La sfida del nord tra Lega e Pdl - La Russa: “Noi ancora più forti”
Bossi è pronto a federarsi col Cav. pur di avere Lombardia e Veneto
Sicuro di un successo elettorale, Umberto Bossi prepara un nuovo patto di potere con Silvio Berlusconi. La campagna per le europee e amministrative del 6 e 7 giugno, al Nord, si configura come una battaglia a due tra gli alleati Lega e Pdl. Le previsioni sono trionfali per il centrodestra nel suo complesso, ma dopo il 7 giugno i due partiti si conteranno e Bossi ha pronta la strategia post elettorale.
Sicuro di un successo elettorale, Umberto Bossi prepara un nuovo patto di potere con Silvio Berlusconi. La campagna per le europee e amministrative del 6 e 7 giugno, al Nord, si configura come una battaglia a due tra gli alleati Lega e Pdl. Le previsioni sono trionfali per il centrodestra nel suo complesso, ma dopo il 7 giugno i due partiti si conteranno e Bossi ha pronta la strategia post elettorale: chiedere a Berlusconi un patto che consegni loro il governo di Veneto e Lombardia in cambio di un accordo federativo e di un ridimensionamento della rappresentanza leghista nel governo. Non è un caso che il leader padano abbia fissato l'annuale ritrovo di Pontida per il 14 giugno rinunciando a tenerlo durante la campagna elettorale. Sarà infatti a Pontida che Bossi tirerà le somme avanzando ufficialmente le proprie richieste. Ma il ministro e coordinatore del Pdl, Ignazio La Russa, mette le mani avanti: “Non credo che sia questa l'intenzione della Lega – dice al Foglio – Lo fosse, benché legittima, si tratterebbe di una rivendicazione che deve fare i conti con la realtà elettorale: il Pdl è il primo partito del Nord. E nei capoluoghi persino An, alle scorse elezioni, era più forte della Lega”. Insomma non si può fare.
Ma il partito padano preconizza il superamento del Pdl in Veneto – mentre in Lombardia sarà un testa a testa – e Bossi rispolvera la vecchia idea di “modello bavarese”. La previsione padana è che Berlusconi “farà il pieno di preferenze personali” e si preparerà a rilanciare su “pericolose” ipotesi bipartitiche e presidenzialiste: “Faccia pure – questa l'idea di Bossi – ma ceda a noi il governo delle due più importanti regioni del Nord”. La Lega si regionalizzerebbe (d'altra parte il leader padano lo ripete sempre più spesso in privato: “La nostra forza sono gli amministratori locali”, non i ministri né i parlamentari). Cosa che permetterebbe al premier Berlusconi di perseguire l'idea di una riforma presidenzialista – sul modello cui lavorano i capigruppo di Camera e Senato – senza tuttavia rompere l'alleanza con Bossi.
I padani passeranno all'attacco del governatore veneto Giancarlo Galan (che il Cav. scaricherebbe), mentre sono disposti a dialogare con Roberto Formigoni per due motivi: rispettano il governatore per il suo impegno federalista (lo statuto lombardo) e temono la forte “corrente ciellina” che lo sostiene, specie dopo che questa si è rafforzata anche con il progressivo emergere di Mario Mauro (il Cav. l'ha candidato alla presidenza dell'Europarlamento). “E' evidente – dicono nella Lega – che tutto questo funziona solo se riusciremo a fare un bel balzo in avanti a giugno prendendo i voti del Pd ma anche scippandoli al Pdl” (Veneto e Lombardia votano nel 2010). I sondaggi riservati dicono che è possibile: la fotografia dà Bossi al 28,6 in Veneto e al 22,2 in Lombardia. Così la Lega ha preparato una campagna elettorale che punta a distinguere la politica padana dal quella del Pdl. “Sicurezza e federalismo siamo solo noi”, è lo slogan. E nei comizi locali non si risparmiano frecciate alla politica di tolleranza predicata da Gianfranco Fini. Una battaglia a due.
In quest'ottica concorrenziale rientra la candidatura di La Russa, unico ministro in lista: “Ho deciso di correre nel Nord-ovest perché alle scorse elezioni abbiamo lasciato un 2 per cento di voti alla Lega e adesso ce li dobbiamo riprendere. Il messaggio è che su sicurezza e immigrazione il Pdl non ha una posizione meno ferma di quella di Maroni e compagni”. Il ministro conferma in sostanza che la gara sia Pdl-Lega: “Il Pd lascia delle praterie elettorali e siamo tutti pronti a occuparle”, si vedrà chi conquisterà più consensi. Specie in Lombardia, dove la crisi del Pd è più acuta: nella sola provincia di Varese, in 87 comuni di medie dimensioni su circa 137 complessivi, il Pd è schierato senza il proprio simbolo e soltanto all'interno di liste civiche.
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