Gheddafi batte Fidel Castro 3-0

Così il “cane pazzo” ha portato il terrore in tutto il mondo

Giulio Meotti

Dietro gli occhiali da sole vistosi, il burnus tradizionale indossato in tante occasioni da Muammar Gheddafi, che si dichiara discendente di Maometto e che Ronald Reagan chiamava “cane pazzo”, si cela un record quarantennale di odio, terrorismo e intolleranza. Il suo “zahf”, una sorta di trozkismo islamico, si è tradotto in decenni di jihad e oppressione. Leggi Muammar Gheddafi, l'agitatore (quasi) pentito

    Dietro gli occhiali da sole vistosi, il burnus tradizionale indossato in tante occasioni da Muammar Gheddafi, che si dichiara discendente di Maometto e che Ronald Reagan chiamava “cane pazzo”, si cela un record quarantennale di odio, terrorismo e intolleranza. Il suo “zahf”, una sorta di trozkismo islamico, si è tradotto in decenni di jihad e oppressione. Su Gheddafi pesa il sospetto di aver torturato un mese fa quattro ex islamici convertiti al cristianesimo, mentre il suo storico dissidente è appena morto in un ospedale giordano. Gheddafi non ha mai smesso di incitare il mondo arabo a impugnare le armi contro Israele e ha foraggiato il terrorismo contro gli ebrei in tutto il mondo, compresa l'uccisione di un bambino nel ghetto di Roma nel 1982, Stefano Tachè.

    Secondo Freedom House, la Libia è uno dei luoghi più oppressivi sulla terra, nonostante i soldi e la tecnologia che circolano da quando Gheddafi ha rinunciato alle armi di distruzione di massa, facendo uscire la Libia dalla lista dei “rogue states”. Nella società libica ideata attorno al “Libro Verde” di Gheddafi, la versione berbera del Libretto Rosso di Mao, i partiti politici sono vietati, è vietato il diritto di sciopero, la stampa è soggetta a censura, ci sono arresti abritrari, punizioni collettive, sorveglianza totalitaria, non esiste nei fatti diritto di parola, di associazione, di manifestazione e libertà di religione. Gheddafi ha espropriato ed espulso le comunità ebraiche presenti in Libia, uno stato oggi privo della presenza di qualunque cittadino di religione ebraica. Alle Nazioni Unite il regime libico continua a promuovere campagne contro Israele ed è stato tra i protagonisti della conferenza Durban II, alla quale l'Italia si è rifiutata di partecipare. Pochi mesi fa Gheddafi ha chiamato “terroristica” la corte penale internazionale per il mandato d'arresto contro il capo di stato sudanese, il boia del Darfur Bashir.

    Gheddafi è l'artefice delle “sindycation” terroristiche che hanno insanguinato per trent'anni l'Europa. Il 21 dicembre 1988 una bomba, firmata Gheddafi, esplose a bordo di un jumbo della Pan American. L'aereo, diretto a New York, stava sorvolando la cittadina scozzese di Lockerbie. Morirono 270 persone. Ai musulmani, ben prima di Osama bin Laden e Mahmoud Ahmadinejad, Gheddafi ha chiesto di “unirsi contro l'occidente cristiano e di affilare le spade”. Il leader libico ha proposto di trasferire in Alaska lo stato d'Israele, poiché “occupa un territorio che non appartiene agli ebrei”. Appena prese il potere disse: “Faremo come Sansone: distruggeremo il tempio con tutti i suoi occupanti”.

    Dopo l'eccidio degli atleti israeliani alle Olimpiadi di Monaco '72, tutti i paesi arabi si contesero i corpi dei cinque terroristi di Settembre Nero. Vinse la Libia, dove da tre anni al potere c'era il colonnello Gheddafi. Fu lui a salutare come “eroi” e “martiri”, con tutti gli onori militari, i cinque assassini degli atleti ebrei. A un vertice della Lega araba, Gheddafi accusò il re saudita Abdullah di violazione dei precetti dell'islam, per avere permesso che truppe cristiane calpestassero il sacro suolo della Mecca. Gheddafi ha ospitato e protetto Abu Nidal, il terrorista palestinese più pericoloso dell'intera recente storia mediorientale, autore di una lunga serie di attentati, massacri, dirottamenti. Fra cui la strage del 1985 all'aeroporto di Fiumicino contro la compagnia israeliana El Al, con tredici morti. Di Gheddafi è sempre la mano dietro all'attentato alla discoteca La Belle di Berlino del 5 aprile 1986, quando una valigia con tre chili di tritolo esplose uccidendo due soldati americani, una ragazza turca e ferendo duecento persone.

    Non va dimenticata l'amicizia con Robert Mugabe, il torturatore dello Zimbabwe, e la protezione data a Imi Amin Dada, “l'Hitler africano” che ha ucciso e fatto sparire 300.000 oppositori ugandesi. Il 4 ottobre 2003, mentre in Iraq centinaia di comuni cittadini venivano trucidati dai kamikaze di al Qaida, Gheddafi tenne un discorso a un gruppo di donne convenute a Sabha, sull'impegno della Libia nella causa panaraba. “La donna deve essere addestrata a combattere dentro le case, a preparare una cintura esplosiva e a farsi saltare in aria insieme coi soldati nemici”, disse il dittatore libico. “Chiunque abbia una macchina deve prepararla e sapere come si fa a sistemare l'esplosivo e a trasformarla in un'autobomba”. Se non bastasse, sua figlia Aisha ha voluto assumere la difesa legale di Saddam Hussein.

    Leggi Muammar Gheddafi, l'agitatore (quasi) pentito

    • Giulio Meotti
    • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.