Iraq: un modello politico per Obama, se vorrà fare qualcosa
D'Alema, dogmatico del primato della questione israelo-palestinese, prenda nota, se lo desideri. Prendano nota, se lo desiderino, i liberal assaliti dalla realtà e poi pentiti, che non hanno saputo tenere la posizione eccentrica più di un paio d'anni.
Al direttore - Leggo sul Newsweek in uscita queste frasi dell'obamiano e liberal Fareed Zakaria. “Per ironia della sorte, è l'Iraq, cui nel discorso del Cairo era dedicato solo un breve passaggio, il luogo più adatto in cui Obama può avere un impatto innovatore nel mondo musulmano. Una soluzione del conflitto israelo-palestinese sarebbe certo decisiva, ma l'America non ce la potrebbe mai fare da sola, e con i suoi tempi. Né Obama o altri outsider potrebbero portare la democrazia in Egitto nei prossimi anni. Ma Obama può dare forma a un esito felice in Iraq. Se riuscisse, aiuterebbe a cambiare la dinamica politica del mondo arabo e a fondare un nuovo modello di relazioni con un moderno paese arabo”. Altra frase che sembra presa di peso dal lessico di George W. Bush e Dick Cheney: “L'Iraq deve diventare una democrazia inclusiva per tutti i suoi cittadini. La sua potenzialità come modello per la regione poggia su questo risultato”.
Giulio Forte, via Web
D'Alema, dogmatico del primato della questione israelo-palestinese, prenda nota, se lo desideri. Prendano nota, se lo desiderino, i liberal assaliti dalla realtà e poi pentiti, che non hanno saputo tenere la posizione eccentrica più di un paio d'anni. Zakaria, persona seria, analizza il surge e le principali decisioni di Bush, comprese quelle sbagliate (che nelle guerre capitano, anzi sono di rigore), ma poi sancisce la centralità e giustezza strategica della cacciata di Saddam e della lunga battaglia successiva, che Obama deve continuare se voglia cambiare qualcosa in medio oriente: Iraq, il modello.
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