L'amazzone islamica di Ahmadinejad

Tatiana Boutourline

Sposata al portavoce del governo, Gholam Hossein Elham, Rajabi è la grande urlatrice della campagna elettorale di Ahmadinejad. Se i consiglieri Mojtaba Samareh Hashemi e Mohammed Ali Ramin lo affiancano nelle scelte strategiche e ideologiche, quando si tratta di colpire i nemici sotto la cintura la protagonista indiscussa è l'amazzone islamica Fatemeh Rajabi.

    Il presidente si interrompe a ogni frase. Dalla platea dello stadio Azadi un coro ritma ogni concetto al grido:  “Ahmadi, Ahmadi!”. E' un happening elettorale riservato alle signore, dodicimila secondo gli organizzatori. Mahmoud Ahmadinejad inneggia alla resistenza contro l'arroganza globale e promette che, se rieletto, andrà all'Onu a cantarle a chiunque osi minacciare l'Iran. Per la verità è il suo principale avversario, Mir Hossein Moussavi, spalleggiato dalla consorte Zahra Rahnavard, ad aver corteggiato con più assiduità il voto femminile, ma qui siamo in territorio amico.

    Devo il mio successo a tre donne: mia madre, mia moglie e la mia maestra”, dice il presidente che si candida per il secondo mandato al voto di venerdì. Una fila di chador neri accoglie la confidenza al grido “lunga vita al futuro presidente”. Ma né la moglie, né la madre, né la maestra di Ahmadinejad si dedicano con più pervicacia alla causa della sua rielezione della giornalista Fatemeh Rajabi, la penna dietro il lirico tomo “Ahmadinejad: il miracolo del terzo millennio”. Sposata al portavoce del governo, Gholam Hossein Elham, Rajabi è la grande urlatrice della campagna elettorale di Ahmadinejad. Se i consiglieri Mojtaba Samareh Hashemi e Mohammed Ali Ramin lo affiancano nelle scelte strategiche e ideologiche, quando si tratta di colpire i nemici sotto la cintura la protagonista indiscussa è l'amazzone islamica Fatemeh Rajabi.

    La diplomazia non è il suo forte: il suo mondo si divide tra chi ama e odia il suo presidente. Chi non si riconosce nell'“età di Ahmadinejad” è un nemico. Individuato il bersaglio, Rajabi procede con la delicatezza di uno sfasciacarrozze. Occorre delegittimare Moussavi? Eccola partire all'attacco, sancire “uno che da vent'anni non ha più nulla da dire non può capire alcunché dell'Iran e degli iraniani”, insinuare “per quanto ne so Moussavi non partecipa da dieci anni alla preghiera del venerdì” e “come tutti quelli che appartengono allo schieramento riformista il suo vero obiettivo è quello di rovesciare il regime”.

    Con Mohammed Khatami e Ali Akbar Hashemi Rafsanjani (“i mandanti di Moussavi”) la pasionaria di Ahmadinejad dà il meglio di sé. Del resto rappresentano tutto ciò che detesta Rajabi: la “democrazia islamica” e il “dialogo tra le civiltà” dell'ex presidente-filosofo Khatami e i grandi affari incarnati del mullah-tycoon Rafsanjani. Nessuna donna si era mai permessa di essere tanto urticante. “Io non sono una di quelle che resta a casa a cucinare polow khoresh (riso e spezzatino)”, ripete Rajabi mentre oscura il marito portavoce e le sue requisitorie si fanno strada tra blog e agenzie di stampa e, rilanciate dal quotidiano della milizia Ansar-e-Hizbollah, Ya Lessarat, fioriscono infine sulla bocca di Ahmadinejad. Tanta esposizione le ha fruttato alcuni estimatori e altrettante prese in giro. Lo scrittore comico Ebrahim Nabavi l'ha ribattezzata “Fati la nervosa” e le è grato perché ogni volta che apre bocca “ si apre una pagina di storia della satira”.

    C'è anche chi l'ha soprannominata la “Sarah Palin iraniana” perché così come la candidata alla vicepresidenza repubblicana ha accusato Obama di essere un frequentatore di terroristi, Rajabi ha imputato a Moussavi relazioni (altrettanto compromettenti in Iran) con Israele e la Cia. Qualche invito alla moderazione è arrivato dalle alte sfere e persino il fratello, lo storico Mohammed Hassan Rajabi, ha ammesso di giudicarla spesso “inopportuna”, ma lei ripete: “In Iran c'è libertà d'espressione” e torna ad intingere la penna nel veleno. Poi cita Ansar News, uno degli organi di stampa dei pasdaran, che in un articolo elenca le “65 qualità per le quali Ali Khamenei apprezza Ahmadinejad” e invita il corpo dei bassiji a una “santa mobilitazione”. Anche la sorta di fatwa di Mesbah Yazdi resa nota ieri è in sintonia con l'amazzone islamica: nei fatti autorizza a intervenire nelle urne per far sì che il responso elettorale rispetti la volontà divina che va naturalmente nella direzione di Ahmadinejad.