Campagna emiliana

Se non la banca, la fondazione. D'Alema muove su Manodori

Claudio Cerasa

Erano le 18 e due minuti di venerdì 29 maggio quando i dirigenti emiliani del Partito democratico hanno scoperto che uno dei polmoni finanziari più ricchi d'Italia potrebbe finire nelle manone di Massimo D'Alema. Entro la fine di luglio, una delle più importanti fondazioni bancarie del paese dovrà rinnovare i suoi organi dirigenziali e dovrà scegliere un presidente gradito a tutte le anime che da sempre controllano la Manodori: comune di Reggio, provincia di Reggio, regione e curia.

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    Reggio nell'Emilia. Erano le 18 e due minuti di venerdì 29 maggio quando i dirigenti emiliani del Partito democratico hanno scoperto che uno dei polmoni finanziari più ricchi d'Italia potrebbe finire nelle manone di Massimo D'Alema. Entro la fine di luglio, una delle più importanti fondazioni bancarie del paese dovrà rinnovare i suoi organi dirigenziali e dovrà scegliere un presidente gradito a tutte le anime che da sempre controllano la Manodori: comune di Reggio, provincia di Reggio, regione e curia. I termini per la presentazione delle liste che andranno a comporre il prossimo consiglio generale della fondazione guidata da cinque anni dalla zarina Antonella Spaggiari (candidata sindaco di Reggio con una lista appoggiata dall'Udc, dopo essere già stata alla guida della città per tredici anni) sono scaduti la scorsa settimana, ed è stato proprio quando al primo piano di piazza Camillo Prampolini (comune di Reggio) sono comparsi i nomi degli uomini che dovrebbero andare a comporre gli organi dirigenziali della Manodori che a molti è sembrato essere chiaro come il presidente di ItalianiEuropei abbia la chance di affondare gli artigli nella regione di Romano Prodi e nel consiglio di amministrazione della più grande banca italiana (Unicredit).

    La fine del mandato quadriennale di Antonella Spaggiari (che scade la prossima settimana) offre l'opportunità di scoprire quanto sia reale l'ambizione di D'Alema di voler controllare i tesoretti di questa zona d'Italia. D'Alema sa che la Manodori è un boccone mica male: 300 milioni di fatturato annui, nove milioni di euro spesi ogni anno nella regione e robusta partecipazione nel mondo delle banche. In particolare in Unicredit, dove la Manodori investe il 68 per cento del suo patrimonio. L'arrivo di D'Alema nell'operazione Manodori è conseguenza diretta del recente attivismo dalemiano nel mondo delle cooperative emiliane. In Emilia sono già molti i cooperatori iscritti all'associazione legata alla fondazione ItalianiEuropei (Red). C'è Pietro Cavrini (vicepresidente della Società cooperativa agricola Co.Pro.B.), c'è Luciano Sita (presidente di Legacoop agroalimentare) e c'è Giuseppe Politi (presidente della Confederazione italiana agricoltori e in buoni rapporti con i vertici Unipol). Inoltre, dopo il cambio ai vertici di Unipol, D'Alema ha puntato le sue carte sull'uomo che ha ereditato la rete di contatti un tempo in mano a Giovanni Consorte e Ivano Sacchetti (ex numeri uno e due di Unipol): Ildo Cigarini, presidente della Legacoop, prossimo consigliere della Manodori e candidato dalemiano alla presidenza della stessa fondazione.

    La Manodori è una realtà finanziaria che pesa, e molto, anche fuori dalla regione guidata dal dalemiano Vasco Errani: chi controlla la fondazione ha la possibilità di stabilire un legame stretto con il territorio emiliano (il bilancio consultivo della fondazione dedica 54 pagine a tutti coloro che hanno beneficiato di almeno un versamento della Manodori) ma ha anche la possibilità di nominare un consigliere di amministrazione all'interno dell'Unicredit di Alessandro Profumo (dove la Manodori ha quasi l'1 per cento delle azioni). Entrare in Manodori rientra nella silenziosa strategia scelta da D'Alema per pesare sempre di più nel mondo finanziario italiano. Oltre che con il presidente di Mediobanca Cesare Geronzi, oltre che con il finanziere Vincent Bolloré, oltre che con il numero uno di Generali Antoine Bernheim, oltre che con l'imprenditore Francesco Gaetano Caltagirone, negli ultimi tempi D'Alema ha costruito solidi rapporti anche con gli altri uomini forti dei principali polmoni finanziari d'Italia: la fondazione Cariplo di Giuseppe Guzzetti e il Monte dei Paschi di Siena.

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    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.