Fini mi interessa, ma l'unico che mi incanta è l'Amor Nostro (Mourinho)

Giuliano Ferrara

Qui c'è un equivoco da dissipare. Confermo: Fini per me è diventato interessante (anche i traditori sono interessanti, io sono interessante per me stesso, specie da quando ho tradito il comunismo). E interessante da quando è rimasto solo anche per sua scelta, il Cav. si è preso tutto compreso il suo partito, i quadri decisivi, probabilmente l'elettorato, lasciandogli un ristretto gruppo di affini (il think tank, il Secolo, una manciata di parlamentari).

    Al direttore - Non nascondo la stima che nutro nei suoi confronti, per le sue idee e per il coraggio mostrato nella scorsa campagna elettorale. Lei è un grande uomo in tutti i sensi. Però devo ammettere che leggendo stamane l'intervista rilasciata al Giornale sono rimasto un po' deluso. Fini è a mio avviso un traditore della destra. Ha tagliato troppo tardi i ponti con il fascismo (solo nel 1994 quando il Muro di Berlino era caduto da cinque anni) e in maniera troppo brusca (non si può passare dal fascismo come “seme della storia” a “male assoluto”), ha infine negli ultimi anni reciso qualsiasi legame ideale con qualsiasi concezione di destra. Gli ideali in cui crede Fini oggi sono quelli dei liberal, non quelli comunitari, dei repubblicani americani o dei gollisti francesi. A me ciò preoccupa perché dà l'idea di un uomo che non crede in niente e fa delle scelte per opportunismo.
    Federico Mugnai, via Web

    Qui c'è un equivoco da dissipare. Confermo: Fini per me è diventato interessante (anche i traditori sono interessanti, io sono interessante per me stesso, specie da quando ho tradito il comunismo). E interessante da quando è rimasto solo anche per sua scelta, il Cav. si è preso tutto compreso il suo partito, i quadri decisivi, probabilmente l'elettorato, lasciandogli un ristretto gruppo di affini (il think tank, il Secolo, una manciata di parlamentari). E' interessante la sua solitudine operosa, che invece di affossarlo lo rilancia tra gli applausi dell'establishment (effetto politologicamente paradossale, sebbene per il futuro nessuno possa dire come butterà); è notevole anche la sua conversione al paradigma Bobbio-Zagrebelsky, insomma il fatto che in Italia, per un leader di destra post fascista che voglia compiere un percorso istituzionale e politico autonomo, non c'è apparentemente altra cultura di riferimento che quella liberaldemocratica, secolarista, laicista, fino a picchi di correttismo politico e ideologico. Dicendo queste cose, e qui non confermo, anzi smentisco le interpretazioni distorte, non cado prosternato davanti a Fini e alle sue idee, ci mancherebbe. Faccio del giornalismo politico, evito un eccesso di noia. D'Alema al Quirinale? Era un'idea, non un'adesione alla persona, al suo programma politico, alla sua cultura e memoria storica. Veltroni candidato alle primarie per un vero partito all'americana? Era la messa a fuoco di un fenomeno che, se non fosse stato poi giocato come un passatempo per dilettanti, prometteva qualcosa, e in fondo ci ha dato qualcosa (un revival del maggioritario, la crisi di Prodi e del prodismo, e per contrappunto la nascita del Pdl). Insomma, secondo me un buon giornalismo politico si fa così, non pubblicando quaranta interviste alla settimana al primo che passa e opinionando irresponsabilmente con il ditino alzato. L'unico davanti al quale mi prosterno, si sa, è lui, l'Amor Nostro, Mourinho. (Mi è scappata, scusatemi).

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.