Così il Pd è riuscito a perdere anche nelle regioni in cui ha vinto, vedi l'Emilia
Nel corpaccione fragile del Partito democratico c'è una ferita profonda che si è aperta in una delle poche regioni in cui il Pd non sembrava aver fatto una figuraccia. In Emilia, Dario Franceschini e compagnia esultano per aver conquistato il comune e la provincia di Reggio, festeggiano per aver sconfitto il centrodestra nelle province di Modena, Bologna e Cesena e anche per questo considerano questa regione la dimostrazione di come sia obiettivamente “resistente” il progetto del Pd.
Nel corpaccione fragile del Partito democratico c'è una ferita profonda che si è aperta in una delle poche regioni in cui il Pd non sembrava aver fatto una figuraccia. In Emilia, Dario Franceschini e compagnia esultano per aver conquistato il comune e la provincia di Reggio, festeggiano per aver sconfitto il centrodestra nelle province di Modena, Bologna e Cesena e anche per questo considerano questa regione la dimostrazione di come sia obiettivamente “resistente” il progetto del Pd. Ma mentre il segretario è lì nella sua stanzetta che si rallegra per i risultati raggiunti in alcuni comuni emiliani, il Pd non si accorge che i pericoli per il suo futuro sono proprio quelli che si nascondono tra le mura di questa regione in cui i colori della politica stanno passando dal rosso comunista al verde leghista.
Le elezioni amministrative dell'Emilia erano un test importante per valutare la solidità politica di un paio di fortini direttamente legati alle anime forti del Pd. Alle urne c'era la Bologna di Prodi, c'era la Ferrara di Franceschini e c'era la Piacenza di Enrico Letta e Pier Luigi Bersani. Risultato? Non buono. Nella città dell'ideatore del Pd (Bologna), il centrosinistra ha preso diciotto punti in meno rispetto alle ultime comunali e il candidato prodiano del Pd è ora costretto al ballottaggio. Nella città dell'attuale segretario del Partito democratico (Ferrara), il candidato del centrosinistra ha regalato al Pd uno dei peggiori risultati della sua storia (46 per cento) e incredibilmente anche lui si ritrova al ballottaggio. Nella città dei due uomini che verosimilmente proveranno a conquistare la guida del Partito democratico al congresso del prossimo ottobre (Piacenza), è successo che il candidato appoggiato alla provincia da Bersani (che in questa città ci è nato) e da Letta (che in questa città ha un sindaco a cui è molto legato) è stato clamorosamente sconfitto al primo turno da Massimo Trespidi.
Nello straordinario bordello elettorale emiliano, però, la storia più bella da raccontare è quella di un paesino che dista appena cinque chilometri dalla rossa Brescello di Peppone e Don Camillo. Un paesino di nome Guastalla dove il centrodestra si era presentato in massa alle primarie del Partito democratico dello scorso aprile per provare il colpaccio e contribuire così a eleggere il candidato del centrosinistra considerato più facile da sconfiggere alle elezioni comunali. In quell'occasione, l'uomo selezionato dalla Lega e dal Pdl venne votato anche dal fratello del politico scelto dal centrodestra per conquistare Guastalla (politico che tra l'altro era candidato a sua volta al comune di Brescello): si chiama Carlo Fiumicino, per stessa ammissione del Pd è stato eletto alle primarie con il voto decisivo dai leghisti e tre giorni fa è stato battuto dal candidato presentato dal centrodestra. Così come in molte altre realtà dell'Emilia Romagna, a Guastalla non era mai successo che il centrosinistra perdesse un'elezione. Come se non bastasse, poi, il partito che dopo la Lega si è più rafforzato in Emilia è l'Italia dei valori. Così, per esempio, è vero che a Reggio il Pd ha conquistato comune e provincia, ma è altrettanto vero che nella città che ogni estate ospitava i comizi più lunghi e più importanti di Enrico Berlinguer ci si ritrova di fronte a una Lega al 18 per cento e a un'Idv diventata così forte da poter persino nominare il nuovo vicesindaco. Una delle caratteristiche più significative della straordinaria progressione dei leghisti in una delle regioni più rossastre d'Italia è la storia che hanno in comune i tre uomini protagonisti del successo emiliano della Lega.
Il primo si chiama Angelo Alessandri e da candidato sindaco ha portato al 18 per cento la Lega al comune di Reggio superando persino il candidato berlusconiano Fabio Filippi. Il secondo si chiama Mauro Manfredini e da candidato sindaco di Modena ha triplicato i consensi leghisti portandoli dal 3 per cento del 2004 al 10,3 per cento di oggi. Il terzo si chiama Marco Lusetti e da responsabile dell'organizzazione emiliana della Lega è il principale artefice di questi risultati: 7,3 per cento a Bologna, 10,2 a Ferrara, 10,9 a Cesena, 12,8 a Modena, 14,9 a Parma, 16,7 a Piacenza, 9,6 a Ravenna, 13,2 a Reggio, 9 a Rimini. Il tratto comune degli uomini che hanno portato la Lega a questi livelli è che tutti e tre i leghisti sono passati dalle parti del Pci. Alessandri è stato per anni simpatizzante del Partito socialista e di quello comunista, Lusetti organizzava le feste dell'Unità di Reggio e Manfredini è un “vero comunissa”, come ricorda oggi al Foglio, ed era lo stesso che nel gennaio del '90 andò da Bossi a Milano per proporgli una lista da affiancare alla Lega in vista delle successive elezioni. Quella lista si chiamava Comunisti padani.
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