ha proclamato la festività, ma si è limitato a diffondere il documento e una foto che lo ritrae impegnato a firmare il testo, affiancato da Josh Dubois, il direttore dell'ufficio della Casa Bianca per le iniziative caritatevoli religiose e di quartiere (“di quartiere”, è la formula aggiunta da Obama all'ufficio religioso creato da Bush).

    La giornalista liberal di Time, Amy Sullivan, esperta di questioni religiose, ha criticato chi sostiene che implicitamente Obama sia contrario alla preghiera, per il solo fatto di non aver fatto della proclamazione un evento. Già in campagna elettorale, Obama aveva detto di credere “nel potere della preghiera” e, da presidente, ha partecipato alla preghiera pubblica del National Prayer Breakfast, dove ha pregato e definito gli americani “adorati figli di Dio”.