Chiesa nella rete
Oggi il terreno della comunicazione è sabbioso, non sembra adatto a parole pesanti, dogmatiche, come quelle della chiesa. L'unico vangelo è l'opinione pubblica. “La chiesa deve comunicare, fa parte della sua natura – risponde padre Lombardi – ha una buona novella da annunciare in ogni epoca".
“Sono un uomo che nuota nel fiume”, dice sornione padre Federico Lombardi, gesuita, classe 1942, portavoce della Santa Sede. Un destino nel nome: anche suo zio era un soldato della Compagnia di Gesù, Riccardo Lombardi, il celebre “microfono di Dio” degli anni 40 e 50. Dal luglio del 2006 è direttore della sala stampa, oltre che della radio e del centro televisivo vaticani. Un crocevia che catalizza tensioni e attenzioni, dissimulate con bonarietà. La frenesia sembra non appartenergli. Eppure motivi di preoccupazione ce ne sarebbero. Oggi il terreno della comunicazione è sabbioso, non sembra adatto a parole pesanti, dogmatiche, come quelle della chiesa. L'unico vangelo è l'opinione pubblica. “La chiesa deve comunicare, fa parte della sua natura – risponde padre Lombardi – ha una buona novella da annunciare in ogni epoca. Non può esserci una chiesa che si chiude in sé stessa e non si confronta con la realtà. Lo sguardo positivo sui media è caratteristico del magistero.
Giovanni Paolo II è stato capace di inserirsi e far arrivare il messaggio. La questione non è anzitutto tecnica: prima viene la testimonianza e la credibilità personale, l'autorevolezza morale di chi comunica; altrimenti mandiamo dei contromessaggi. Papa Wojtyla era credibile non perché aveva il carisma dell'attore ma perché era una persona vera. Dopo venticinque anni, i giornalisti che ne parlavano male e lo dipingevano come un retrogrado ammettevano che era uno che ci credeva davvero e perciò era degno di rispetto. La chiesa non comunica parole astratte ma uno stile di vita”.
La comunicazione è sempre stato un terreno molto frequentato dai cattolici, anche sul piano teorico; basta un nome, McLuhan. Dal Concilio Vaticano II in poi, però, anche la chiesa vive nel regime della diretta, un'atmosfera pervasiva in cui il consenso prende il posto della verità, la notizia precede il fatto e lo determina. Benedetto XVI ne è consapevole. “Oggi, in modo sempre più marcato, la comunicazione sembra avere talora la pretesa non solo di rappresentare la realtà, ma di determinarla grazie al potere e alla forza di suggestione che possiede”, ha detto lo scorso anno in occasione della giornata mondiale delle comunicazioni. La meraviglia che si provava ai tempi del Vaticano II (non a caso il documento conciliare sul tema si chiama “Inter mirifica”) è evaporata. Ma padre Lombardi resta ottimista. “E' una partita sempre aperta. La comunicazione è un fatto e dobbiamo conviverci, ovviamente esercitando un discernimento: si può usare in modo positivo o negativo. Oggi colpisce il negativo, ma il nostro mondo è questo. Negli Esercizi spirituali di sant'Ignazio ci sono due bandiere, la lotta tra il bene e il male. Siamo chiamati a sviluppare forze positive in un mondo profondamente ambiguo con aspetti di manipolazione, violenza e mercificazione che il Papa fa bene a ricordare. Oggi è più complicato di prima, in particolare la dimensione interattiva della rete”.
In effetti, il regime democratico digitale mette in questione la chiesa. Non basta riempire i canali di contenuti buoni. “E' una delle facce del relativismo, come Costanzo che mette insieme sul palco Platinette e il missionario. Ma noi cerchiamo di portare contributi anche nel mare magnum della rete”. Il Papa su Youtube – questo Papa, poi, così linguisticamente raffinato per gli standard della comunicazione – fa effetto. “Ci muoviamo con prudenza. Grazie a Youtube, ad esempio, abbiamo permesso a moltissimi siti cattolici locali di linkarsi e diffondere a cascata il messaggio del Papa. Però è vero, sulla rete abbiamo ancora molto da imparare. E' una cultura in cui pubblicare un documento autorevole fa problema. Una volta lo si leggeva dal pulpito, tutti ascoltavano, andavano a casa e mettevano in pratica. Adesso ognuno legge e vuole commentare a modo suo”. Nel caso Williamson la democrazia totalitaria della rete vi ha spiazzato, come ha ammesso lo stesso Benedetto XVI nella sua lettera ai vescovi: “l'internet” è una fonte a cui si dovrà fare più attenzione, d'ora in poi. “In effetti il monitoraggio della rete è diverso da una rassegna stampa tradizionale”. Lei è su Facebook? “No, non sono della generazione digitale e non sento il fascino delle nuove tecnologie, ma ho validi collaboratori che mi aiutano”.
Insomma, la chiesa è esperta in umanità anche postmoderna. “Perché sa in che mondo vive e conosce i giovani, anche quelli delle giornate della gioventù, molto meglio di tanti intellettuali da salotto. E cerca di mantenere un dialogo dentro un mondo così dispersivo. Poi, c'è chi punta a dividere”. I cattolici hanno problemi di comunicazione interna e le gerarchie si parlano solo tramite i giornali, magari in “ecclesialese”, un gergo oscuro e cifrato: è l'accusa di Ernesto Galli della Loggia nel suo libro di conversazioni con il cardinale Ruini appena pubblicato. “Ci sono rischi di parzialità e superficialità – ribatte Lombardi – ma dipende anche da chi rilancia il messaggio. Lo dimostra il viaggio del Papa in Africa: ci si è concentrati su una sola parola, l'Aids, per di più isolandola dal contesto, e trascurando tutto il resto”.
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